L’Ombra di Caravaggio. Un film che coinvolge emoziona e fa riflettere. Da non perdere

L’Ombra di Caravaggio. Un film che coinvolge emoziona e fa riflettere. Da non perdere

Di Chiara Farigu

Inutile girarci attorno. La narrazione cruda, vera, appassionata e coinvolgente è stata di gran lunga superiore alle aspettative. Queste le impressioni a caldo al termine del film ‘L’Ombra di Caravaggio’ di Michele Placido.

A distanza di oltre 24 ore dalla visione, la mente è ancora in balia di scene cruente, colori e suoni d’altri tempi, di frasi che colpiscono come macigni che farebbero impallidire se non vergognare qualunque personaggio dei giorni nostri che si autodefinisce ‘libero’ o promulgatore di ‘verità’ molto spesso fini a se stesse.

L’Ombra di Caravaggio è un film che coinvolge emoziona e fa riflettere.

Direi unico nel suo genere. A partire dal titolo. Dove l’Ombra non è il riflesso opaco di un corpo o di un oggetto ma uno scaltro e inquietante personaggio, interpretato da uno splendido Louis Garrel, che in virtù dell’incarico affidatogli da Papa Paolo V deve indagare sulla vita e le opere di Michelangelo Merisi per accertarne la sua fede, o meglio la sua ortodossia in fatto di fede in vista di una grazia papale.

Su Caravaggio pende una condanna a morte poiché è accusato dell’omicidio di Ranuccio Tomassoni, ma ancor più ciò che non viene perdonato al pittore, la cui grandezza artistica è riconosciuta da tutti, è il suo non volersi conformare ai canoni dell’arte sacra, fissati dal Concilio di Trento. Non ci sono angeli o simboli religiosi nelle sue tele. Non c’è la luce, né i colori pastello. Non ci sono i fiori o gli orpelli che lascino spazio a illusioni di falsa felicità che nulla ha a che vedere con la quotidianità fatta di stenti e povertà.

Michelino, così veniva chiamato da amici e protettori, vuole dipingere il vero, il dolore dell’umanità, le privazioni della miseria, le malattie, le lacrime, la morte. E per farlo deve stare a stretto contatto con gli ultimi, i deleritti, gli ‘scarti’ dell’umanità che popolano i bassifondi, le puttane dei bordelli, gli ubriaconi delle osterie, i mendicanti.

Sono quei corpi che verranno raffigurati nelle vesti di santi, creature mitiche, madonne. Quei corpi, quelle larve umane, attraverso la sua arte vengono salvati dalla miseria umana ed elevati ad opere d’arte. ‘Il sacro è in quei corpi’ – dirà all’Ombra che gli intima di pentirsi- ed io non ho niente di cui pentirmi, perché un artista deve dipingere il vero. Un artista deve essere libero di raccontare il vero’.

Parole inconcepibili per l’investigatore del Papa e strenuo difensore delle regole della Chiesa. Lontanissima, agli occhi del Caravaggio dagli ultimi dei quali invece si sarebbe dovuta occupare e preoccupare, secondo i dettami praticati da Cristo.

Parole coraggiose ma avvertite come arroganti, blasfeme ma soprattutto pericolose.  Perché infondono dubbi e la Chiesa non può permettersi che il popolo dubiti. La fede è fede.  La fede non si discute. Si crede. Il dubbio va rimosso, estirpato prima che germogli e proliferi. Nonostante la grandiosità dell’arte, anch’essa fuori discussione ma non al pari della fede. E delle regole fissate dalla Chiesa.  La Verità, un ribaltamento che la Chiesa non può e non vuol accettare. E che decreterà la fine dell’artista.

Che dire ancora di questo film se non che è un Capolavoro?

Magistrale la regia di Michele Placido che ha scelto coraggiosamente di non portare in scena l’ennesima biografia di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio. Ma di partire dalle sue opere, dal suo dramma interiore per capirne il genio e quindi il personaggio nella sua interezza e grandiosità.

Superlativa e drammaticamente intensa l’interpretazione di Riccardo Scamarcio, credibilissimo nei panni del pittore maledetto. Che si è giocato la vita per inseguire e rendere immortale la Verità.

Film intenso, drammatico, da non perdere.

*Immagine tratta da un frame del film

*Abbiamo stipulato un accordo con l’autrice per la ripubblicazione di alcuni suoi articoli. Il pezzo originale al seguente Link qui

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