Reportage – Hortus Vini – I Migliori Vini Italiani di Luca Maroni

Reportage – Hortus Vini – I Migliori Vini Italiani di Luca Maroni

Rubrica a cura della giornalista Susanna Schivardi e del sommelier Massimo Casali

Sulla Strada Del Vino, con Massimo Casali, Susanna Schivardi e la giovane Eleonora Casali, oggi vi propone una lunga passeggiata nei viali dell’Orto Botanico di Roma, per raccontare Roma Hortus Vini, I migliori Vini Italiani di Luca Maroni. Quale modo migliore per avvicinarsi agli autoctoni del Vigneto Italia, se non in questi tre giorni dal 17 al 19 giugno, dedicati al Festival dei Vini Italiani, promosso da Luca Maroni stimatissimo degustatore di fama internazionale, che con la sua oratoria e la sua eleganza ci conduce attraverso questi viali ad incontrare aziende e produttori.

Ci siamo lasciati cullare dall’evento, in una location unica al mondo, ritagliata in quella Trastevere nascosta, che timidamente si affaccia sul lungotevere sottraendosi allo schiamazzo della vita notturna per profilarsi sotto linee molto più signorili e discrete.

Arriviamo poco prima del tramonto, quando le ultime luci del giorno sprofondano le loro scintille tra le foglie di alberi secolari o rarissimi esemplari di specie esotiche che qui hanno attecchito miracolosamente, in un microclima che esula da qualsiasi statistica o effetto del cambiamento climatico.

Quindi, finalmente approdati a questa isola del gusto e della bellezza, ci lasciamo subito attirare dai volti amici, ed è così che ci affacciamo allo stand delle Donne in Vigna, nota associazione che abbiamo conosciuto attraverso due belle aziende come Pacchiarotti Vini e Terre di Marfisa, e infatti chi incontriamo?

Proprio Antonella Pacchiarotti che ci fa finalmente degustare il suo amatissimo Matèe annata 2019, ruvido e deciso come la sua produttrice, in linea con le altre espressioni in Aleatico che grazie a lei abbiamo provato. Immancabile Nathalie Clarici che con la sua produzione dell’azienda Terre di Marfisa ci regala un tocco immancabile di qualità e pregio, non possiamo esimerci dall’indugiare con il suo rosato di Sangiovese Anthaia, dalle vivide note floreali e la persistenza al gusto che regala accenni minerali inequivocabilmente legati al terroir. Con Vigne del Patrimonio altra azienda aderente all’associazione ci regaliamo un assaggio di Alarosa, Brut Rosè, da uve Pinot Nero, un vino per ogni momento della giornata, dal naso di fiori e frutti rossi inebriato da un finale di pasticceria, e al gusto morbido e fresco. Davvero incredibile l’abilità di lavorare il Pinot Nero in questa provincia di Viterbo, dove le colline di origine vulcanica da sempre promettono un terroir molto vocato alla viticoltura. 

Un altro banco che attira la nostra attenzione il Consorzio Roma Doc, recentemente scoperto grazie ad una bella intervista ad una delle titolari di Parvus Ager, Alessia Lulli, adesso online https://www.gliscomunicati.it/2022/06/29/parvus-ager-si-racconta-a-sullastradadelvino-rubrica-a-cura-di-massimo-casali-e-susanna-schivardi/. A mescere il vino il nostro caro collega Duilio Papetti, valido collaboratore della Fis, Fondazione Italiana Sommelier, che ci consiglia tre aziende con una bella sfilata di Malvasia Puntinata, Federici e Raffaela Schiavella, e infine Poggio Le Volpi Roma Doc bianco, Malvasia Puntinata in purezza, che Duilio descrive “molto profumato, aromatico, con punte di frutta esotica, minerale e sapido sul finale”.

Un altro volto a noi noto appare all’orizzonte dalla provincia di Treviso, incontriamo Alessandra Vegro Amistani, titolare di Cima del Pomer, uno degli spumanti migliori mai assaggiati nel nostro lungo percorso. Andiamo a conoscere il nuovo nato. Si chiama Ramatodorè, un rosato, spumante fondante integrale. Si distingue grazie ad un bagliore ramato alla visiva, un omaggio deciso ai quattro cavalli di piazza San Marco a Venezia, potenza e forza come in questo vino. Uve Glera e Raboso qui si sposano in una beva coinvolgente, l’affinamento è un Metodo Classico – Ancestrale, quindi con riposo sui lieviti integrali in bottiglia fino alla mescita. Un colore rosa antico ci conquista con riflessi ramati, come dal nome, il perlage si presenta fitto e persistente, al naso un mix vincente di frutti bianchi e rosa, accompagnati da note balsamiche, il sorso è agile e sorretto da sapidità e freschezza, al retrogusto annuiscono note di piccoli frutti rossi come il ribes. A regalare il colore a questo vino ricordiamo che è il Raboso, vitigno a buccia nera dal carattere rabbioso, come indica il nome, e che regala una buona acidità. La Glera, buccia bianca, è invece un’uva profumatissima che concede bella acidità ma anche una notevole freschezza, e si sposa benissimo con il Raboso. 

Andiamo un po’ più in là e troviamo La Piemontina, con il suo giovane enologo, Federico Rinolfi, che ci concede pochi minuti per raccontare quest’azienda di Ghemme che nasce nel 2010, con 15 ettari produttivi e 12 ettari di barbatelle che andranno presto ad incrementare la produzione! Prediligono l’Erbaluce, unico vitigno a bacca bianca, autoctono della zona, come rosso invece la Vespolina in purezza. I vini di stasera sono il Ghemme Nebbiolo in purezza – qui il Nebbiolo nasce da terreni argillosi e compatti che gli donano grande potenza – e il Colline Novaresi rosso che è un blend delle due varietà. Vini figli di grande tradizione, con botte e affinamento in bottiglia, noi assaggiamo il Ghemme, Nebbiolo 2018, si affina per 18 mesi in botte di rovere austriaco, non casuale perché questo rovere ingentilisce la potenza del vino. Profumi primari di frutti rossi, arriva poi il legno vanigliato dolciastro, al gusto elegante e fine.

Scendiamo al sud e incontriamo La Fortezza, di Benevento, con Ilenia Ranauro, responsabile commerciale di Roma, che si presenta con un bel trittico, (in foto) di Aglianico, Falanghina e Piedirosso, tutti in purezza. I due vini rossi aprono subito con caratteristiche organolettiche decise, frutta rossa matura, tannini morbidi al palato, per la Falanghina un giallo paglierino tendente al verdognolo, profumi freschi di agrumi e spiccata acidità, armonico ed equilibrato. Altissimo pregio per uve provenienti da vigne anche di 70 anni, esposizioni che promettono ottimi risultati, precludendo interventi invasivi. Gradi zuccherini, profumi e acidità naturalmente erogati dalle uve in pieno rispetto delle caratteristiche di ciascuna varietà.

Procediamo in direzione nord-est e arriviamo a Teramo, per conoscere una bella azienda, Tenuta Antonini, incuriositi anche dalla parlantina vivace del suo titolare, Alessio Antonini. Sentiamo un po’ che cosa ci racconta. Risultato di un sogno iniziato 100 anni fa, realizzato grazie all’impegno di 4 generazioni di uomini, nel territorio della DOCG Colline Teramane, dove i terroir sono decisamente vocati, regnano vigneti abbracciati dalle brezze del mare e da quelle proveniente dal maestoso Gran Sasso, con belle escursioni termiche. Noi assaggiamo la Passerina ATA, in purezza, dai profumi persistenti, note di frutta tendenti all’agrume. Una buona struttura sostiene questo vino dal sapore pieno e freschezza disinvolta. Passiamo con gioia al Trebbiano, molto profumato e delicato, dal colore giallo scarico. Il top di gamma è però il 24 Carati, dall’etichetta nera e preziosissima, qui siamo in presenza delle migliori uve portate a piena maturazione, cuvée di vigne di 80 anni di Montepulciano e Merlot. Raccolta a mano e selezione, pressatura molto soffice, fermentazione in acciaio. Una parte viene riposta in tonneau di pregiati legni francesi, per 12 mesi e poi 6 mesi in bottiglia. Il colore è rubino intenso, carico ed elegante, abbiamo frutta rossa matura, prugna secca, le spezie che compaiono sul finale insieme a tabacco e vaniglia. Un vino ricco, morbido, corposo. Ci concediamo un sorso finale di rosato, con il Cerasuolo d’Abruzzo, da Montepulciano in purezza, dal colore rosso ciliegia, ampi profumi, marasche e fiori. Morbido ed equilibrato dalla bella persistenza.

Come non terminare la nostra serata al Vigneto Italia, creazione originalissima grazie alla ricerca de L’Università La Sapienza di Roma in partnership con Vivai Cooperativi Rauscedo, che hanno saputo cogliere l’occasione per creare questo spazio esclusivissimo dove hanno sede più di 150 varietà italiane, dalle rispettive 20 regioni del paese, per realizzare qui una vetrina eccezionale da mostrare al pubblico dell’Orto Botanico, una chicca sotto le mura Aureliane che da oltre 2000 anni stanno lì a guardare gli eventi. Al cospetto di questo magnifico anfiteatro, una degustazione ad attenderci, anzi la definiremmo la degustazione della serata con il magnifico Luca Maroni a condurre le danze, per presentare in successione le cinque cantine da premiare con i loro prodotti ritenuti le punte di diamante del panorama vitivinicolo 2022.

Iniziamo proprio con Andrea Biasiotto e il suo prosecco spumante Doc Millesimato Extra Dry, Nonno Luigi, 16 grammi di residuo zuccherino, perlage fine e persistente, all’olfatto note di mela, banana e pesca, e al gusto fresco ed equilibrato, coerente con le qualità territoriali da cui proviene.

Passiamo al Tabano Bianco, dell’azienda Montecappone, dalle colline di Jesi, un Verdicchio di blend di Moscato e Sauvignon Blanc, prevede una permanenza su fecce nobili per 4 mesi, con tecnica della riduzione dal distacco del grappolo fino all’imbottigliamento. Il profumo è intenso di ananas e un leggero vegetale, trasformandosi in bocca in gusto carezzevole di frutta, aromi dalla raccolta tardiva del moscato che resiste al sole e conferisce struttura, sorso felpato e ammiccante da abbinare con piatti di pesce.

Terzo un vino del Lazio e siamo con un marchio di eccellenza Gotto D’Oro, Vinea Domini interessante azienda nel cuore di Marino vicino Roma, colline di natura marnosa e argillosa, di origine vulcanica, regalano ai vini una struttura minerale e freschezza. Stasera abbiamo il Cesanese del Piglio Docg, una varietà complessa ma non complicata. Per ottenere il meglio occorre rispettare una bassa produzione per pianta, una breve macerazione sulle vinacce, in questo caso l’enologo Paolo Peira prevede un affinamento in legno di alcuni mesi per rendere il vino più accattivante, e tra i sentori accanto a visciola e amarena, accenni di lampone, e dopo percepiamo il legno che garantisce note tostate, cacao e spezie. Un bell’olfatto e un punto di frutto interessante lo rendono perfetto con piatti di tradizione ciociara come l’agnello.

Spostiamoci in Piemonte e arriviamo da Antonio Bellicoso per l’omonima azienda, che ci propone la Freisa D’Asti, un vitigno raro dall’acino piccolo e il grappolo lungo e spargolo, autoctono e non facile da allevare. Qui abbiamo un vino complesso, dal tannino pronunciato, un tipico prodotto della zona, con ricchezza di acidità in un vino cordilineo come sottolinea Maroni, sibilante e intenso, dalla carnosità acida. Molto persistente, si allunga in bocca grazie ad una resa molto bassa per ettaro.

Terminiamo la nostra degustazione con Antonio Vanzini, dell’azienda Vanzini dell’Oltrepò Pavese, zona che a guardarla curiosamente ha la forma di un grappolo, e collega il clima mediterraneo della Liguria con quello continentale della Padana. Qui ci sono 33 ettari di vigenti, e circa 30 produttori che conferiscono le loro uve. Assaggiamo Sangue di Giuda Doc, una Bonarda, un vino traditore come dice Luca Maroni, con prima fermentazione in acciaio, filtraggio e poi rifermentazione in autoclave a temperatura e pressione controllata per 15/20 giorni. Un aromatico dolce, che ci regala sentori di mora, fragola e lampone, e alla visiva si presenta con interessanti riflessi bluastri.

Un incontro unico e raro, grazie alla bravura di Luca Maroni che ogni anno propone la degustazione sul prato e che al termine diventa un pretesto per inoltrarsi, in via del tutto eccezionale, tra i filari dei vigneti tutti condotti, ricordiamolo, secondo tecniche di agricoltura biodinamica.

Sulla via del ritorno, tra i riflessi dell’illuminazione a bagnare i vialetti, le piante in ombra a fare l’occhiolino ai passanti, e immersi in una natura rigogliosa quasi dimentica di tutti i patemi dell’umanità, decidiamo di concederci un ultimo bicchiere con il talentuosissimo Vittorio di Lenardo, dal Friuli Venezia Giulia, per un Verduzzo blendato con Riesling che diventa un vino dolce pazzesco, il Verduzzo infatti è una bacca strana dai tannini forti e che si lavora dolce perché secco prenderebbe note troppo amare.

Ci abbandoniamo allo street food perché la fame ha preso il sopravvento e salutiamo ancora una volta questo palcoscenico dalla rara bellezza, mentre la notte avanza, i nostri sensi si adagiano sulle dolci note di una musica soave, quella che solo i veri appassionati possono sentire, la musica del vino.

Di Susanna Schivardi e Massimo Casali. Foto della giovane Eleonora Casali, ricordiamo che all’evento era permesso l’ingresso ai minori, grazie alla brillante idea di organizzare per loro una serie di laboratori e intrattenimento all’interno della location.

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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