Editoriale del direttore responsabile Emilia Urso Anfuso
Da molti anni mi chiedo la ragione della presenza, sui mercati mondiali, di una quantità mostruosa di prodotti dello stesso segmento. Migliaia e migliaia di modelli di lavatrici, frigoriferi, dispositivi elettronici, PC, accessori informatici, automobili…
Posso calarmi nei panni dell’industriale medio e comprendere il valore della varietà di scelta che apparentemente è a vantaggoi dei consumatori. L’esposizione di più elementi da proporre sui mercati consentirebbe una maggiore libertà decisionale.
Non è così, ovviamente, perché a decidere è sempre chi produce e impone i prodotti sul mercato. Ma se ci si immedesima, se si siede dall’altra parte del tavolo, si deve essere in grado di capire le ragioni di ciò che a noi appare essere paradossale.
Ciò che non è accettabile, è che in questo periodo storico a livello politico si stia millantando una volontà – tutta occidentale e nel nostro caso europea – a salvaguardare l’ambiente. In alcuni casi, gli stessi soggetti politici riescono a sviluppare dichiarazioni pubbliche alquanto caotiche, mischiando sapientemente il criterio di salvaguardia dell’ambiente con l’ormai tormentoso – e tormentone – tema della crisi climatica.
Basandosi sul fatto che la maggior parte degli esseri umani capisce zero o quasi su certi temi, sanno di poter mischiare le carte in tavola, fare anzi il gioco delle tre carte, ma anche creare argomenti a piacere senza contenuti costruttivi e dichiarare che Cristo è morto di freddo. Il cittadino occidentale medio abbraccerà una causa, una qualsiasi, sull’onda del momento, dell’incazzatura personale, di ciò che ha detto l’amico del collega del cugino, quello simpatico e che sembra intelligente. E’ questo il modo in cui, in nazioni come l’Italia, si creano le fazioni, che diventano elettorato di maggioranza…
Iper-produrre non abbatte le emissioni di CO2
Il discorso che sto per sviluppare lo porto avanti da anni. Seguire la logica, però, sembra essere diventata un’attività di pochi in una società in cui regna il diktat secondo il quale se lo dice e pensa la maggioranza delle persone è giusto, se lo dicono e pensano in pochi, allora è sbagliato a prescindere.
Chi se ne frega se la maggioranza è composta di individui incapaci di analizzare, approfondire, conoscere fatti e temi su cui pretendono di argomentare. Alla società moderna interessano le percentuali, la “Viralità” di certe notizie, mica i contenuti…
Ordunque…dalla UE ci arrivano venti di guerra. No, non intendo nulla di cui aver timore su bombe, armamenti e tutto il resto, mi riferisco ad altro vento di guerra, quello che si sta combattendo a suon di riforme epocali, transizioni più o meno logiche in seno alla trasformazione digitale o all’ormai perenne tema della crisi climatica e di quella ambientale.
ATTENZIONE: non si continui a far confusione tra clima e ambiente. In politica internazionale sfruttano sapientemente anche l’ignoranza generale sui due temi e così, va a finire che mescolino le due cose come fossero una. Nient’affatto: il clima è rappresentato dalle diverse condizioni atmosferiche che vengono analizzate sul lungo periodo e che ha effetti sull’ambiente. Altra cosa è l’ambiente, che può essere sì condizionato dal clima ma che indica luoghi e territori. Per ambiente condizionato dal clima si può fare l’esempio di un territorio flaggellato spesso da piogge intense, ma le due cose non sono una…
Fatta la dovuta ed ennesima distinzione (ennesima da parte mia) passo subito al sodo: dalla UE ci arrivano imposizioni di ogni genere, in special modo per ciò che riguarda le regole che dovrebbero metterci in riga, on in regola, sulle aspettative relative al cambiamento climatico e alla crisi energetica e ambientale.
Primo punto:
il cambiamento climatico NON è confermato come fatto assoluto e incontrovertibile da tutto il mondo scientifico ed è un bene che sia così. La scienza, quella giusta e sana, si basa sulle riflessioni, la sperimentazione e il dibattito. Ecco, valutiamo però una cosa: nell’era del “qui comando io e questa è casa mia” condita dal “Se lo dicono in molti allora hanno ragione loro”, viene a mancare il dibattito che possa, anche, sfatare dubbi sulla veridicità della situazione. Perché, per esempio, il professor Franco Prodi che è uno dei massimi esperti di Fisica dell’Atmosfera viene ZITTITO malamente in televisione da schiere di giovani attivisti di Ultima Generazione – che di fisica dell’atmosfera evidentemente sanno poco o zero, e da altri facinorosi esponenti di partiti politici?
Altro scontro tra il professor Franco Prodi e un attivista di Ultima Generazione:
LUI è l’esperto. E’ uno e gli mettono contro molti ignoranti in mareria. Hanno ragione gli ignoranti perché sono molti o uno scienziato che è tra i massimi esperti mondiali della materia di dibattito? Ci arriva anche un neonato che non possono esistere una maggioranza di esperti, scienziati e professionisti in ogni area e una minoranza di ignoranti. E’ ovvio che poche persone abbiano deciso, ma anche potuto, dedicare l’esistenza ad alimentare la conoscenza e che la maggioranza delle persone non sia messa in questa condizione. Questo consente per caso alla maggioranza di comportarsi schernendo, denigrando e zittendo uno o più esperti? Ovviamente NO ma sta accadendo ed è bene che questa china si fermi.
Punto secondo:
se da Bruxelles, ma in generale in Occidente, i capi di governo fossero realmente interessati al benessere delle persone, dell’ambiente e del clima, per quale ragione continuano a sostenere le industrie, gli industriali, le lobby e tutto ciò che rema evidentemente contro uno stile di vita migliore, più sano, maggiormente sereno, per gli esseri umani?
Ciò che sta continuando ad accadere, ed è un fatto inoppugnabile, è che i pochi al comando a livello mondiale continuano a dominare grandi masse imponendo uno stile di vita disdicevole, votato al consumismo sfrenato e che, ora, attraverso imposizioni a norma di legge obbliga anche ad acquistare automobili elettriche con la scusa della “crisi climatica e ambientale” ma senza racontare sul serio come stanno davvero le cose…
In ogni caso e sinteticamente: volendo dare per scontato che sia necessario abbattere le emissioni di C02 nell’atmosfera, l’iperproduzione industriale è un ossimoro che si schianta contro la ragione. Se obblighi i cittadini a comprare nuove automobili, nuovi frigoriferi, nuovi cellulari al grido di “Green”! e “Transizione ecologica”!! cosa stai abbattendo, a parte la capacità economica della fascia media?…
Usare le automobili fino alla fine del ciclo vitale sarebbe un bene per tutti…
Passo ora alla parte pratica del discorso. Mai pensato a quanto converrebbe a tutti e anche all’ambiente, tenere un’automobile fino alla fine del suo ciclo vitale?
Quanto costa, soprattutto a livello di impatto ambientale, produrre un’automobile a trazione elettrica? Il calcolo non è valutabile in maniera precisa, ma è il ragionamento che viene diffuso dalle industrie produttrici o dai governi a essere inquietante.
Il discorso, che scaturisce peraltro da studi scientifici e quindi da dati certi, è questo: si, è vero, produrre auto elettriche ha un forte,persino maggiore e quindi peggiore, impatto sull’ambiente e quindi sulla condizione climatica. Accade in quanto per produrre auto a trazione elettrica si sviluppano quantitativi maggiori di C02 – il cui impatto negativo è comunque da soppesare a dovere – ma ci sono anche i problemi legati alla produzione delle batterie al litio e al loro smaltimento (nell’ambiente, appunto).
Ma ecco che, dalle stesse menti, giunge la “soluzione”: tranquilli tutti, umani. Anche se produrre auto elettriche fa emettere molte più sostanze tossiche nell’aere, è sul ciclo vitale delle auto elettriche che bisogna puntare il futuro di tutti noi!
Cosa significa? Che secondo alcuni studi, si sarebbe scoperto che l’equilibrio tra costi e benefici si verrebbe a creare col passare del tempo, detto in maniera molto semplice. In pratica, intanto inquiniamo di più, iper-produciamo, poi si vedrà.
Nessuno menziona uno dei danni collaterali di questo turn over obbligatorio che è rappresentato dallo smaltimento delle vecchie auto. Smaltire una vecchia vettura ha i suoi pesi: economico, ambientale, climatico…
Di fronte a tutto questo, non si parla a dovere di una soluzione speciale: tenersi le vecchie autovetture fino alla fine del ciclo vitale. Ottenere, semmai, sostegni e agevolazioni economiche per la manutenzione periodica che dovrebbe aumentare col passare del tempo.
Perchè se è pur vero che una vecchia auto inquina un po’ di più, è anche vero che mantenerla in salute, non obbligarci al ricambio costante di autovetture “a norma” (di che e perchè?), salverebbe molte cose, a cominciare dal nostro portafogli e dalla nostra salute mentale e anche fisica. Certo, le industrie automobilistiche ne risentirebbero notevolmente, così come tutti coloro che corrispondono a una sorta di “indotto” al settore industriale, rappresentato dalla politica nazionale, locale etc.
Il lobbismo miete vittime ogni giorno e tu, alla fine, non sai perché stai per uscire ad acquistare un’auto elettrica che non ti piace ma che DEVI possedere.
Per chi fosse interessato alla lettura degli studi scientifici:
Qui uno studio sviluppato in Cina https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0306261917305433
Qui i risultati di uno studio europeo:
https://www.eea.europa.eu/publications/electric-vehicles-from-life-cycle
La UE ora ci consente PERSINO di riparare (…)
L’11 Aprile del 2013 fu pubblicato sulla testata online Agoravox questo mio articolo dal titolo: “Obsolescenza programmata anche sulla vita” ecco il link e di seguito l’articolo in formato .pdf https://www.agoravox.it/Obsolescenza-programmata-anche.html
Se non si è mai sentito parlare di obsolescenza programmata consiglio vivamente non solo di leggere questo mio vecchio articolo ma di approfondire la questione: si scopre davvero un pianeta a parte e si aprono gli occhi su molte cose, prima tra tutte come gli esseri umani siano condotti per mano e obbligati a vivere seguendo schemi prestabiliti. Senza che se ne accorgano, ovviamente.
Strano ma vero, di recente la Commissione Europea ci stupisce con l’introduzione di una serie di norme che prevedono, pensate un po’, il diritto del consumatore alla riparazione.
Ecco la sezione del sito della CE dedicata alla notizia in questione: link e notizia in formato .pdf
Perché è importante conoscere questa decisione della CE? Perché per oltre un secolo siamo stati costretti alla SOSTITUZIONE degli apparati elettrici ed elettronici proprio a causa del metodo sviluppato a inizio del ‘900 e denominato “Obsolescenza programmata”,
Il consumatore non può riparare e nemmeno poter contare sull’illimitato utilizzo di un articolo a funzionamento elettrico o elettronico: esso DEVE avere una “data di scadenza”, deve – in poche parole – rompersi (in maniera programmata) e qundi si deve costringere il consumatore ad acquistare perennemente nuovi prodotti in sostituzione di quelli non più funzionanti.
Conclusioni
Queste imposizioni, che trovano una ragione solo in merito ai vantaggi apportati da decenni alle lobby delle industrie dei settori dell’eletronica e dei componenti e prodotti elettrici di ogni ordine e grado, sembrerebbero trovare la fine con la decisione di consentire la riparazione. In ogni caso, consentire la riparazione NON rappresenta un’agevolazione ma un’orribile concessione, che conferma come gli esseri umani siano solo pedine da muovere e a cui imporre obblighi, anche di tipo inverso come quello, appunto, di poter finalmente sentirsi “liberi di riparare”. Quale libertà deriva da una decisione presa da altri?
Tutto questo è mostruoso ma è anche vero che, se la maggioranza degli esseri umani non è a conoscenza di temi fondamentali come il sistema dell’obsolescenza programmata, per esempio, ecco che noi pochi esseri pensanti e consapevoli, oltre che pregni di conoscenza e pronti a svilupparne di nuova ogni giorno, studiano, siamo costretti a viviere in una società composta – in maggioranza – di ignoranti che pretendono di imporci le loro ragioni basate sul nulla.
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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