Ode all’empatia

Ode all’empatia

Di Claudio Rao

« La nostra è l’epoca del cinismo » constatava amaramente un amico durante uno dei nostri rituali aperitivi. « Le diseguaglianze economiche, sociali e perfino culturali si moltiplicano a livello esponenziale, l’egoismo sovrasta ogni slancio di umanità, la paura del futuro sta esacerbando gli animi ». La riflessione nasceva da una discussione sul corso di alta formazione “ Raccontare la Verità. Come informare promuovendo una società inclusiva” rivolto a noi giornalisti. Promosso dalla Federazione nazionale della Stampa italiana (Sindacato giornalisti del Veneto e del Trentino-Alto Adige) in collaborazione con l’Università inclusiva e tendente a valorizzare l’integrazione, l’equità, la giustizia sociale, la sostenibilità.

L’epoca del cinismo. Certo, la scarsa sensibilità e il poco rispetto della dignità sono innegabilmente osservabili nella nostra quotidianità lavorativa e non solo. Oggi come ieri, credo io. Oggi più di ieri, secondo il mio amico che pronava la capacità d’indignarsi e il diritto-dovere ad una reazione capace di spezzare il circolo vizioso che sta fagocitando le relazioni professionali, personali e familiari.  

Il cinismo fu una corrente filosofica dell’antichità il cui nome potrebbe derivare dal “Cinosarge”, edificio ateniese che fu la prima sede di questa scuola di pensiero o da “kyon”, cane, il soprannome di Diogene, suo illustre esponente. « I cinici professavano una vita randagia e autonoma, indifferente ai bisogni e alle passioni, fedeli solo al rigore morale. Dopo un periodo di declino, la scuola cinica ebbe una ripresa in concomitanza alla corruzione del potere imperiale di Roma: si fece appello allora alla libertà interiore e all’austerità dei costumi ».*

Una corrente tutt’altro che egoista e autoreferenziale, asociale e contraria a solidarietà ed empatìa, mi sembra. Almeno nella storia del pensiero ellenico ed ellenistico. Tuttavia, secondo l’accezione corrente, « il termine cinico viene usato in epoca contemporanea soprattutto, per estensione, volendo indicare chi ostenta sprezzo e beffarda indifferenza verso ideali o convenzioni della società in cui vive, spesso con sarcasmo sfacciato, nichilismo e disincanto, o con sfiducia, o indicando una sorta di immoralità e spregiudicatezza ».* A questo significato si riferiva più precisamente il mio interlocutore.

È indubbio e sotto gli occhi di tutti come attualmente le diseguaglianze – soprattutto economiche – si moltiplichino, la scuola non svolga più la funzione di ascensore sociale, la vita si sia fatta più complessa e difficilmente prevedibile, la convivenza civile sempre più a rischio e la stessa pace che sembrava un valore imprescindibile sia estremamente fragilizzata da opposizioni ideologiche e fratture sociali transnazionali che minano certezze che parevano relativamente stabili.

Il cinismo, denunciato dall’amico e che a questo punto mi pare configurarsi più come un meccanismo di difesa, significa agire unicamente a vantaggio del proprio interesse per massimizzare i benefici senza alcuna empatìa nè compassione per gli altri.

Tuttavia le società, come le famiglie, le amicizie e in generale le relazioni sociali autentiche, si costruiscono su altri valori. Hanno bisogno di un collante molto diverso da quello, per esempio, della tanto decantata economia di mercato. L’empatìa.

« Il termine empatia deriva dal greco, en-pathos “sentire dentro”, e consiste nel riconoscere le emozioni degli altri come se fossero proprie, calandosi nella realtà altrui per comprenderne punti di vista, pensieri, sentimenti, emozioni. […] Si tratta di un’abilità sociale di fondamentale importanza e rappresenta uno degli strumenti di base di una comunicazione interpersonale efficace e gratificante. »¹

Risulta chiaro come l’empatìa se promossa, insegnata, incoraggiata, possa costituire la chiave di vòlta alla diffusione del cinismo o comunque di atteggiamenti egoistici ed autorefereziali. Perchè, anche nell’emulazione scolastica, come in quella industriale, la cosa più importante è dare il meglio di sè, in una competizione prima di tutto con noi stessi.

La missione cardine di una scuola autenticamente “maestra di vita”, dovrebbe essere, insieme alla tramissione del sapere, quella di educare le capacità relazionali dei discenti. Favorendo esperienze capaci di consolidare le conoscenze acquisite, incoraggiando un atteggiamento interattivo, rivolto a rielaborare le esperienze, metabolizzando gli interscambi. Una “relazione in alternanza”, insomma, che è l’« Attività in cui lo scambio della comunicazione con l’altro è basato sulla differenza, sull’essere alternativamente coinvolti in un gioco di scambi prestazionali che chiedono un riconoscimento di abilità raggiunte e una presa di coscienza della propria capacità di gestione emotiva. La disponibilità a modalità in alternanza vede il gioco degli impegni, dello scegliere e del promuovere, costruito su un criterio libertario di spontaneità e condivisione ». ²

Allora, ammesso e non concesso che il cinismo sia la nuova cultura imperante, è compito di noi tutti genitori ed insegnanti, professionisti dell’aiuto alla persona e giornalisti, impiegati e casalinghe, influencers o youtubers favorire una nuova visione sociale che non sia quella della competizione stile “homo homini lupus” promossa da banche, mercati e finanza. Ricordandoci il valore intrinseco di ogni azione, di ogni persona. Riscoprendo l’importanza del “qui ed ora” e delle relazioni sociali che sostanziano la nostra vita. Perchè, per citare il giornalista e scrittore Stefano Benni, « É intelligente non chi legge miriadi di libri, ma chi sa leggere dentro alle situazioni di ogni giorno ». 

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*Fonte: Wikipedia (https://it.m.wikipedia.org)   

¹ www.stateofmind  il Giornale delle Scienze Psicologiche.

² G. Pesci e M. Mani, Dizionario di Pedagogia Clinica, Armando editore, Roma, 2022.

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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