Gatti in lockdown a Berlino

Gatti in lockdown a Berlino

Editoriale di Daniel Abbruzzese

Gli ultimi due anni di stato emergenziale ci hanno lasciato in eredità una tendenza alla legiferazione compulsiva, a tratti illogica, e alla normazione di ogni aspetto della vita individuale. Un trend che in Germania si spinge ancora oltre, fino a coinvolgere anche gli animali. Naturalmente a fin di bene…

Gatti, umani e il feticismo per la libertà

Dal 9 giugno, a Berlino è fatto divieto ai gatti non sterilizzati e privi di chip (de facto considerati randagi) di lasciare il proprio appartamento. La misura si è resa necessaria, sostiene l’amministrazione cittadina, per porre freno al drammatico aumento della popolazione di gatti randagi. Le associazioni animaliste, iniziatrici di questa nuova regolamentazione, spiegano in termini più appropriati e attuali: è inevitabile ricorrere a tali misure, affinché i gatti senza padrone non siano più sottoposti a fame, malattie e sofferenze che mal si conciliano con l’obiettivo di proteggere gli esseri viventi.

Non è chiaro chi sarà addetto a controllare i felini inottemperanti alle regole, ma per i proprietari che non sorveglieranno gli animali domestici si profilano sanzioni pecuniarie importanti. Prima che la norma entri in vigore, dunque, si raccomanda ai possessori di procedere quanto prima alla castrazione e alla registrazione dei propri gatti, o di educarli ad andare a passeggio al guinzaglio.

L’amministrazione della capitale segue così l’esempio di altri Bundesländer, dove la legislazione prevede già un obbligo di sterilizzazione e registrazione dei felini tramite microchip. Senza dubbio, i gatti berlinesi hanno vita più facile che altrove: in alcuni centri del Baden-Württemberg vige già da un mese un lockdown totale per tutti i felini, sterilizzati e non, atto a salvaguardare le specie avicole a rischio di estinzione. La misura avrà validità di tre anni e potrà essere prolungata, qualora non si dimostri efficace.

Resta solo da sperare che gli animali tengano a freno, a differenza degli umani, il loro feticismo per la libertà – questo il termine con cui Frank Ulrich Montgomery, presidente del Consiglio dell’Associazione Medica Mondiale, ha recentemente bollato l’insofferenza crescente verso le misure sanitarie. Questo neologismo è quanto mai appropriato: nel momento in cui non è ancora possibile provare l’efficacia di una misura, è necessario spostare il dibattito sul piano dell’etica e della politica.

La valutazione scientifica e l’impazienza della politica

Che i tempi della ricerca scientifica e quelli della politica viaggino su binari diversi è risultato spesso evidente, negli ultimi due anni. Tanto che, in certi momenti, la politica ha dovuto agire d’imperio sui ricercatori e sugli esperti. Alcuni lettori ricorderanno ad esempio di quando, nella primavera del 2020, il ministro degli interni Seehofer invitò diversi esperti ed istituti di ricerca a ritoccare i numeri dei contagi e dei decessi verso l’alto, per giustificare le misure restrittive delle libertà individuali – o, diremmo in termini più attuali, per rendere consapevole la popolazione della drammaticità della situazione. La notizia occupò per qualche settimana le pagine dei quotidiani, per essere poi dimenticata e destituita di fondamento nel corso di qualche talk show.

Proprio i talk show infatti, ancor prima dei giornali e dei social media, sono stati in Germania la scena privilegiata per il confronto fra la politica e la ricerca scientifica: negli studi televisivi si è stabilito che le politiche di contenimento della pandemia fossero d’esempio al resto del mondo, che i vari lockdown non avevano effetti provati sulla psiche di adulti e bambini, che i dubbi di alcuni chimici sulla composizione dei vaccini anti-Covid afferissero al sottobosco del complottismo, che non si fossero prodotti milioni di eventi avversi o decessi correlati al vaccino, come invece sosteneva Andreas Schöfbeck, amministratore di una delle maggiori casse malattia del paese, poi costretto alle dimissioni.

Qui un mio articolo pubblicato di recente: Germania – il giorno della libertà, ovvero: imparare nuove parole senza guardare ai fatti

Ad ogni modo, il profilarsi di nuove ondate pandemiche ha costretto il governo Scholz a prevedere nuove misure per il prossimo autunno. Misure che non possono prescindere da una valutazione dell’efficacia di quanto sperimentato finora. L’incarico di una valutazione scientifica è stato affidato ad un collegio di scienziati, il cui lavoro si sta rivelando molto più difficile di quanto previsto. Uno degli esponenti più in vista del collegio, il virologo Christian Drosten, sicuramente il volto più noto al pubblico televisivo, ha deciso di rinunciare all’incarico pochi giorni fa, sostenendo che i tempi della politica, appunto, non sono quelli della scienza. Per esprimersi in maniera obiettiva sull’efficacia dei lockdown, delle chiusure delle scuole, delle misure di distanziamento e sull’efficacia della campagna vaccinale, servirebbero anni, sostiene il virologo dell’ospedale universitario berlinese Charité. Un giudizio immediato sull’operato dei governi Scholz e Merkel, sembra suggerire Drosten (fra l’altro il principale consulente di entrambi i governi), è dunque possibile su un piano soltanto politico. Ed un giudizio positivo, dunque, dovrà per forza constatare che le azioni della politica sono state mosse da un’etica dell’intenzione, i cui fini sono assolutamente buoni. Dagli schermi della TV e di altri dispositivi sappiamo già  che solo i complottisti possono sostenere il contrario.

Il migliore dei mondi possibili, a cui ognuno contribuisce

Come tutte le estati da due anni a questa parte, la Germania si risveglia in una nuova, inconsueta normalità. Al leitmotiv emergenziale degli anni passati, si è andata ad aggiungere la guerra in Ucraina. Tuttavia, l’aver distinto da subito chi fossero i buoni e chi i cattivi in questo conflitto, così come la consapevolezza di essersi schierati dalla parte giusta della storia, ha contribuito ad esorcizzare la paura che la guerra potesse estendersi all’interno dei confini tedeschi. Certo, essere dalla parte dei buoni significa anche essere pronti a dei sacrifici, che, anche se non serviranno a portare ad una pace duratura, avranno senz’altro effetti positivi sul mondo circostante. E così, prima ancora delle regole che stanno cambiando lentamente il volto delle città (Berlino, ad esempio, dovrebbe essere chiusa al traffico privato entro il 2030), sono piccoli rimandi nella vita quotidiana a ricordare che ogni piccolo gesto implica delle grandi responsabilità nei confronti del pianeta. Ogni prodotto e ogni servizio acquistato reca un marchio di “neutralità climatica”: scopriamo così che anche una bottiglietta di shampoo o un furgoncino frigorifero possono essere un piccolo passo verso una radicale riduzione dell’impatto umano sulla Terra, almeno in base ai valori fissati dagli accordi di Parigi (e quindi consacrati dai grandi della politica internazionale).

Inoltre, da inizio maggio ogni proprietario di immobili è tenuto a misurare i consumi degli affittuari, tramite apparecchi installati su radiatori e condotte dell’acqua, in modo tale che l’affittuario possa apprezzare la differenza fra i suoi consumi e quelli dell’utente modello. Su quale sia il comportamento di questo consumatore perfetto si viene informati dai giornali e dai pamphlet, distribuiti dagli stessi fornitori di acqua, luce e gas: pubblicazioni ricche di consigli su come aggiornare il proprio stile di vita al momento attuale, dal risparmio energetico fino alla produzione domestica di latte d’avena e altri generi di sussistenza.

Non c’è dubbio che ogni utente apprenderà definitivamente come ridurre i consumi entro la fine dell’anno. Gli automobilisti hanno già imparato in anticipo la lezione di quanto costi un mondo migliore, grazie agli aumenti dei prezzi del carburante. Anche lo sconto di 30 centesimi al litro, varato dal governo dieci giorni fa, è stato subito annullato dalle speculazioni delle aziende petrolifere e dai conflitti interni alla maggioranza di governo. Ma perlomeno si potrà viaggiare per l’estate in tutta la Germania con un biglietto del costo di 9 euro, utilizzando treni regionali e trasporto locale: una generosa mossa del governo, talmente inaspettata da far intuire sacrifici ancora più grandi che si profilano all’orizzonte.

Ancora sui gatti e sugli umani

La coscienza [dei gatti] è divisa. Non c’è altro animale che sia capace di ambivalenza, di quell’ambigua controcorrente di sentimento per cui un gatto, mentre vi fa le fusa, vi affonda simultaneamente i denti nel braccio a mo’ di avvertimento. L’ambigua doppia natura del gatto è drammatizzata nei suoi imprevedibili sbalzi d’umore, bruschi passaggi dal torpore al furore con cui tiene a freno la nostra avventatezza: ‘Non avvicinarti. Non mi si potrà mai conoscere’. La venerazione dell’Egitto per i gatti non era dunque né sciocca né infantile. Attraverso il gatto l’Egitto definiva e perfezionava la sua complessa estetica. Il gatto era il simbolo di quella fusione di ctonio e apollineo che non fu conseguita da nessun’altra cultura”. [Camille Paglia, Sexual Personae, 1990]

La contraddizione che Camille Paglia, nel suo Sexual Personae, saggiodel 1990, evidenziava tra ctonio e apollineo, potrebbe apparirci come ormai definitivamente superata. Per usare i termini della storica della cultura italo-americana, l’occhio apollineo sembrerebbe essere arrivato a penetrare ogni elemento della realtà, riportando ogni fenomeno presente e futuro ad una rappresentazione dall’esattezza matematica. Ma, come avvertiva nello stesso saggio, i momenti storici in cui l’apollineo assume il controllo completo della ragione sul mondo esterno, già contengono in sé la prossima devastante esplosione del dionisiaco e dell’irrazionale. E, per quanto un coro unanime di Pangloss non faccia che ripeterci che la storia è lineare e, grazie alla tecnica e alla scienza, ci troveremmo ad un vertice, che ci permette di disporre in maniera matematica del nostro futuro, è difficile credere che questa volta ci sottrarremo al trionfo dello ctonio.

Editoriale di Daniel Abbruzzese

Gli ultimi due anni di stato emergenziale ci hanno lasciato in eredità una tendenza alla legiferazione compulsiva, a tratti illogica, e alla normazione di ogni aspetto della vita individuale. Un trend che in Germania si spinge ancora oltre, fino a coinvolgere anche gli animali. Naturalmente a fin di bene…

Gatti, umani e il feticismo per la libertà

Dal 9 giugno, a Berlino è fatto divieto ai gatti non sterilizzati e privi di chip (de facto considerati randagi) di lasciare il proprio appartamento. La misura si è resa necessaria, sostiene l’amministrazione cittadina, per porre freno al drammatico aumento della popolazione di gatti randagi. Le associazioni animaliste, iniziatrici di questa nuova regolamentazione, spiegano in termini più appropriati e attuali: è inevitabile ricorrere a tali misure, affinché i gatti senza padrone non siano più sottoposti a fame, malattie e sofferenze che mal si conciliano con l’obiettivo di proteggere gli esseri viventi.

Non è chiaro chi sarà addetto a controllare i felini inottemperanti alle regole, ma per i proprietari che non sorveglieranno gli animali domestici si profilano sanzioni pecuniarie importanti. Prima che la norma entri in vigore, dunque, si raccomanda ai possessori di procedere quanto prima alla castrazione e alla registrazione dei propri gatti, o di educarli ad andare a passeggio al guinzaglio.

L’amministrazione della capitale segue così l’esempio di altri Bundesländer, dove la legislazione prevede già un obbligo di sterilizzazione e registrazione dei felini tramite microchip. Senza dubbio, i gatti berlinesi hanno vita più facile che altrove: in alcuni centri del Baden-Württemberg vige già da un mese un lockdown totale per tutti i felini, sterilizzati e non, atto a salvaguardare le specie avicole a rischio di estinzione. La misura avrà validità di tre anni e potrà essere prolungata, qualora non si dimostri efficace.

Resta solo da sperare che gli animali tengano a freno, a differenza degli umani, il loro feticismo per la libertà – questo il termine con cui Frank Ulrich Montgomery, presidente del Consiglio dell’Associazione Medica Mondiale, ha recentemente bollato l’insofferenza crescente verso le misure sanitarie. Questo neologismo è quanto mai appropriato: nel momento in cui non è ancora possibile provare l’efficacia di una misura, è necessario spostare il dibattito sul piano dell’etica e della politica.

La valutazione scientifica e l’impazienza della politica

Che i tempi della ricerca scientifica e quelli della politica viaggino su binari diversi è risultato spesso evidente, negli ultimi due anni. Tanto che, in certi momenti, la politica ha dovuto agire d’imperio sui ricercatori e sugli esperti. Alcuni lettori ricorderanno ad esempio di quando, nella primavera del 2020, il ministro degli interni Seehofer invitò diversi esperti ed istituti di ricerca a ritoccare i numeri dei contagi e dei decessi verso l’alto, per giustificare le misure restrittive delle libertà individuali – o, diremmo in termini più attuali, per rendere consapevole la popolazione della drammaticità della situazione. La notizia occupò per qualche settimana le pagine dei quotidiani, per essere poi dimenticata e destituita di fondamento nel corso di qualche talk show.

Proprio i talk show infatti, ancor prima dei giornali e dei social media, sono stati in Germania la scena privilegiata per il confronto fra la politica e la ricerca scientifica: negli studi televisivi si è stabilito che le politiche di contenimento della pandemia fossero d’esempio al resto del mondo, che i vari lockdown non avevano effetti provati sulla psiche di adulti e bambini, che i dubbi di alcuni chimici sulla composizione dei vaccini anti-Covid afferissero al sottobosco del complottismo, che non si fossero prodotti milioni di eventi avversi o decessi correlati al vaccino, come invece sosteneva Andreas Schöfbeck, amministratore di una delle maggiori casse malattia del paese, poi costretto alle dimissioni.

Qui un mio articolo pubblicato di recente: Germania – il giorno della libertà, ovvero: imparare nuove parole senza guardare ai fatti

Ad ogni modo, il profilarsi di nuove ondate pandemiche ha costretto il governo Scholz a prevedere nuove misure per il prossimo autunno. Misure che non possono prescindere da una valutazione dell’efficacia di quanto sperimentato finora. L’incarico di una valutazione scientifica è stato affidato ad un collegio di scienziati, il cui lavoro si sta rivelando molto più difficile di quanto previsto. Uno degli esponenti più in vista del collegio, il virologo Christian Drosten, sicuramente il volto più noto al pubblico televisivo, ha deciso di rinunciare all’incarico pochi giorni fa, sostenendo che i tempi della politica, appunto, non sono quelli della scienza. Per esprimersi in maniera obiettiva sull’efficacia dei lockdown, delle chiusure delle scuole, delle misure di distanziamento e sull’efficacia della campagna vaccinale, servirebbero anni, sostiene il virologo dell’ospedale universitario berlinese Charité. Un giudizio immediato sull’operato dei governi Scholz e Merkel, sembra suggerire Drosten (fra l’altro il principale consulente di entrambi i governi), è dunque possibile su un piano soltanto politico. Ed un giudizio positivo, dunque, dovrà per forza constatare che le azioni della politica sono state mosse da un’etica dell’intenzione, i cui fini sono assolutamente buoni. Dagli schermi della TV e di altri dispositivi sappiamo già  che solo i complottisti possono sostenere il contrario.

Il migliore dei mondi possibili, a cui ognuno contribuisce

Come tutte le estati da due anni a questa parte, la Germania si risveglia in una nuova, inconsueta normalità. Al leitmotiv emergenziale degli anni passati, si è andata ad aggiungere la guerra in Ucraina. Tuttavia, l’aver distinto da subito chi fossero i buoni e chi i cattivi in questo conflitto, così come la consapevolezza di essersi schierati dalla parte giusta della storia, ha contribuito ad esorcizzare la paura che la guerra potesse estendersi all’interno dei confini tedeschi. Certo, essere dalla parte dei buoni significa anche essere pronti a dei sacrifici, che, anche se non serviranno a portare ad una pace duratura, avranno senz’altro effetti positivi sul mondo circostante. E così, prima ancora delle regole che stanno cambiando lentamente il volto delle città (Berlino, ad esempio, dovrebbe essere chiusa al traffico privato entro il 2030), sono piccoli rimandi nella vita quotidiana a ricordare che ogni piccolo gesto implica delle grandi responsabilità nei confronti del pianeta. Ogni prodotto e ogni servizio acquistato reca un marchio di “neutralità climatica”: scopriamo così che anche una bottiglietta di shampoo o un furgoncino frigorifero possono essere un piccolo passo verso una radicale riduzione dell’impatto umano sulla Terra, almeno in base ai valori fissati dagli accordi di Parigi (e quindi consacrati dai grandi della politica internazionale).

Inoltre, da inizio maggio ogni proprietario di immobili è tenuto a misurare i consumi degli affittuari, tramite apparecchi installati su radiatori e condotte dell’acqua, in modo tale che l’affittuario possa apprezzare la differenza fra i suoi consumi e quelli dell’utente modello. Su quale sia il comportamento di questo consumatore perfetto si viene informati dai giornali e dai pamphlet, distribuiti dagli stessi fornitori di acqua, luce e gas: pubblicazioni ricche di consigli su come aggiornare il proprio stile di vita al momento attuale, dal risparmio energetico fino alla produzione domestica di latte d’avena e altri generi di sussistenza.

Non c’è dubbio che ogni utente apprenderà definitivamente come ridurre i consumi entro la fine dell’anno. Gli automobilisti hanno già imparato in anticipo la lezione di quanto costi un mondo migliore, grazie agli aumenti dei prezzi del carburante. Anche lo sconto di 30 centesimi al litro, varato dal governo dieci giorni fa, è stato subito annullato dalle speculazioni delle aziende petrolifere e dai conflitti interni alla maggioranza di governo. Ma perlomeno si potrà viaggiare per l’estate in tutta la Germania con un biglietto del costo di 9 euro, utilizzando treni regionali e trasporto locale: una generosa mossa del governo, talmente inaspettata da far intuire sacrifici ancora più grandi che si profilano all’orizzonte.

Ancora sui gatti e sugli umani

La coscienza [dei gatti] è divisa. Non c’è altro animale che sia capace di ambivalenza, di quell’ambigua controcorrente di sentimento per cui un gatto, mentre vi fa le fusa, vi affonda simultaneamente i denti nel braccio a mo’ di avvertimento. L’ambigua doppia natura del gatto è drammatizzata nei suoi imprevedibili sbalzi d’umore, bruschi passaggi dal torpore al furore con cui tiene a freno la nostra avventatezza: ‘Non avvicinarti. Non mi si potrà mai conoscere’. La venerazione dell’Egitto per i gatti non era dunque né sciocca né infantile. Attraverso il gatto l’Egitto definiva e perfezionava la sua complessa estetica. Il gatto era il simbolo di quella fusione di ctonio e apollineo che non fu conseguita da nessun’altra cultura”. [Camille Paglia, Sexual Personae, 1990]

La contraddizione che Camille Paglia, nel suo Sexual Personae, saggiodel 1990, evidenziava tra ctonio e apollineo, potrebbe apparirci come ormai definitivamente superata. Per usare i termini della storica della cultura italo-americana, l’occhio apollineo sembrerebbe essere arrivato a penetrare ogni elemento della realtà, riportando ogni fenomeno presente e futuro ad una rappresentazione dall’esattezza matematica. Ma, come avvertiva nello stesso saggio, i momenti storici in cui l’apollineo assume il controllo completo della ragione sul mondo esterno, già contengono in sé la prossima devastante esplosione del dionisiaco e dell’irrazionale. E, per quanto un coro unanime di Pangloss non faccia che ripeterci che la storia è lineare e, grazie alla tecnica e alla scienza, ci troveremmo ad un vertice, che ci permette di disporre in maniera matematica del nostro futuro, è difficile credere che questa volta ci sottrarremo al trionfo dello ctonio.

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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