Rubrica a cura della giornalista Susanna Schivardi e del sommelier Massimo Casali
Reportage dal Vinitaly 2023 tra assaggi e incontri, un successo per aziende e organizzatori
Che gioia anche quest’anno partecipare al Vinitaly di Verona, per incontrare vecchie amicizie e farne di nuove. Vita e viticoltura si intrecciano e hanno definito, anche in questo caso, la nostra giornata alla fiera vinicola più importante d’Italia. Ma anche una tappa intermedia tra tutti gli appuntamenti con il vino previsti per quest’anno, in un calendario davvero fitto.
Dare voci a tutti è pressoché impossibile, per questo abbiamo selezionato, grazie all’aiuto dell’ufficio stampa Federica Schir, alcune cantine che a parer nostro rappresentano con i loro prodotti una convinta proiezione al futuro e capaci di raccontare vitigni e territori in maniera esaustiva.
Partiamo subito dall’Alto Adige, con l’azienda Rottensteiner, di cui degustiamo una ricca scelta di vini, alla presenza dei titolari Judith e Hannes, quest’ultimo enologo, che cura la vigna e la cantina fino al prodotto finale. Ci troviamo a Bolzano, per una viticultura di grande tradizione, su terreni vocati agli autoctoni del nord, dal Gewurztraminer al Pinot Nero. Azienda antica che imbottiglia dagli anni ’80, oggi ci propone un Pinot Bianco, il Carnol, blend di due vigne coltivate su terreni porfirici, che per differenza di altitudine e locazione mostrano specifiche caratteristiche.
A 810 mt sopra Terlano troviamo un Pinot molto minerale, figlio di affinamento in acciaio, fresco e aitante. Il secondo da vigne a 610 metri vicino Bolzano lo troviamo più rotondo e fruttato, da temperature più intense, specialmente d’estate quando il termometro è in salita. In blend questo Pinot esprime tutte le caratteristiche del terreno e di un’esposizione a temperature sempre più imprevedibili. Corposo ed elegante il Carnol, dal nome del borgo natale di Anton Rottensteiner, è una bella espressione del territorio, dona note agrumate e freschezza vivace che lo rendono ben abbinabile a piatti eleganti di pesce, o semplici antipasti della tradizione locale.
Lagrein Rosè, 2022. Il Lagrein è una varietà che amiamo molto, tradizionale in questi posti, in passato si è sempre vinificato per il rosato, per un periodo dimenticato e solo di recente tornato sulle tavole anche in veste “rossa”. Basta una leggera permanenza sulle bucce per ottenere questo bel colore rubino chiaro. Dotato di una natura tannica, struttura nel corpo, ci ricorda in parte lo stile del cerasuolo, riempie il naso con lampone, ciliegia e lieve speziatura, in bocca avvolgente, bel finale lungo. Un ottimo vino fresco per le calde giornate estive.
Pinot Nero Riserva, Select Blauburgunder, 2020, siamo nei vigneti migliori di Missiano, Appiano, su terreno calcareo, ottimo per la resa del Pinot Nero. Grande attenzione al lavoro in vigna e che le temperature siano varie, dalla notte fresca e ventilata alle giornate assolate. Lavorazione in acciaio e poi barrique e legno grande. Dal 2021 si fa una scelta volta a smussare ulteriormente e in cantina si sceglie il tonneau. Rosso rubino intenso, unghia granata, al naso molto pieno, avvolgente, in bocca risulta morbido, omogeneo, vellutato, ottima l’acidità, sentore immancabile di vaniglia che ne ricompatta il gusto grazie al legno. Mirata la scelta per questa varietà così impetuosa.
Un ultimo vino che vorremmo tenere nel cuore il Select Lagrein Gries Riserva, 2020. Il Lagrein è un’ottima uva se trova terreni adatti, oggi con i cloni nuovi si cerca di addomesticarne la ruvidezza. Terreni fertili innanzitutto e poi attenzione alla vigoria della pianta, oltre a non esporlo a temperature eccessive perché il suo tannino è duro e andrebbe mitigato. Proveniente da tre vigneti nella zona di Gries, matura in barrique per 12 mesi e altri 12 mesi in botti di rovere. Al naso esprime frutta e spezia. In bocca si rivela coerente, pieno, morbido, da esplosioni di frutta rossa matura a cioccolato inebriante, le spezie a finire, una chiusura leggermente amaricante di tabacco secco. Il legno non prevarica, vino compatto e molto intrigante dal tannino elegante.
Ci dirigiamo verso la Toscana, a Bolgheri per l’esattezza, per incontrare Alessandro e Enrica Scappini. Podere Il Castellaccio ha una bellissima storia alle spalle, parte dal nonno materno di Alessandro e finisce nelle mani di quest’ultimo per diventare realtà vitivinicola produttrice nel 2009. Studi di agraria e passione per il cavallo fanno di Alessandro un vero pioniere, un coraggioso in quelle terre di Bolgheri dove la Doc si fa sentire altisonante. Vuole rinvigorire la tradizione degli autoctoni e si butta a capofitto nella produzione di Sangiovese, Foglia Tonda e Pugnitello, Va a cercarsi i vecchi cloni e all’oggi produce una linea che rispecchia fedelmente le sue origini. Solo nel 2014 sente l’esigenza di rientrare nel disciplinare della Doc e acquisisce nuovi vigneti sulla bolgherese, e nel 2016 esce con Orio il suo primo taglio bordolese.
Il primo assaggio che ci concediamo è Ardiglione Vermentino 2022, in purezza, una risposta immediata alla necessità di essere al passo con i tempi. Un bianco vivace, fresco, una selezione del 5% viene criomacerata, poi messa in barrique di rovere francese, infine si assembla con la parte di vino in acciaio. L’utilizzo di vinaccioli e raspi regalano acidità, un leggero tono balsamico dato dal legno, poi frutta agrumata, arancia, pompelmo, molto elegante e agile.
Dinostro, Sangiovese, 2021, in purezza, ricordiamo una vera rarità per la zona di Bolgheri, da piante di oltre 60 anni. Suoli ricchi di scheletro, galestro e argilla blu, dalla via bolgherese si arriva fino al mare, in generale l’azienda gode di un clima mediterraneo. In bocca questo Sangiovese è molto verticale, fresco, tannino compatto, da bere in tante occasioni conviviali.
Orio, Bolgheri Doc 2021, è in assoluto il più venduto. Con questo vino si entra nel disciplinare Bolgheri, ribilanciando le sorti aziendali, come ci dice lo stesso Alessandro. Il colore è rosso granato, al naso fresco, con una ventata di terrosità, diritto, punta ad un tannino crescente, e il finale ammicca all’amaricante. Vino polposo, dalla fragrante acidità sensoriale, la tipica nota di peperone verde che confluisce in una sensazione vivace di pepe nero. Da uve Cabnernet Franc, Merlot e Syrah, su terreni ricchi di scheletro e molto illuminati, fermenta in acciaio inox con malolattica in corso di fermentazione, affina 12 mesi in tonneau, e fa ulteriore affinamento in bottiglia per 6 mesi. Vino complesso, ricco di sentori, inebriante. Un capolavoro grazie a uve sane e di grande equilibrio.
Non vorremo tediarvi ma l’azienda merita il suo giusto spazio; quindi, vi andremo a raccontare il Bolgheri Superiore Doc, 2020, Cabernet Franc e Pugnitello. Condotte ad alberello per la particolare esposizione molto soleggiata, il vento a pulire e di fronte il mare. Definita viticoltura eroica per l’utilizzo del cavallo per l’erpicatura. La fermentazione avviene in acciaio con macerazione sulle bucce per 50. Affinamento in barrique e in anfore di impasto ceramico. Qui il Cabernet esce un po’ dai soliti schemi, l’ampiezza aromatica ci conquista immediatamente. Rosso rubino intenso, al naso rotondo, fruttato, note di humus e violetta, in bocca persistente, asciutto e verticale.
Somatico, Pugnitello Igt Toscana, coraggiosamente prodotto in purezza, una varietà che è stata reintrodotta nell’85, per anni è stato confuso con il Montepulciano d’Abruzzo, poi si è scoperto che per un solo gene da esso si differenzia. Un vino molto colorato, allappante, disvela una materia evolutiva piacevole. Ha bisogno di tempo per evolvere ed esprimersi con autenticità ma per ora promette bene.
Spostiamoci in Riviera e conosciamo Vite in Riviera, in compagnia di Silvia Rama, grande comunicatrice ed esperta di mondo enoico. Dell’azienda Lombardi, il Vermentino 2021, colore giallo pallido, mettiamo il naso in un bouquet profumato di fiori gialli, macchia mediterranea, rivela erbe aromatiche, mineralità intensa, molto appagante.
Sempre Vermentino, stavolta azienda Ramoino, ad Albenga. Una varietà di entroterra, lavorata con acciaio e batonnage più riposo in bottiglia di almeno sei mesi. Il colore giallo dorato brillante, riflessi verdolini, al naso rotondo, complesso, sentori di fiori gialli, ginestra. In bocca croccante, di un’equilibrata bevibilità.
Majé, Pigato Riviera Ligure di Ponente Doc, 2022, azienda Bruna, che da anni impiega un’attenzione maniacale nella selezione delle uve e nella raccolta in vendemmia. In purezza il colore è paglierino brillante con riflessi verdi, il naso sprigiona il terreno da cui nasce, calcareo venato di argilla azzurra, ricca di fauna fossile. Cedro e macchia mediterranea, in bocca un’esplosione di fresca mineralità arricchita da sentori speziati.
Azienda Cascina Feipu dei Massaretti Rossese 2022, il colore è rosso brillante, la varietà si presta ad una tannicità nascosta, al naso profumato di frutta rossa, in evidenza ciliegia e fragola, in bocca è fragrante e asciutto, minerale e con una tipica nota amaricante sul finale. Morbido e valido compagno di piatti a base di carne e pesce della tradizione ligure.
Riviera Ligure di Ponente Ormeasco di Pornassio Doc, della Cooperativa Viticoltori Ingauni, in una delle zone più belle della provincia di Savona, una versione di questa varietà che è un clone del Dolcetto, una nicchia intrigante di un vino rosso, fermo e asciutto. Il nome deriva dal borgo di Ormea dove sembra fosse coltivato in precedenza. Tra il ‘200 ed il ‘300 fu introdotto in Alta Valle Arroscia, sul versante ligure del Colle di Nava, estremo nord-est della provincia di Imperia, ancora oggi riconosciuta come la zona più vocata alla sua coltivazione. I sentori sono coerenti tra naso e bocca di frutti rossi, risulta armonico e giovane, ma in affinamento elabora una terziarizzazione interessante, e si fa caldo e sapido con accenni vellutati dal tannino abbastanza evoluto.
Azienda Agricola Innocenzo Turco, Riviera Ligure di Ponente, Granaccia 2021. E’ sinonimo del Cannonau che a sua volta fa parte dei Grenache, le uve di questo vino provengono da una vigna su terreno rosso argilloso, la fermentazione avviene in vasche di acciaio per 12 mesi, il colore è rosso di media intensità, all’olfattiva esprime un frutto rosso poco maturo, piacevolmente amaricante, appoggiato da buona acidità e finale persistente.
Ci concediamo quattro passi tra gli stand dei nostri conoscenti, Batasiolo Vini, e come non salutare il caro amico Gabriele Pezzuto, impegnato con clienti esteri in uno degli stand più eleganti della fiera. Un salto da Fontodi per ripassare la bontà del Flaccianello, rimasto nei nostri cuori dal viaggio studio per il Wine Master di Massimo. Un saluto ancora in Piemonte per abbracciare Michael e Alice che presenziano allo stand di Vinicola Arno con l’anteprima del nuovo arrivato, Leone, Nizza Riserva Docg, da uve Barbera, invecchia per un minimo di 30 mesi in botti di rovere francese, molto intenso e strutturato, dai tipici sentori di frutti rossi e vaniglia accentuata dall’invecchiamento in legno.
Impossibile non fermarsi allo stand di Albugnano 549, dove incontriamo il caro Giulietto Fasoglio che ci rinfresca la memoria sull’Albugnano facendoci assaggiare Tenuta Tamburnin, Cascina Quarino e Cantina Mosso Mario, non per far torto agli altri, ma queste le scelte che possono dare in parte un quadro della complessità territoriale di questa piccola Doc.
Tra le giovani leve in questo affresco così magnificamente ricco, incontriamo Le Guaite di Noemi, allo stand Vignaioli indipendenti, dove la giovane titolare Noemi Pizzighella, accompagnata dai genitori che le hanno lasciato la conduzione dell’azienda, ci racconta il suo Valpolicella Ripasso 2012, undici anni di affinamento per uscire ottimo e diritto, molto strutturato, coerente con i sentori dell’uvaggio e quello che ci aspettiamo da un rosso importante, corpo e solidità tannica. Amarone della Valpolicella, 2012, il sorso non stanca, al gusto pieno, complesso, speziato, frutta sotto spirito, equilibrato, corposo e persistente.
Merita un racconto a parte l’azienda, perché Noemi è una ragazza energica e frizzante, aveva pochi anni quando inizia a mettere piede tra i vigneti, sulle colline di Mezzane di Sotto a nord di Verona. Il papà dal 1987 si occupa di olivi ma è lei a dare la svolta vitivinicola e nel 2002 appaiono le prime barbatelle. Oggi Noemi gestisce 10 ettari tra vigneti e ulivi di proprietà, in un territorio baciato dalle correnti miti del Lago di Garda e protetto dai monti Lessini, con struttura ex marina e vulcanica a dare mineralità e corpo al vino. Fa parte de Le Sbarbatelle, associazione di giovani viticoltrici piemontesi, unite dalla passione per il vino e proiettate verso il futuro dei mercati nazionali e internazionali, con un modo di fare innovativo e accattivante.
Terminiamo la nostra giornata nel Lazio, per incontrare subito due giovani promesse della viticoltura laziale, Alessia Lulli titolare di Parvus Ager e Maria Laura Cappellini titolare della Cantina Cifero. Un assaggio del Rosato Roma Doc di Parvus Ager, che è sempre un sorso brioso e fragrante, un rosato molto minerale, frutto di un territorio tipicamente vulcanico. Malvasia Puntinata di Cifero, nuova arrivata, profumata e diritta al palato è molto beverina, dal sorso giovane e lieve, intensa sul finale, dalle tipiche caratteristiche minerali e di salvia fresca in chiusura.
Grande sorpresa dall’Associazione Vignaioli in Grottaferrata, ad accoglierci il caro Luigi Fragiotta titolare con Gabriele Magno dell’omonima azienda, e Emanuele Ranchella, della cantina Emanuele Ranchella, due grandi protagonisti di questa fiera, per presentare le novità. Innanzitutto, Crypta, il vino che vuole mettere insieme i vignaioli puntando però sul territorio più che sulle singole aziende. Dal nome originario di Grottaferrata, Crypta è un segnale forte di intraprendenza da parte degli associati che si muovono compatti per far riscoprire al grande pubblico le immense qualità del territorio laziale, che ha bisogno di riqualificazione soprattutto a livello mediatico. In tal senso stanno lavorando tutti quelli che conoscono queste realtà e ne apprezzano il lavoro, attraverso manifestazioni e degustazioni, masterclass dedicate e assaggi in cantina durante i press tour.
Ciascun produttore aderente all’iniziativa produce il Crypta con uvaggio a sua discrezione, l’importante è produrlo e imbottigliarlo a Grottaferrata. Noi assaggiamo la versione di Gabriele Magno, che usa Malvasia e Trebbiano da vigne vecchie, fa un anno di acciaio e un passaggio leggero in legno solo per arrotondare il Trebbiano e esaltare l’acidità della malvasia, 4 mesi in bottiglia ne completano l’affinamento. La versione di Emanuele Ranchella è da uve di Malvasia con una minima parte attaccata da muffa nobile, affinamento in vasche di cemento e fermentazione spontanea su fecce fini. Agricoltura Capodarco interpreta Crypta in rosso, utilizzando uve Sangiovese al 70% e Merlot al 30%, le lascia un anno in acciaio, sei mesi in botte grande e riposo in bottiglia.
Tra le anteprime uno sguardo al Metodo Classico di Gabriele Magno, che avevamo visto in cantina quando siamo stati in azienda, ora è il momento di assaggiarlo. Metodo Classico Pas Dosé 2019, da uve Malvasia e Trebbiano, una bollicina fine, abbastanza persistente, al naso profumato di agrume e leggero floreale, in bocca una spiccata freschezza e mineralità. Armonico e asciutto, in bocca rimane una sensazione vivace e intensa.
Tanto altro avremmo voluto raccontarvi ma il tempo è come sempre padrone. Un ringraziamento a tutte le aziende che ci hanno accolto e a Federica Schir per averci guidato negli stand.
di Susanna Schivardi e Massimo Casali – foto originali
siti di riferimento
https://www.podereilcastellaccio.com/
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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