Puntare all’essenziale

Puntare all’essenziale

Rubrica settimanale a cura del dottor Claudio Rao

Può succedere di essere tristi per qualcosa che non abbiamo invece di essere felici di ciò che abbiamo, come ci illustra la problematica espostami da Marie-Christine, una cinquantenne dall’approccio chiaro e diretto.

«Sono sposata da 25 anni, ho tre figli e una casa con piscina. Un buon lavoro dirigenziale. Insomma, ho tutto per essere felice! Eppure ho la netta impressione che la vita mi sfugga di mano. Che un bel giorno i miei ragazzi lasceranno casa, che i miei genitori saranno soltanto due vecchi, che i miei capelli, il mio viso, il mio corpo saranno definitivamente diversi, nonostante i miei numerosi lavori di restauro! Ogni giorno, quando mi metto al volante della mia bella macchina nuova, ho l’impressione di smarrirmi. Nella mia vita, regolata come un orologio, le giornate sono cadenzate da tutta una serie di dettagli e di scelte. Ma mi sembra di perdermi l’essenziale. Vorrei dare un senso alla mia vita, ma quale?! Avere un motivo per fiondarmi giù dal letto ogni mattina e vivere per davvero! Le sembra assurdo? ».

Come possiamo goderci il presente se abbiamo costantemente l’impressione che ci manchi qualcosa per essere felice? Come “fiondarci” con entusiasmo nelle nostre giornate se a causa dell’abbondanza di ciò che abbiamo, abbiamo perso di vista l’essenziale: noi stessi, la nostra natura, i nostri valori? Da decenni la pubblicità si è insinuata nelle nostre menti e nelle nostre famiglie per trasformarci in consumatori che “devono desiderare sempre qualcosa” per essere felici. Molti di noi passano la maggior parte della propria vita a lavorare per guadagnare ed acquistare. Accumuliamo “oggetti”, ma ricerchiamo un “senso”.

La capacità di godersi la vita appartiene più a coloro che sanno apprezzare ciò che hanno piuttosto che rincorrere ciò che non hanno. «Sappiamo per esperienza che l’uomo che ha come valore l’esteriorità non si accontenta mai semplicemente del necessario » scriveva Carl Gustav Jung in una delle sue opere di cui colpevolmente mi sfugge il titolo. Indicandoci come la voracità esterna tende a trasformarsi in sofferenza interna.

Ricercando sempre all’esterno di sé ciò che ci difetta all’interno, rischiamo di passare la maggior parte del nostro tempo a rincorrere il benessere tangibile, a credere che la nostra “realizzazione interiore” dipenda unicamente dalla mera “riuscita materiale”, magicamente capace di colmare il vuoto interiore accusato da Marie-Christine.

Così facendo, però, “sbagliamo strada” (come nell’immagine evocatrice della mia cliente).  Più ci ostiniamo a credere che il vero arricchimento di noi stessi venga dall’esterno, più questo ci impoverisce all’interno e ci rende vulnerabili.

Una riflessione di Agostino d’Ippona può illuminarci al riguardo. « Tardi ti amai bellezza, così antica e così nuova. Tu eri dentro di me ed io ero fuori a cercarti ».

Diversi altri filosofi richiamano la nostra attenzione sul fatto che “amplificare la nostra interiorità” ci predispone ad “accogliere la grandezza esteriore”. Per dare un senso alla propria vita, è più saggio ed opportuno compiere un viaggio interiore alla ricerca di se stessi e dei proprî valori.

Questo percorso, questa inversione di rotta per alcuni, può comportare la riconsiderazione delle proprie priorità nella vita per ricentrare il proprio centro gravitazionale al cuore della propria identità.

Sovente, nei brainstorming settimanali con i colleghi dello studio associato provenienti da diverse formazioni abbiamo avuto modo di analizzare casi di persone che, talora a seguito di vissuti traumatici, avevano reinterpretato la loro vita dandole una lettura sino ad allora impensabile. Temendo di aver perduto di vista l’essenziale, avevano rivisitato i loro valori, riletto il senso delle proprie scelte, rivoluzionato le loro relazioni familiari e sociali.

A tutti noi, almeno una volta nell’arco di tempo che va dall’adolescenza all’età adulta e fino alla vecchiaia sarà capitato di porci domande esistenziali del tipo “Che cosa ho fatto della mia vita?”, “Ho compiuto le scelte giuste?”, “Oggi dove sono arrivato?”. Ebbene, quando analoghi interrogativi vengono ad abitare la nostra quotidianità, ci spingono a focalizzarci sui nostri valori-chiave, ad identificarci con ciò che ci è indispensabile.

È concentrandoci su ciò che abbiamo di più importante, sul cuore dell’essenziale per ciascuno di noi che ci rendiamo conto del vero valore della vita. Di ciò che dà un senso alla nostra esistenza. E che dobbiamo riscoprire, proteggere e valorizzare.

Un esercizio pratico? Sforziamoci di ricordare, magari con il suffragio di carta, penna e calendario, i momenti più belli della nostra vita, i ricordi che ci colmano di orgoglio e di felicità. E orientiamo la nostra vita su ciò che più ci sta a cuore!

***Il dottor Rao risponde alle domande e ai dubbi dei lettori. Scrivete a: claudio.rao@gliscomunicati.it

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