Italia: fuggire o non fuggire? …questo è il problema

Italia: fuggire o non fuggire? …questo è il problema

Di Sergio Ragaini

In questo periodo, dove abbiamo vissuto restrizioni al limite dell’impossibile da immaginare, e in cui l’emergenza appare infinita, sono sempre di più le persone che scelgono di spostare la propria dimora altrove, verso luoghi dove la vita sia diversa e più carica di tranquillità e armonia.

Tuttavia, spesso, chi ha fatto questa scelta si trova a vivere una vita tutto sommato non all’altezza delle aspettative, e talvolta anche priva di particolari stimoli.

In questo articolo, dopo avere brevemente riassunto la situazione da cui si fugge, affronto più direttamente il tema della fuga, e di come occorra “guardare avanti” e non “guardare indietro”, per non rischiare di portarsi appresso le situazioni conflittuali già presenti.
Una fuga è lecita, ovviamente, quando lottare è impossibile: in tutto, però, ci deve essere quella consapevolezza che, sola, può cambiare la nostra vita, facendoci sempre compiere le scelte giuste.

In questi ultimi anni si è assistito ad una vera e propria “emigrazione” quasi di massa di persone dall’Italia ad altri paesi d’Europa e del Mondo, soprattutto tra coloro che si sono trovati a subire la situazione che tutti noi tristemente conosciamo.

Credo sia inutile, in questa sede, parlare della situazione vissuta: purtroppo è stata vissuta da parte nostra sulla nostra pelle, con tutto quanto ha comportato. La situazione ha superato il peggio immaginabile, negando, di fatto, a coloro i quali non accettavano un “ricatto” di Regime, un vaccino inutile e dannoso, l’accesso di fatto alla vita stessa. Erano negati, infatti, tutti quegli accessi che la Costituzione stessa sancisce. Negando il diritto a lavorare venivano negati gli Articoli 1 e 4 della Costituzione, in base ai quali: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” (Articolo 1) e “La Repubblica Italiana garantisce il diritto al lavoro e promuove le condizioni necessarie per rendere effettivo questo diritto” (Articolo 4). Ancora, la Costituzione Italiana garantisce il diritto alla Cultura e alla Salute. Eppure anche le biblioteche e i luoghi del benessere, come palestre e piscine, erano soggetti a quella che io non ho remore a definire, facendo mie le parole di Diego Fusaro, “Infame Tessera Verde”.

In fondo, però, tutto il “periodo emergenziale” è stato caratterizzato da una violazione della Costituzione. Me n’ero occupato in uno dei primi articoli per questo giornale, ancora nell’ormai relativamente “lontano” aprile 2020.

A questa tessera era anche subordinato l’accesso a luoghi che sono esplicitamente “del cittadino”, quali Uffici Postali e Uffici Pubblici. Il fatto che non venisse permesso l’accesso a questi luoghi rendeva “ammissibili” anche reati come l’Appropriazione Indebita. Infatti, il materiale che una persona doveva ritirare ad un Ufficio Postale, compresi assegni e simili, è di sua proprietà, e quindi la persona ha un esplicito diritto a poterlo avere. Lo stesso per strutture come le Banche.

Eppure tutto questo è avvenuto.

Ricordiamo poi che il Green Pass è andato avanti sino al 30 aprile 2022 compreso, nonostante lo Stato di Emergenza sia caduto con il 31 marzo 2022. Questo è davvero incredibile, e denota un atteggiamento della Magistratura a dir poco “scandaloso”, che ha permesso che rimanesse in piedi una misura sicuramente “emergenziale”, perché al di fuori delle possibilità della vita normale, che deve prevedere uno “Stato di Diritto”. Mentre il Green Pass sopprimeva diritti garantiti.

Allo stesso modo è incredibile il silenzio della Magistratura quando venivano “legalmente” commesse delle appropriazioni indebite ai danni dei cittadini.

Questa però è Storia nota: parafrasando Primo Levi, si potrebbe dire: “Meditate, che questo è stato”. Questo perché una situazione di questo tipo non avvenga mai più: anche se, purtroppo, credo che quando si apre la strada a simili precedenti, poi questa strada rimanga aperta. Insomma: è stato fatto accettare alle persone, e queste l’hanno accettato, che, per fare cose assolutamente normali (questo fatto è fondamentale) occorra un permesso del sistema: un permesso che viene concesso solo sotto determinate condizioni, che possono variare ogni volta. Questa volta la condizione era il Vaccino, mentre in futuro potrebbe essere qualsiasi. Si potrebbe, addirittura, arrivare ad una situazione in cui occorra una tessera per fare qualsiasi cosa, e in cui questa tessera possa essere sospesa anche per motivi futili, escludendo, di fatto, le persone dalla vita. Di questa possibilità parlavo in un episodio del mio romanzo “E sarà sempre Natale”, intitolato appunto: “Una Tessera per tutto”.

Quello che, però, ha colpito davvero, non è stata l’entità delle restrizioni che abbiamo dovuto subire, bensì l’accettazione passiva da parte della Popolazione Italiana. Che ha accettato una simile situazione come se non ci fosse nulla di strano.

Ormai, buona parte delle persone era totalmente “imbevuta” di una narrazione falsa quanto ormai penetrata nella mente delle persone, attraverso il meccanismo della Paura. Per cui, bastava dire che “Queste misure erano fatte per arginare l’epidemia” che le persone, immediatamente, si allineavano.

E, quando si provava a mettere in discussione la follia di queste misure, che sicuramente non erano misure sanitarie (ormai credo che questo sia perfettamente ovvio), ci si sentiva rispondere: “Ma non pensi ai morti?”, oppure: “Dici così perché non ti sei mai ammalato”. Senza pensare che, tra queste norme e il fatto di ammalarsi non vi era alcuna relazione. Di questo parlavo anche in un mio articolo per questo giornale, di circa due anni fa. Tuttavia, come già detto tante volte, la Paura, con l’attivazione dell’Amigdala, va immediatamente a disconnettere la Corteccia Cerebrale: chi ha paura non pensa, quindi, ed è mosso da impulsi derivanti anche da “archetipi” che ha nella sua mente, quali l’idea di pestilenze, di sciagure, di “untori” che vagano per l’aria e così via.

Fatta questa premessa, necessaria a comprendere la situazione in cui ci siamo trovati, e la “non reazione” da parte delle persone che si sono trovate a viverla, comprese quelle che facevano pedissequamente applicare queste norme, dicendo semplicemente “E’ la Legge”, in questi anni si è verificata una quasi “fuga” verso altre mete del Mondo, in particolare europee, dove la vita era differente.

Infatti, se è vero che anche altrove ci sono state restrizioni, è pur vero che, da parte delle autorità, c’è stata una reazione diversa. È il caso della Spagna, dove il Green Pass, almeno utilizzato per cose importanti per la vita delle persone, è stato bloccato dalle varie Corti Regionali: ultima quella della Galizia. Di questo anche i Media Ufficiali ne avevano data notizia.

E poi, altrove, le persone hanno reagito ben diversamente: infatti, ricordiamo, ad esempio, in Francia e in Germania le manifestazioni davvero “massicce” di folla. Manifestazioni che hanno portato anche ad azioni dirette, quali l’incendio, in Francia, di una Banca. 

In Olanda ricordiamo che, durante una manifestazione, è stato dato alle fiamme un Centro per tamponi.

Ancora prima, in Serbia, quando Vucic, allora Premier, aveva ripristinato il Lockdown, c’era stato il noto assalto al parlamento, che aveva portato addirittura all’instaurazione di un Governo Popolare, e alla caduta delle restrizioni.

Non sono sicuramente qui ad appoggiare azioni violente, ma semplicemente a dire che, lì, le azioni, e comunque le risposte della folla, ci sono state. A differenza che in Italia, dove la gente, in massima parte, ha appoggiato queste direttive, magari perché la mentalità del Popolo Italiano, da sempre dominato, aveva pensato che “tanto non si può fare niente”.

Questo atteggiamento del Popolo Italiano sarà fondamentale per discutere la scelta di andare via, di cercare una nuova Vita in un altro luogo del Pianeta, dove la situazione sia più “vivibile”.

Molti hanno fatto questa scelta. Quest’estate, e in parte nell’inizio di questo autunno, ho trascorso quasi due mesi a Tenerife. Questa è una delle mete “principe” della fuga verso altri lidi. Un luogo dove la Comunità Italiana, e non solo Italiana, in generale dei non spagnoli, lì trasferitisi, è davvero grande. Anche alcuni degli amici che manifestavano con me per un Mondo migliore hanno fatto questa scelta. Essendo Unione Europea, trasferirsi a Tenerife è relativamente semplice, e di fatto equivalente al trasferirsi in Spagna. A questo indirizzo potrete trovare qualche informazione.

Sul come vivono le persone che si sono trasferite in quei luoghi si potrebbe scrivere molto. Spesso, la loro vita non è così “esaltante” come si potrebbe pensare. Tenerife, poi, ha gli ovvi limiti di un’isola che, seppur affascinante, ha una superficie di 2034 km2, contro, ad esempio, i 23.877 della Lombardia, e i 25.711 della Sicilia. Ci troviamo, quindi, in uno spazio tutto sommato ristretto, di 70×50 chilometri, che, indubbiamente, limita un po’ le prospettive e cambia anche l’idea stessa di distanza.

Quello che trovo assolutamente poco gradevole è che la Comunità Italiana (in parte anche quella Belga, e altre Comunità sufficientemente grandi) tenda a fare “gruppo a sé”, spesso senza nessun desiderio di conoscere ed esplorare la Realtà Locale, e addirittura, spesso, nemmeno di parlare la lingua locale. E questo, secondo me, è molto triste.

La Spagna è stata meta di massiccia emigrazione da parte di diverse persone italiane. Forse a causa delle analogie con l’Italia, essendo comunque un Paese Latino.

Qualcuno, poi, si è spostato verso mete fuori Unione Europea, o anche fuori Europa, quali Costa Rica. Comunque i Paesi in generale “Latini” sono stati meta ambita da parte degli italiani.

Anche il discorso del come le persone che sono andate altrove vivano, comunque, potrebbe diventare lungo e complesso. Meglio quindi lasciarlo da parte, e concentrarsi sull’interrogativo principale di questo testo: Andare o rimanere?

Questo è un interrogativo che potrebbe aprire molte riflessioni. In generale, è una scelta individuale, che ogni persona deve fare, a seconda di come “sente” di fare.

Non credo, in questo senso, ci sia una “ricetta” valida per tutto, che possa dire se questa scelta è corretta oppure no. È una scelta, e come tale ha dei pro e dei contro. Dipende da quanto una persona sente l’attaccamento al luogo in cui si trova a vivere. Infatti, se è vero che, anche secondo il Buddha, l’attaccamento non è mai una cosa positiva, è ovvio che una persona sia attaccata a quello che sta vivendo nel luogo in cui vive. Può, ad esempio, essere attaccato agli amici, agli affetti in loco, alla vita che fa e così via. Cambiare luogo, infatti, è cambiare completamente vita. Magari si cambierà con una vita migliore: tuttavia, significa comunque lasciare una serie di situazioni, di relazioni, di attività he si facevano in un luogo, e dove l’abbandonarle potrebbe risultare triste, o addirittura difficile da praticare.

Se poi ci sono figli, o genitori da accudire (è il caso, ad esempio, di chi ha genitori anziani) lo spostarsi diviene poi davvero problematico, e spesso può risultare in un ostacolo insormontabile. Anche se una mia amica si è spostata, a novembre 2021, a Benalmadena, in Andalusia, Spagna, con la madre anziana e il cane. Quindi, ci sono le eccezioni.

Ricostruirsi una vita in un altro luogo, poi, significa, necessariamente, anche ricostruirsi una vita lavorativa. Infatti, se è vero che “non di solo pane vivrà l’Uomo” (Matteo 4,4 ; Luca 4,4 ; Deuteronomio 8,3), è anche vero che, essendo esseri corporali, dobbiamo nutrirci. E, almeno per ora, per farlo occorre denaro, che, a meno di avere rendite di qualche tipo, va guadagnato, anche nel luogo in cui ci si dovesse spostare.

Infatti, buona parte della popolazione non spagnola residente a Tenerife (la parola “straniera” è brutta, perché ha la stessa etimologia di “strana” ed “estranea”: quindi preferisco non usarla) è composta da pensionati: questi, soprattutto se vengono da Nazioni dove il costo della vita è più alto (tra queste anche l’Italia, anche se a Tenerife il costo della vita non è poi così basso come ci si potrebbe aspettare), con la loro pensione possono permettersi una qualità della vita migliore che nei loro Paesi di provenienza. In questo articolo potrete trovare qualche informazione anche sul costo della vita a Tenerife.

Per coloro, invece, che devono costruire un divenire, anche lavorativo, la cosa potrebbe essere meno facile: infatti, soprattutto se non si conosce, o si conosce in maniera lontana dal “fluente”, la lingua locale (a Tenerife questa è lo spagnolo), lavorare potrebbe diventare un problema, spesso non indifferente, e spesso anche “bloccante”. E poi, anche qualora questo ostacolo risultasse superato, non è detto che si trovi un’attività da svolgere in modo così facile. Tenerife stessa offre attività nei settori, ad esempio, alberghiero e della ristorazione, e anche, in parte, in quello informatico. Per il resto, a meno di “ingegnarsi” in qualche modo, la cosa potrebbe non essere così immediata. E chi ci vive lo può confermare.

Quindi, una volta effettuata la “fuga” verso un altro Mondo possibile, poi non è così scontato che quello che lì si trova possa essere così paradisiaco.

Soprattutto, questo, quando la cosa è una pura “fuga”, e non una scelta in qualche modo consapevole. La fuga, infatti, sovente è un “guardare indietro”, come un amico Psicologo diceva. E, quando si “guarda indietro”, spesso si ritrovano, dove si giunge, le stesse situazioni conflittuali che ci si portava dietro. Situazioni che non derivano dal luogo, ma dall’interiorità della persona. Un’interiorità che rimane quella in qualsiasi luogo. Di questo parlavo anche in un mio articolo del luglio 2020.

È mia esperienza diretta vedere persone che si sono portate, tali e quali, le situazioni conflittuali che vivevano in Italia nel luogo dove sono andati. Mantenendo, tra l’altro, spesso uno strano quanto “rabbioso” attaccamento alla Realtà Italiana: un atteggiamento privo di significato, visto che, ormai, quelle persone erano andate via dall’ìItalia, e che quindi avrebbero dovuto concentrarsi sulla Realtà in cui vivevano, e non su quella che ormai avevano lasciato alle spalle.

Tuttavia, quando si hanno situazioni conflittuali all’interno, si trova qualsiasi “scusa” per viverle lì dove si va. Compreso l’incomprensibile attaccamento rabbioso alla realtà lasciata alle spalle.

Questo ci dice che la scelta deve essere consapevole. Non dico “ponderata”, perché spesso occorre seguire il cuore. Comunque, per “seguire il cuore” occorre anche sapersi ascoltare: e non tutti lo sanno fare.

Andare via è una scelta, che spesso “va” fatta, quando la situazione in cui si vive non è più tollerabile: tuttavia, va fatta con intelligenza, e con una buona consapevolezza. Altrimenti, si rischia di non vivere questo momento al meglio, e di trasformare, magari, il sogno in un incubo.

Su questo tema, però, non vado oltre: come dicevo, ogni persona scelga liberamente. Ovviamente, i “gradi di libertà” dell’esistenza, come detto in precedenza, non permettono sempre una scelta “totale”: spesso, la scelta è obbligata da situazioni, quali quelle descritte in precedenza, e che rendono la scelta dello spostamento, magari, problematica.

Chi, però, può farlo, più o meno liberamente, ma può farlo, potrebbe trovarsi mossa un’accusa, che potrebbe fare sorgere, in lui, quasi dei “sensi di colpa” (che non sono mai opportuni, come sostenevo anche in questo articolo). Vale a dire, qualcuno potrebbe obiettare che non si deve fuggire, ma occorre stare qui a lottare.

Su questo tema avevo già discusso in passato con diverse persone, che vedono come una sorta di “vigliaccheria” l’andare altrove. E in parte ne avevo parlato nel citato articolo.

Su questo non sono d’accordo: come dico spesso, per lottare occorrono essenzialmente due cose: le armi e un esercito.

Ovviamente, queste parole sono metaforiche: per “armi”, si intendono i mezzi per opporsi tangibilmente ad una situazione. Senza di quelli è impossibile qualsiasi lotta.

Allo stesso modo, per “esercito” si intende avere un seguito di persone che segua chi propone una lotta. Diversamente, questa persona sarà un “predicatore solitario”, con ben poche probabilità di successo.

Ebbene: nella recente situazione, terminata meno di un anno fa (un anno fa a quest’ora si stava vivendo la parte più oscura” della vicenda, essendo, il 15 ottobre, entrato in vigore il Green Pass per lavorare), spesso queste caratteristiche non sono state rispettate.

È vero, ci sono state sentenze favorevoli: tuttavia, non vigendo nel Mondo latino il

Precedente Giuridico, che obbligherebbe un Giudice a conformarsi ad una sentenza già emessa.

In questo caso, purtroppo, anche tutte le sentenze favorevoli, che ci sono state (e ne ho parlato anche in diversi articoli, ad esempio, in questo articolo e anche in questo articolo , mentre qui riassumevo tutti i risultati ottenuti) hanno rappresentato il parere di un Giudice, e non certo un qualcosa che ha impedito al Regime di continuare per la sua strada. Ad esempio, malgrado ci siano state  sentenze contro il Lockdown, questo è stato riproposto con le “zone rosse”.

E poi, comunque, si è trattato di casi isolati. Notavo, durante i mesi precedenti, che, nonostante la mole di lavoro e lo sforzo imponente di diversi avvocati, sforzo che davvero li portava a lavorare “giorno e notte”, chi ha voluto lavorare ha dovuto effettuare un tampone ogni due giorni, o essere addirittura sospeso, come è accaduto ad alcune categorie professionali. Anche questo in violazione dell’Articolo 4 della Costituzione.

E, poi, con una Magistratura così passiva nel far valere i diritti, quanto “attenta” a distribuire Condanne Penali a chi ha violato norme come la chiusura del proprio locale (è accaduto, ad esempio, ad una nostra amica a Brescia), dimostrando così la sua “collusione” col Regime, era difficile poter operare: ricordiamo come querele quali quella proposta dall’Avvocato Marco Mori, contro il Green Pass, depositate da migliaia e migliaia di persone, siano state, di fatto, archiviate in massa. Quando ci sarebbero stati tutti gli estremi per poter procedere.

Questi esempi mostrano come, purtroppo, le “armi” a disposizione erano, e spesso sono, davvero poche. Soprattutto perché gli “interlocutori” delle azioni sono, come visto, silenti e pronti invece ad attaccare chi difende la giustizia. Come dicevo, alle denunce si sono ora aggiunte vere e proprie condanne. Condanne a cui, è vero, ci si può opporre, ma non senza costi e con tempi purtroppo molto lungi prima di potere far valere i propri diritti.

Come visto poco fa, poi, manca anche l’”esercito”, in questo caso inteso come insieme di persone che collaborano. Come visto, il Popolo Italiano è da sempre un Popolo passivo. Ne avevo anche esempi sin dall’infanzia, quando i fanciulli subivano di tutto senza alcuna reazione, se non un vuoto “mugugno”. Per poi proseguire in una lamentosa accettazione passiva delle cose, e con un frequente: “Ma cosa si può fare?”. La stessa cosa veniva pronunciata anche durante il periodo del Green Pass, da parte di coloro che non erano d’accordo. Diverse persone a cui si chiedeva se fossero d’accordo con questa misura discriminatoria rispondevano: “No, ma cosa possiamo fare?”.

Insomma: manca anche l’Esercito.

Riepilogando: mancano le armi e manca l’esercito. Di conseguenza, manca qualsiasi possibilità di “vera” lotta, se non un vago “farsi sentire.

A questo punto, ricordo che la ritirata, ovviamente consapevole e ordinata, è stata ed è praticata anche dai grandi condottieri. Si sa che un’onorevole ritirata è meglio di una disonorevole disfatta.

Quindi, andare altrove è del tutto lecito, ed è una scelta condivisibile.

Tuttavia, come dicevo, è una scelta da farsi consapevolmente. Quando parlavo di “ritirata”, parlavo infatti di “ritirata ordinata e consapevole”, non di “fuga disordinata”.

Quindi, almeno secondo me, uno spostamento, a meno che non ci siano delle condizioni per cui una “fuga” è l’unica possibilità attuabile, va pianificato, e vanno valutati, sempre, i pro e i contro. I “contro” che, sovente, ci saranno: se, infatti, è provincialismo il considerare il luogo dove ci si trova come il meglio in assoluto, è provincialismo anche considerare che al di fuori del luogo dove ci si trova sia tutto meraviglioso. Frasi come “all’Estero è diverso”, pronunciate da alcuni, non hanno senso, in quanto l’”Estero” non esiste: esistono le singole Nazioni, dove i problemi ci sono: il Paradiso Terrestre, su questo Pianeta, non esiste: esistono solo luoghi che possono essere più in sintonia con noi, e dove possiamo stare meglio.

Tuttavia, anche questi luoghi non sono perfetti, ed è sicuramente possibile, se non probabile, che qualche problema potrà sorgere anche lì. Non bisogna, quindi, partire con aspettative troppo alte: si rimarrebbe delusi.

E poi, le aspettative non sono mai una cosa opportuna. Sono solo modi per vedere le cose e le persone non per quello che sono , bensì per quello che noi vorremmo che fossero.

Come ricordo spesso, le cose e le persone sono quello che sono, non quello che vorremmo che fossero. E questo vale anche per i luoghi: ovviamente, se si parte, lo si farà con grandissime aspettative. Ebbene: meglio lasciarle da parte (come anche nel Mondo Buddhista si afferma). L’unica aspettativa è quella di trovarsi almeno un pochino meglio.

Se, però, si parte con l’idea di trovare il Paradiso Terrestre, si rimarrà verosimilmente delusi.

Come dicevo, diverse persone che si sono spostate conducono una vita talvolta piatta e insignificante. E chi aveva problematiche personali, se l’è portate tali e quali nel luogo dove è andato.

Quindi, credo che la cosa importante, come sempre, sia lavorare su di sé. In fondo, l’unico luogo dove si può trovare il Paradiso è dentro di noi. In un Canto di Pratica nella Tradizione del maestro Zen Thich Nhat Hanh si cantava: “La Pura Terra, il Paradiso è qui”. In fondo, occorre sempre partire da sé, da quello che abbiamo in noi. Quando siamo in armonia con noi stessi, lo spostamento sarà luminoso e spesso ci porterà cose sicuramente molto belle.

Tuttavia, se non siamo in armonia con noi stessi, e ci spostiamo per trovare armonia, non la troveremo, e le situazioni conflittuali, che abbiamo lasciato qui, si ripresenteranno, seppur con altre modalità, ma si ripresenteranno.

Seneca diceva a Lucilio: “Cambia animo, non cambiare cielo” (dalla ventottesima Epistola). Io posso dire: “Cambia animo: poi, cambiare cielo sarà lieve”. Il passaggio fondamentale è su di noi: quando questo passaggio è stato effettuato, o almeno ci si è lavorato un po’, allora sarà inevitabile che la vita ci porti verso i luoghi adatti per noi. Diversamente, lo spostamento potrebbe rivelarsi una delusione, e portarci verso esperienze non all’altezza della bellezza che possiamo trovare dentro di noi.

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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