Editoriale di Daniel Abbruzzese – Corrispondente da Berlino
L’operazione antiterrorismo più imponente nella storia tedesca
Dai loro account Twitter, i ministri del governo Scholz hanno prontamente rassicurato la popolazione: il 7 dicembre scorso le forze speciali della polizia, con un’operazione senza pari nella storia della Repubblica Federale, sono riuscite a sventare in extremis un colpo di stato.
Le testate nazionali erano informate del pericolo già da quindici giorni, tanto che, quando 3.000 agenti delle unità speciali hanno fatto irruzione nei domicili di 25 sovversivi vicini all’estrema destra, telecamere, telefoni, tablet e taccuini erano già in loco, pronti a testimoniare lo storico evento – un colpo di fortuna, per ogni reporter abituato a ricercare online o in qualche archivio i retroscena degli avvenimenti.
Il principe Heinrich XIII von Reuß, aspirante al trono del Kaiser, che da anni discettava sul suo canale YouTube sull’illegittimità della Repubblica Federale Tedesca e l’incostituzionalità delle misure di prevenzione alla pandemia, avrebbe riunito intorno a sé un gruppo di nobili decaduti, alcuni Reichsbürger, un cittadino tedesco di origini russe ed una figura connessa alle forze speciali dell’esercito. Heinrich, detto Rico, si era guadagnato anche l’appoggio di uno chef stellato, che avrebbe messo a disposizione derrate alimentari e generatori elettrici, una volta che i sediziosi fossero arrivati a Berlino. Ancora più rilevante si sarebbe rivelato l’ausilio di Birgit Malsack-Winkemann, una magistrata berlinese, ex-parlamentare dell’estrema destra di Alternative für Deutschland, che avrebbe usufruito del suo tesserino di parlamentare scaduto per entrare assieme ai suoi sodali nel Reichstag.
La Malsack-Winkemann non era una figura sconosciuta alle cronache: nell’agosto 2020, quando nella sala plenaria si votava per ulteriori restrizioni per il contenimento della pandemia, aveva preso parte all’assalto del Parlamento insieme ad un gruppo di estremisti, che si era asserragliato sulle scalinate del Reichstag. Sospesa dal servizio e non rieletta alle elezioni del 2021, Birgit usciva ormai raramente dalla sua villetta sul Wannsee, ma continuava a rimanere molto attiva online, come testimoniano i suoi numerosi tweet dai toni razzisti, complottisti ed esoterici.
La giudice dai capelli unti, così Birgit Malsack-Winkemann è stata ribattezzata dai giornali, è diventata all’improvviso uno dei volti più celebri in Germania, al pari del principe in giacca di tweed, o della nonna con la busta delle patate, che qualche settimana fa aveva tenuto col fiato sospeso la nazione per aver progettato, insieme ad altri iscritti su un canale Telegram, il rapimento del ministro della salute Karl Lauterbach in diretta TV.
I fermo immagine e le foto caricaturali dei congiurati, assieme ai nomignoli, hanno sicuramente contribuito a rendere la popolazione cosciente della gravità dell’evento. Qualche lettore, dopo quasi due decenni, si ricorderà ancora del mazzo di carte da poker, corrispondenti a figure dai nomi evocativi come Alì il Chimico o Mohamed il Bombarolo, e di quanto questa narrazione avesse impressionato tutto l’Occidente. Eppure, nonostante le riprese convincenti di qualche giardino incolto invaso da teste di cuoio e giornalisti, la sceneggiatura di questo putsch non ha lo spessore del cinema hollywoodiano. Tanto che diverse testate nazionali si sono spinte a parlare di un’ottima operazione di PR, organizzata in un momento quanto mai opportuno per l’esecutivo Scholz. L’aumento dei prezzi, i timori di razionamenti energetici pianificati, la sfiducia in una classe politica inesperta, lo scetticismo nei confronti di un continuo stato di emergenza e soprattutto il malumore della grande industria stanno infatti creando tensioni inedite nella società tedesca.
I Reichsbürger: fra il principato di Seborga, coboldi e altre mitologie germaniche
Dei Reichsbürger, autoproclamati cittadini di un impero soppresso solo provvisoriamente, si hanno notizie dai primi anni Ottanta. Pare che il primo governo commissariale del Reich sia stato fondato da Günter Ebel, un dipendente delle ferrovie della Germania Est, ma con cittadinanza della Germania Ovest, che, rimasto disoccupato dopo il boicottaggio contro le ferrovie della DDR, si trovò a ridiscutere i rapporti di potere fra la Germania sconfitta e divisa e le potenze occupanti.
Fu però a partire dal 2010 che iniziarono a fiorire governi provvisori, governi in esilio, principati, comunità autogestite e piccole sette affascinate dal paganesimo germanico. Pur non facendo parte di un unico movimento, questi gruppi si riconoscevano in principi comuni: la costituzione della Repubblica di Weimar non sarebbe mai stata formalmente abrogata, dunque il Reich sarebbe ancora giuridicamente esistente, nonostante gli Alleati abbiano deciso di dividere la Germania e di instaurarvi dei governi fantoccio. Comuni sono anche gli obiettivi da perseguire: riportare il Reich ai confini del 1937, rifiutare la colonizzazione degli occupanti d’oltreoceano e non corrispondere alcun tributo allo Stato illegittimamente insediato nella Berlino riunificata. Chiunque si riconosca in questi obiettivi, ha la possibilità di aderire ad uno degli stati autoproclamati sul territorio tedesco, acquistandone il passaporto.
In base alle stime del Verfassungsschutz, l’organismo preposto alla sicurezza interna e alla tutela dell’ordine costituzionale, sarebbero 20.000 i Reichsbürger presenti sul territorio nazionale, fra piccole comunità e singoli cittadini residenti nei centri urbani. Per quanto il numero sia relativamente esiguo, da anni gli impiegati pubblici sono stati istruiti su come interagire con i “cittadini del Reich”: si raccomanda di non reagire alle loro richieste, di porsi in maniera conciliante e di evitare assolutamente ogni situazione di conflitto. Di fatto, queste cautele hanno garantito ai Reichsbürger una relativa tranquillità, se non una situazione privilegiata, quantomeno dal punto di vista fiscale e penale. Il che potrà apparire come un’ingiustizia al lettore straniero, ma perfettamente comprensibile a chi conosca un minimo la società tedesca: ogni crepa nel tessuto sociale è potenzialmente un elemento che può gettare un’intera società nella notte abissale. È dunque legittimo che alcuni individui trovino una loro visibilità al di fuori della società, una nicchia in cui continuano a funzionare come demoni apotropaici.
A questi coboldi, secondo il periodico Der Spiegel, si sarebbero affiancati negli ultimi due anni numerosi esponenti di altri movimenti: Querdenker e Schwurbler (“diversamente pensanti” e “vaneggiatori”, ovvero coloro che si opponevano le misure sanitarie), vaccino-scettici, esoteristi e teorici del complotto. E, come aveva profetizzato la ministra degli interni Nancy Faeser pochi mesi fa, l’estrema destra non si sarebbe lasciata sfuggire l’occasione per cavalcare lo scontento, non appena l’inflazione e la crisi energetica sarebbero state una realtà percepita da larghi strati della popolazione.
Ultime generazioni e altre fantasie distopiche
Sempre la socialdemocratica Faeser si è ripetutamente pronunciata per misure preventive sempre più stringenti, soprattutto rivolte a controllare i social media e i servizi di messaggistica. I fatti sembrano averle dato ragione: se i servizi di sicurezza interni non avessero infiltrato gruppi Telegram e posto sotto attenzione gli account Twitter, non si sarebbe arrivati con un tale tempismo a sventare il putsch. Riferendosi al caso della giudice dai capelli unti, la ministra degli interni ha invitato a verificare con ancora più effettività i profili privati degli impiegati pubblici, per impedire che elementi sovversivi vadano ad interferire con la macchina statale. Parole che suonano come un invito a superare un fondamento dei sistemi giuridici liberali, lamentano non pochi esperti di diritto – probabilmente non consci del fatto che principi come la presunzione di innocenza e l’habeas corpus sono già stati liquidati anni fa nella prassi giuridica delle democrazie liberali.
Dalle colonne della Neue Zürcher Zeitung, la giurista Fatina Keilani lamentava pochi giorni fa come il conglomerato di leggi emergenziali, promulgate dal 2001 in poi e mai abolite, abbia permesso al potere esecutivo di estendere il proprio arbitrio sul potere giuridico. Ad esempio, se da una parte i blocchi stradali o le incursioni sulle piste degli aeroporti messi in atto dalla Last Generation hanno luogo senza che le forze dell’ordine intervengano, alcuni manifestanti vengono poi incarcerati preventivamente a tempo indeterminato, in base alle leggi antiterrorismo varate dopo l’11 settembre – un contentino per i molti cittadini snervati dalle proteste per il clima. In base allo stesso principio, è stato possibile negli ultimi anni reprimere effettivamente le dimostrazioni di piazza (allertando anche una commissione di inchiesta presso le Nazioni Unite per il sospetto di tortura), senza formalmente abrogare il diritto a manifestare, considerato intangibile in Germania.
Fondamentalmente, è bastato diffondere nell’opinione pubblica l’idea che un pensiero critico mettesse a rischio un bene collettivo – e l’argomento ha convinto evidentemente anche la Corte Costituzionale di Karlsruhe, che mai si è apertamente pronunciata negli ultimi anni, rimettendosi alla scienza e alla sicurezza pubblica. E laddove l’argomento del bene collettivo non sia sufficiente, è la diffidenza a fare da cemento a questo nuovo ordinamento giuridico: quella verso altri gruppi sociali, ma soprattutto quella fra lo Stato, sempre più spesso pronto ad entrare con prepotenza nella sfera personale del singolo, e il cittadino, potenziale reo inconsapevole.
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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