A cura del dottor Claudio Rao
What They Had è un film del 2018 scritto e diretto da Elizabeth Chomko che ha il merito di proporci una riflessione su questa malattia in una visione demedicalizzata, come piace a noi Pedagogisti Clinici®.
Il Dizionario di Pedagogia Clinica®, così definisce l’Alzheimer: « La forma di demenza senile più diffusa nel mondo, caratterizzata da una perdita lenta, graduale e inarrestabile delle strutture e delle funzioni cerebrali per una progressiva degenerazione dei neuroni a cui segue il deterioramento progressivo delle funzioni cognitive con significative modificazioni della personalità e della condotta. […] »¹
La trama del film https://it.wikipedia.org/wiki/What_They_Had parla di un ricongiungimento familiare a seguito della malattia della madre che favorirà l’emergere di problematiche familiari, rancori e vissuti mai metabolizzati.
Fronte alla nostra assuefazione sociale alla diagnosi patologico-formale « ridotta ad inseguire i sintomi, orientata a rendere responsabili aspetti settoriali specifici […] »¹, la sceneggiatrice ci propone una visione diversa. In una panoramica esistenziale non unicamente concentrata sulla malattia. In cui le reazioni ed i vissuti individuali e familiari sono parte integrante di questa inevitabile degenerazione neurologica.
Ci sono persone che reagiscono alla prime défaillances con indifferenza, talora con reiterato diniego ed altre che vengono assalite da un’angoscia profonda. Lo stile della protagonista interpella, intenerisce e fa sorridere. Dal chiamare i figli “i miei bambini” al marito “il mio fidanzato” fino al bere l’acqua benedetta in chiesa.
Una perdita di riferimenti che crea sentimenti contrastanti e un nuovo stile di vita che diventa “sopravvivenza”.
Uno stato mentale che nel malato fa apparire familiari figure estranee, che risuscita pensieri e ricordi mai vissuti, mentre nei familiari scatena forti sensi di colpa fronte all’incapacità d’interpretare la persona cara che comunica, in una dimensione alterata e per molti versi ancora misteriosa. Una memoria che come per Ruth, protagonista di What They Had,che cerca il luogo dove crede lavori ancora suo padre, cancella gli altri ricordi. Atteggiamenti che spingono i figli ad ipotizzarne il ricovero che si urta alla ferma volontà del padre Bert. Bert che col suo atteggiamento suggerisce l’idea che la malattia della mamma non sia confinabile in una struttura specializzata perché riguarda tutti i membri della famiglia.
Un atteggiamento vicino agli orientamenti della Pedagogia Clinica®, estranei a diagnosi meramente cliniche e farmacologiche. « Un modus operandi totalmente differente da quello dei pedagogisti clinici, che si affidano invece alla verifica delle PAD (acronimo di Potenzialità, Abilità e Disponibilità), un’analisi complessa che permette d’individuare e leggere la sufficienza dei mezzi propri del soggetto, le sue capacità di “distribuirsi” nelle diverse situazioni, l’integrazione con i suoi sentimenti e i suoi bisogni, le qualità energetico-affettive e ogni responsabilità delle autoinsufficienze e inadeguatezze che lo limitano nell’attiva partecipazione all’esistenza ».¹
Dietro i sintomi sembra instaurarsi un nuovo stile comunicativo colorato di affettività e di tenera intimità familiare. Un appello, come di diceva ad una visione più ampia, capace di superare dialetticamente la medicina per integrarla con la filosofia, al psicologia, la sociologia in un’ottica educativa. Perché la risposta non può essere soltanto a livello biologico.
¹ G. Pesci, M. Mani, “Dizionario di Pedagogia Clinica”, Armando editore, Roma, 2022 (pagg. 26 e 110).
***Immagine di copertina da bleeckerstreetmedia.com
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