Nord Stream e risparmio energetico: una resa dei conti con la Germania?

Nord Stream e risparmio energetico: una resa dei conti con la Germania?

Di Daniel Abbruzzese Nostro inviato da Berlino

Il giorno successivo alla caduta del governo Draghi, la fornitura di gas dalla Russia aumentava del 71%. Alcuni analisti hanno voluto riconoscere nella notizia un regalo di Putin all’Italia, smarcatasi dalla linea decisamente atlantista del governo uscente, forse grazie al lavoro di una quinta colonna nascosta in Parlamento. In realtà, molto sembra essere dipeso dalla manutenzione di una turbina. E da una prova di forza internazionale che è solo l’ultimo episodio di un conflitto in atto da anni.

Il Nord Stream, spina nel fianco dell’Europa

Del progetto Nord Stream si iniziò a parlare nel 2005, all’indomani della rivoluzione arancione in Ucraina. L’evidente instabilità dell’Europa orientale e il fatto che le materie fossero diventate un mezzo di pressione sui paesi occidentali portarono molti paesi a sviluppare una serie di progetti di gasdotti che aggirassero le aree più critiche: fra questi, il South Stream, il Nabucco e appunto il Nord Stream, unico progetto effettivamente realizzato. Entrata in funzione nel 2012, questa condotta sottomarina, che parte da Vyborg e si congiunge alla rete tedesca a Greifswald, ha garantito negli ultimi anni un volume annuo di 60 miliardi di metri cubi, distribuiti fra i vari paesi dell’Unione Europea. Fra gli iniziatori più attivi del progetto ci fu il cancelliere Gerhard Schröder, che, al termine del suo mandato si ritroverà a dirigere il consiglio di vigilanza della Nord Stream AG, società proprietaria del gasdotto, il cui azionista di maggioranza è Gazprom, seguita da partecipate pubbliche tedesche, austriache, francesi e olandesi.

Fu appunto il palese conflitto di interessi dall’ex cancelliere a scatenare le prime polemiche su questo progetto. Conflitto di interessi aggravato da una circostanza sospetta e mai totalmente chiarita: negli ultimi giorni del suo mandato, il governo Schröder si impegnò a garantire per un mutuo di 500 milioni di euro, erogato da Deutsche Bank e dalla banca pubblica KdF (la Cassa Depositi e Prestiti tedesca), atto a finanziare la costruzione della tratta russa del gasdotto, che va dalla Siberia (dove l’impianto estrattivo è gestito dalla multinazionale tedesca BASF) al Baltico. Ad ogni modo, più che confermare un effettivo conflitto di interessi dell’ex cancelliere, questo intreccio finanziario testimonia più della solida alleanza fra la grande industria tedesca ed il governo, un sodalizio che finora non è mai stato in discussione e che è riconoscibile in ogni azione politica a nord delle Alpi.

Non stupisce dunque che, nonostante le amministrazioni guidate da Angela Merkel siano sempre state dichiaratamente atlantiste ed europeiste, esse si siano sempre opposte ad ogni ingerenza esterna, soprattutto sulla questione del Nord Stream. Alle accuse, provenienti da diversi partner europei e dagli Stati Uniti, di rendere la Germania e l’Europa ostaggio della Russia, o a quella formulata dalla Svezia di offrire alla Russia tramite il gasdotto uno spazio per le manovre militari, o all’attacco del ministro della difesa polacco Sikorski, che azzardò un paragone fra il Nord Stream ed il patto Molotov-Ribbentrop, i governi Merkel hanno sempre risposto con toni fermi, riuscendo a portare a termine nel 2012 la costruzione del gasdotto. Né le minacce di sanzioni da parte delle amministrazioni Obama e Trump hanno dissuaso l’esecutivo della cancelliera dalla costruzione di un raddoppio del Nord Stream, portato a termine nel settembre del 2021, ma mai entrato in funzione. L’esecutivo Scholz, infatti, probabilmente dotato di preveggenza più del suo predecessore, ha ridotto considerevolmente i flussi di gas importato già l’autunno scorso e ha ritirato al Nord Stream 2 i permessi. Victoria Nuland, la sottosegretaria agli affari europei negli USA, ha salutato la notizia, commentando che finalmente il progetto era ridotto ad un ammasso di ferro senza valore.

Una turbina in viaggio per il globo e un assurdo poker diplomatico

A causare l’ulteriore riduzione di importazione di gas delle scorse settimane, che ha portato il ministro dell’economia Habeck a varare un piano di emergenza gas, sarebbero stati i regolari lavori di manutenzione del Nord Stream 1. A questi si sarebbe aggiunta la mancanza di una turbina nella centrale di Vyborg, necessaria per condensare il gas prima di immetterlo nella condotta. Il governo Scholz sostiene che quella della turbina sia una scusa inventata da Putin, che da settimane aumenta e riduce in maniera arbitraria l’erogazione di gas, pur dichiarando che le quantità erogate rimangono quelle stabilite dai contratti in vigore.

Una turbina si sarebbe trovata effettivamente in manutenzione presso una sede canadese di Siemens Energy, ma non sarebbe stata decisiva per il regolare funzionamento del gasdotto. Eppure, due settimane fa, Habeck ha dovuto contattare personalmente Trudeau, perché soprassedesse sulle sanzioni alla Russia e si risolvesse a far partire l’apparecchio per la Germania, da cui poi si sarebbe provveduto, derogando alle sanzioni europee, a trasferirlo al di là del Baltico. A sua volta, Zelenskij ha convocato l’ambasciatore canadese a Kiev perché rendesse conto dell’accaduto e ha definito l’invio della turbina inaccettabile, minacciando conseguenze per il Canada e per la Germania.

In quel momento, pare che il prezioso carico fosse già su suolo tedesco, anche se Siemens non poteva rivelarne l’esatta posizione. Lo scorso 21 luglio, alcune testate comunicavano che la turbina fosse rientrata in funzione, ma la sera del 22 il governo russo comunicava che Siemens non aveva ancora messo a disposizione i documenti per il passaggio del carico attraverso le dogane. Per i media tedeschi era a quel punto evidente che si trattasse dell’ennesima ricatto da parte russa. Nell’etere era rimasta però una frase, pronunciata dalla ministra degli esteri Baerbock: “Abbiamo dovuto fare pressioni sul Canada, per evitare di avere rivolte di strada nelle prossime settimane”.

La voce del padrone

Nella classe politica tedesca è forte il timore che la crisi energetica in atto possa provocare rivolte di piazza difficilmente contenibili. Nancy Faeser, ministra degli interni, ha già avvertito di come le frange di estrema destra si stiano già organizzando per sobillare la popolazione e portarla nelle piazze a protestare contro il governo. Ha quindi proposto l’istituzione di un ufficio anagrafico online, dove in forma anonima ogni cittadino potrà denunciare persone sensibili a teorie del complotto e ad ideologie antidemocratiche, in modo che le forze dell’ordine possano intervenire e prevenire un eventuale percorso di auto-radicalizzazione.

Perché appunto, nonostante la popolazione sia preparata dalle parole di Scholz a fare imminenti sacrifici, e nonostante quotidianamente giornali e televisioni dispensino consigli su come risparmiare su energia e consumi, è ben presente il rischio che qualcuno reagisca in maniera irrazionale alle misure emergenziali.

Misure ormai talmente concrete che non hanno neanche più bisogno di una causa, sia essa l’inversione del cambiamento climatico o la sconfitta della dittatura putiniana. L’organo democratico per eccellenza, la Commissione Europea, ha già stabilito che, indipendentemente da manutenzioni, turbine e sanzioni, l’erogazione di gas per il prossimo inverno dovrà essere ridotta del 15%. A questo ci dovremmo essere abituati: più mancano delle cause concrete, più manca una logica, più una decisione acquista legittimità.

***Immagine di copertina da ISPIonline

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