Reportage: Azienda San Michele – Capriano del Colle – Monte Netto

Reportage: Azienda San Michele – Capriano del Colle – Monte Netto

Rubrica a cura della giornalista Susanna Schivardi e del sommelier Massimo Casali

#Sullastradadelvino continua il suo percorso alla scoperta del buon vino, stavolta arriviamo sul Monte Netto, a Capriano del Colle in provincia di Brescia per conoscere l’azienda San Michele.

Collegato con noi Mario Danesi, vicepresidente del Consorzio Montenetto, con lui visitiamo virtualmente l’azienda San Michele, che conduce con la cugina Elena (in foto), e quello che è un territorio vocato a molteplici varietà autoctone, in parte poco note e che per questo vogliamo raccontarvi. La Doc Capriano del Colle è situata a sud di Brescia, in pianura già inoltrata, un altipiano tra il Lago d’Iseo, la Franciacorta e il Lago di Garda a est. Dal 2007 è un Parco Agricolo Regionale per promuovere agricoltura e viticultura. In estensione copre circa 90 ettari, e riguarda piccole e medie aziende, ma si sta facendo conoscere anche fuori regione. Il terreno è argilloso, dotato di buone esposizioni ed estati calde, nonostante il poco dislivello (max 50 metri), si gode una bella ventilazione e la presenza di ricchi boschi. Questa cornice è l’ottima predisposizione per coltivare, come del resto qui è tradizione, le varietà locali, prime fra tutte il Marzemino, ormai dal ‘600, risalente addirittura alla dominazione veneziana.

Il Marzemino è marcatore della presenza veneziana, e lo sappiamo perché uno dei più importanti agronomi del Rinascimento, Agostino Gallo, abitava a Poncarale, dall’altra parte dell’altipiano, e nei suoi scritti già citava il Marzemino e ne descriveva le caratteristiche. Oggi si produce in purezza, ma in passato si utilizzava blendato, come da tradizione. Tra le produzioni dell’azienda San Michele ricordiamo Merlot, Sangiovese e quella nicchia di Barbera che oggi ricopre almeno un ettaro e mezzo e che in passato era prevista per obbligo dal disciplinare in una quantità pari al 5%. Etichette classiche o di sperimentazione, la base è sempre sui vitigni di territorio, vitigni che hanno una storia e una presenza di lunga data. La Barbera si sposa bene nel blend e consente di ridurre la quota del Merlot e di portare avanti un discorso più locale.

L’azienda risale agli anni ’80, quando il padre e lo zio di Mario acquistano degli ettari sul Monte Netto, recuperando alcune tra le vigne più storiche del territorio, e qui Mario e la cugina Elena (seconda generazione) oggi si occupano di tutto, dalla promozione al marketing, e una produzione che viene seguita attentamente, facendo esperienza sul campo. Da qualche tempo anche l’ospitalità ha preso piede grazie al recupero di una cascina nei pressi dei vigneti, per lasciare che gli ospiti entrino in cantina anche la domenica, specialmente in estate, per degustare il vino e gli altri prodotti del territorio privilegiando le aziende agricole vicine.

Il Metodo Classico Belvedere prende il nome dalla Cascina Belvedere, non rientra nel disciplinare, viene quindi prodotto come VSQ, ed è sul mercato da una decina di anni. Negli anni passati si utilizzava solo Chardonnay, poi dal 2014 anche il Trebbiano, varietà che qui si chiama Turbiana, nella percentuale del 50%, dove la Turbiana concede una parte acida, fresca e strutturata, completata dallo Chardonnay che dona finezza, equilibrio ed eleganza. Non millesimato – ricordiamo il progetto di fare un vino di riserva da utilizzare in futuro – ma da base 2019, fa 24 mesi sui lieviti. Il dosaggio è 3 grammi litro e dal 2018 si è scelto di non utilizzare zuccheri esogeni ma una parte di mosto del vino di partenza conservato a freddo. Durante la primavera successiva alla vendemmia il vino di base viene messo in bottiglia col mosto e i lieviti, e dopo l’affinamento si aggiunge solo del mosto. Nel bicchiere troviamo note di lievito ma anche ricchezza di frutto, le uve vengono raccolte in momenti diversi, lo Chardonnay il 15/20 agosto mentre la Turbiana il 15/20 settembre, mantenendo la giusta acidità con spremiture molto soffici e utilizzando mosto fiore.

Le estati calde e temperature molto alte non hanno infierito sulla qualità dell’uva specialmente per la bacca rossa, inoltre la vigna vecchia che qui ha una media di 30 o 40 anni ha resistito grazie ad un apparato radicale forte, rispetto alle vigne più giovani che hanno faticato.

Passiamo al bianco fermo, Otten 3, che è la lettura al contrario di Netto! Questo interessantissimo prodotto nasce nel 2012, tra i più recenti e molto amato dall’azienda. Capriano del Colle Bianco Superiore, deve fare almeno un anno di affinamento. L’idea iniziale era quella di lasciare la Turbiana più a lungo per provare ad avere un vino strutturato e complesso e con maggiore maturità. Complice l’annata, con autunno caldo e soleggiato, allo stesso tempo grande umidità notturna e nebbia hanno favorito lo sviluppo della Botrytis Cinerea, un fenomeno mai sperimentato in zona. La quota di questa parte botritizzata è del 30%, il restante viene raccolto comunque verso il 10 Ottobre. In generale si tratta di un vitigno bianco tardivo, per ottenere una surmaturazione si deve arrivare a fine ottobre e chiaramente l’andamento dipende dall’annata. La botrytis però è molto irregolare, non arriva tutti gli anni, pertanto anche questo vino assume una sua propria singolarità, non sempre riproducibile. Finora è venuto cinque volte, 2012, 2015, 2018, 2020 e 2021. Siamo a cinque annate. Un vino dalla bella complessità, in bocca cremoso e la struttura che in effetti rivela una gradazione non invasiva. Pienezza e morbidezza date dall’appassimento, aromi complessi e speziatura dolce della botrytis, termini di acidità e sapidità che portano persistenza grazie alle uve raccolte nei loro tempi di maturazione. Le fermentazioni avvengono in acciaio a temperatura controllata, due vinificazioni separate, poi assemblaggio, affinamento in vasche di cemento, piuttosto vecchie e resinate. A seguire il vino rimane un ulteriore anno in bottiglia. Ha bisogno di tempo per esprimersi al meglio.

Ci prepariamo al Marzemino in purezza, simbolo dell’azienda. Unico monovarietale rosso previsto dalla Doc, da uve di una singola vigna a pochi metri dalla cantina, la raccolta avviene regolare, fermentazione in acciaio a temperatura controllata, affinamento in cemento per almeno sei mesi. Il vitigno dona frutto, florealità intensa, il tannino è molto morbido, vellutato con gradazione alcolica moderata, non supera mai i 13 gradi. Piacevole ed equilibrato anche senza lunghi affinamenti e in ordine di tempo commercializzato prima, anche in estate o autunno successivi alla vendemmia. La bottiglia lo esalta con accenni di speziatura e complessità di pepe, grazie alle caratteristiche della vecchia vigna, un carattere inconfondibile. In estate si può gustare piacevolmente, anche fresco per non rinunciare al rosso anche nei mesi più caldi. Il Marzemino del Monte Netto si distingue per questa morbida ricchezza di frutto. A pochi minuti dalla mescita già si esprime intensamente.

Prendiamo adesso la Riserva 1884, il nome è la data in cui è stata costruita la Cascina Belvedere. Questo vino è un blend di Merlot, Marzemino e Sangiovese, Capriano del Colle Rosso Riserva, con affinamento molto lungo, qui abbiamo un 2016, prodotto nelle migliori annate, da uve selezionate soltanto dalle vigne vecchie. Nel caso di un’annata molto produttiva si fa una vendemmia verde a luglio per ottenere un massimo di 60q/ha. Le uve vengono raccolte separatamente, non si prevede appassimento ma si attende la maturazione piena. Il primo vitigno è il Merlot, a seguire Marzemino e Sangiovese. La fermentazione avviene in acciaio, una macerazione più lunga tra i 20 e 25 giorni. In questo caso è l’unico rosso a cui si dedica un affinamento in legno con barrique e tonneau di rovere francese, mai di primo passaggio. Un altro anno di cemento e poi in bottiglia. Un vino che coniuga struttura, eleganza, grazie al Merlot abbiamo una profonda rotondità e l’acidità che ci viene regalata dal Sangiovese. Tannino molto lungo e vellutato. A qualche giorno dalla mescita rimane intatto con le sue caratteristiche, un’intensità sorprendente che rimane in bocca con un piacere lungo e vivido.

Ultimo il “M” da uve Marzemino in purezza, è un passito dall’anima non troppo dolce. Già dall’etichetta dimostra la sua anima ribelle, tratto stilizzato e intuitivo di una freccia rossa, marchio di distinzione per questo vino che ha 100 grammi/litro, e stemperato grazie ad un tannino deciso e un’acidità importante. Adatto ai formaggi, dolci con cioccolato non intensamente fondente, perché no, dei bei frutti rossi che si accompagnano ai sentori del vino. Non rientrando in una storicità di vini del territorio esce come vino rosso senza denominazione, l’idea nasce dalla volontà di sperimentare altre tipologie partendo mantenendo come base il vitigno principe. Il Marzemino ha una buccia resistente e un grappolo spargolo, quindi potenzialmente adatto all’appassimento, quando nelle annate migliori le bucce rimangono integre e sane. Per bilanciare il residuo zuccherino con l’acidità le uve vengono raccolte in anticipo, poi si mettono subito in piccole cassette (cinque grappoli a cassetta), accatastate si portano in cantina, lasciano dei corridoi per il passaggio dell’aria, senza ventilazione forzata, ma solo con aria che arriva dalle finestre aperte.

In inverno si vinifica in acciaio, segue una macerazione post-fermentativa per estrarre colore, struttura e complessità, dopo l’acciaio passa brevemente in legno per sei mesi e in fine vasca di cemento e poi bottiglia.  La produzione contenuta, 2000/3000 bottiglie l’anno, risponde semplicemente all’andamento delle annate e dell’uva raccolta, mediamente con una resa pari al 16% rispetto alla quantità iniziale. Un prodotto di nicchia che non esce ogni anno e che si fa in un certo senso desiderare.

Ricordiamo l’etichetta elegante e sobria dell’azienda, che riproduce un sole con l’interno un acino di vino e il nome ricorda la Parrocchiale di San Michele nei pressi dei vigneti.

Congediamo Mario con la certezza di aver aggiunto un altro tassello importante al nostro cammino di conoscenza nel mondo del vino. Sito per saperne di più https://www.sanmichelevini.it/

DONA ORA E GRAZIE PER IL TUO SOSTEGNO: ANCHE 1 EURO PUÒ FARE LA DIFFERENZA PER UN GIORNALISMO INDIPENDENTE E DEONTOLOGICAMENTE SANO

Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

Lascia un commento

Your email address will not be published.