Rubrica a cura della giornalista Susanna Schivardi e del sommelier Massimo Casali
Un evento di grandissima risonanza, come del resto tutti quelli organizzati dalla Fis, Fondazione Italiana Sommelier, davvero l’unico organo capace di assicurare una preparazione e una didattica ai futuri sommelier, senza pari. Nell’elegantissima sede della Fondazione, Rome Cavalieri Walford Astoria di Roma, il 6 maggio ha avuto luogo questa degustazione con banchi di assaggio che ci ha aperto le porte a prodotti di superba qualità.
Massimo Casali in veste di sommelier, con un gruppo rigoroso e competente, a partire dal capo gruppo servizi Lino Ciccarelli e la talentuosa Debora Pastano, ci ha regalato l’opportunità di avvicinare il palato ai vini del Cilento, dove territori vocatissimi principalmente del sud della Campania, si dividono in ben cinque disciplinari diversi, Costa D’Amalfi D.O.P., Colli di Salerno I.G.P., Castel San Lorenzo D.O.P., Paestum I.G.P. e Cilento D.O.P. La provincia di Salerno è una zona viticola dalle peculiarità inconfondibili, dal terroir ogni volta diverso e caratteristico di ciascun comprensorio, dove i vitigni si esprimono in maniera particolare, sotto però l’egida di una tradizione fortemente contadina e legata alla terra.
Il Consorzio nasce nel 2012 ed è un organismo nazionale di tutela e valorizzazione vitivinicola, opera una diffusione capillare della cultura legata al vino prodotto in questa zona, vantando il sostegno e la partecipazione di ben 82 soci certificatori.
Presente all’evento il vice-presidente Mario Mazzitelli che ci ha concesso una lunga intervista di cui indichiamo il link per l’ascolto in versione integrale.
Passiamo però agli assaggi, perché i banchi ci attendono e le aziende sono numerose. Il nostro viaggio di oggi attraverso una terra affascinante e rigogliosa come la Campania, inizia con l’azienda agricola Aita, dal nome della titolare Alessandra Aita che abbiamo intervistato e ci ha con gioia raccontato la sua storia. “Questa avventura nasce con mio papà, quando nel 2009 mi innamoro di un terreno bellissimo e incolto di 15 ha, presso la località Campagna, dove nel 2013, dopo una serie di bonifiche facciamo il primo impianto”. Lei agronoma e ricca di una tradizione contadina alle spalle, decide di mettere su questa azienda dal nulla, puntando tutto sui vitigni che oggi sono protagonisti, Fiano e Aglianico. “Il nostro terreno, incastonato nella Piana del Sele, è alluvionale e pietroso, caratteristiche che donano ai vini grande personalità”. Attenzione maniacale alle etichette, che ci ricordano quelle dell’azienda San Salvatore, presente anch’essa all’evento e con la quale Aita condivide il grafico. “Il vino si beve anche con gli occhi” afferma Alessandra e non le diamo torto perché le grafiche delle etichette sono davvero belle. Un sasso per raccontare la storia, un pesce, per ricordare che qui un tempo c’era il mare, un bufalo per indicare le numerose mandrie che percorrono il territorio. Anche una foglia di quercia perché i boschi qui sono ricchi e rigogliosi, nell’ottica di un rispetto primario per la varietà del territorio. I colori mediterranei racchiudono un messaggio unanime. Assaggiamo il Pariti 2020, Aglianico blendato con Merlot, il nome è della località dove viene prodotto. Un vino giovane che presenta un rosso rubino intenso, passato per solo acciaio, al naso uno sciabordio di vaniglia, poi balsamico in bocca, le spezie, la prugna che intriga. Ci convince senza esitazioni.
Passiamo ad Albamarina, di Mario Notaroberto, contadino (come da biglietto da visita). Un uomo che a 55 anni ha deciso di cambiare vita e così creare questa azienda dal nome suggestivo, come un’alba di una nuova vita e il vitigno che si affaccia sul mare su un terroir prevalentemente argilloso da cui prende tutti i sentori. Valmezzana 2021, Fiano in purezza. Alla visiva giallo paglierino di sgargiante luminosità, al naso un leggero lime, un erbaceo gentile, e molto minerale! La brezza arriva dal naso alla bocca, dove percepiamo un’esplosione di agrume, un cedro e sul finale una nota gessosa, come ci fa notare l’abilissima sommelier.
Rossella Cicalese, azienda dell’omonima Rossella Cicalese, racconta di “raccogliere ancora a mano un grappolo alla volta, le sue uve nelle vigne di proprietà ad Eboli e Perdifumo, dove il sole e il mare sono protagonisti tutto l’anno”. Ci incuriosisce il Fluminé, 2021, Fiano in purezza, che si presenta con un colore giallo intenso, quasi verdolino. Al naso note fresche agrumate ci spiazzano, mentre alla gustativa un ingresso morbido, un incedere verso un’acidità molto piacevole. Lungo e pulito sul finale. Classico Fiano fresco da abbinare a piatti di pesce eleganti e sobri.
Dal bianco passiamo al rosato, e precisamente Antea, dal nome greco che indica fiore. Siamo con l’azienda agricola Cerrella di Loredana Matrone, a San Cipriano Picentino, una posizione felice sulle colline che affacciano proprio sul Golfo di Salerno. Antea 2021, Aglianico in purezza, è di un affascinante rosa antico alla visiva, per un tratto olfattivo fresco e minerale, è già estate. In bocca avvertiamo un bisbiglio di salvia, per poi adagiarsi su fiori mediterranei, sul finale una rosa. Un retrogusto parzialmente floreale e apertamente proteso alle piante officinali. Per poi ripiegarsi su aromaticità bilanciata da una degna freschezza.
Tra le etichette, per design e innovazione, che più ci hanno affascinato, ricordiamo Cantine Barone, azienda agricola vitivinicola fondata nel 2004 da Giuseppe di Fiore, Francesco Barone e Perrella. Attirati da questi tratti grafici profondamente identitari, veniamo a sapere che l’azienda sorge su un terreno indomito, che ripaga però con grande generosità, per Fiano e Aglianico di grande spessore. Esploriamo i prodotti in una mini-verticale, con Vignolella 2020 Fiano in purezza, aderente al vitigno, quindi color giallo paglierino, fresco come ci aspettiamo, fresco, molto verticale ed esatto. Rimaniamo soddisfatti dal Mater 2019, Fiano in purezza, che però veste un abito diverso, con passaggio in tonneau di roveri nuovi. Uve surmature e graticci gli regalano un giallo dorato carico, al naso molto profumato con sentore deciso di fichi secchi, sostanzioso nel carattere, l’acidità che si sposa con una morbidezza più accentuata del precedente, la complessa pettinatura del finale gli conferisce una personalità di riguardo, con nota di fumé in chiusura.
Con l’azienda Colle del Corsicano siamo a Castellabate, immersi nella vera macchia mediterranea, dove da quattro generazioni si coltivano vigneti e ulivi secolari, per quella che oggi è un’azienda di 10 ha, distesa su un areale suggestivo di tradizione leggendaria legata alle vicende omeriche, tanto da chiamare il bianco di uve Fiano Licosa dal termine greco leukos che significa bianco. Degustiamo il rosato, Furano 2021, ottenuto dalla vinificazione in bianco di uve Aglianico, giovane, fresco, schietto. Il rosa acceso agli occhi e al naso una preziosa mineralità, una scia di petali di rosa, e una frutta rossa sussurrata. In bocca, il sottobosco mediterraneo si sposa con un’avvolgente persistenza che svela note agrumate interessanti.
Polito Viticoltori, azienda di grande qualità ad Agropoli, dove 10 ha di terreno vengono ben strutturati da filari di Aglianico e Fiano Dop Cilento, in una cantina appena ristrutturata e funzionale alle nuove esigenze di una grande produzione. La filosofia vincente di Vincenzo e del figlio Carlo, esperti in enologia, conduce l’azienda con grandi risultati e bei riconoscimenti. Oggi ci avviciniamo al Saracé 2021, Fiano in purezza, molto classico all’olfattiva e al gusto, tuttavia un tratto distintivo di frutta bianca al naso, e poi in bocca un erbaceo garbato, una sapidità che guida verso una persistenza notevole che promette bella maturazione nel tempo.
Kratos 2021, Fiano in purezza, ci conduce nel meraviglioso mondo dell’azienda Luigi Maffini, accolta in un Cilento dalle dolci colline alternate alle tipiche rocce del Flysch, un paesaggio aspro e selvaggio, che corrisponde ai vini oggi in degustazione. Il nome Kratos, forza in greco, regala già tutta una suggestione, nella visiva, dal colore giallo paglierino intenso, per regalare al naso un preludio di frutta esotica, sentori di miele, carezzevole al gusto, un finale morbido di frutta estiva. Ma è quando passiamo a Pietra Incatenata, 2020, Fiano, con i suoi ragguardevoli 14,5% che davvero arriviamo in Cilento, fustigato dalle brezze e testimone di antichi fasti, un passaggio di quattro mesi in barriques lo agghindano di sontuosità, vino sofisticato, molto complesso, dal colore giallo intenso, si concede un preludio di frutta esotica con accenni di canditi, in bocca si erge con la sua importanza, l’impronta di mandorla tostata, un sipario di fiori di campo, erbaceo sul finale. Un monumento.
Casula Vinaria di Fiorello Iuorio si racconta con il suo Melodia 2020, Fiano in purezza, un vino dalla bella corrispondenza tra gusto e olfatto, giallo scarico tendente al verdolino, caratterizzato da freschezza dirompente e sapidità sinuosa, data dall’esposizione dei vigneti a 200-400 metri s.l.m., al naso intenso si concede al gusto una frutta mediterranea, pero, lime, mandarino. Si chiude con una bella mineralità, per concedersi ad una beva facile e giocosa.
Dopo la bella chiacchierata con il vice-presidente Mario Mazzitelli, ci concediamo due calici dell’azienda Lunarossavini, di cui è enologo e titolare, presente nella provincia di Salerno, e testimone di tradizione e audacia innovativa, come andremo a scoprire. Ci avviciniamo subito a Costacielo, 2020, Fiano, figlio di breve contatto con le bucce, attraversa un affinamento in anfora, e alla visiva è giallo paglierino verso il dorato. La sommelier ci fa giustamente notare una nota di terriccio, una deriva grezza che ricorda la pietra, e al gusto una nocciola che ci regala un breve passaggio di fumé. Grandissima personalità diretta espressione del terreno. Così dal 2020 passiamo al 2019, Quartara sempre Fiano in purezza, macerato lungamente sulle bucce, fermentato in anfora interrata non smaltata come fa giustamente notare il titolare, e poi un affinamento in botte grande per 12 mesi.
Innegabile il giallo dorato, qui si sente la presenza della botte grazie all’eleganza del miele e al tenace tocco di frutta tostata. Si chiude con un gusto corposo, strutturato. Da abbinare a piatti molto succulenti. Potremmo quasi definirlo un rosso travestito da bianco.
Tra i pochi rossi degustati, dopo il primo di Aita, ci soffermiamo su un interessante blend di Aglianico, Cabernet Sauvignon e Merlot, dell’azienda Montevetrano, di Silvia Imparato. Il Montevetrano è prodotto da uve dell’azienda e imbottigliato in tenuta, vino molto riconoscibile come il territorio da cui nasce. Il 2019 si caratterizza dal colore intenso, dall’olfattiva elegante, al gusto molto persistente, su un palcoscenico di ciliegia, amarena e ribes. Giovane con una bella spalla acida, si fa 12 mesi in barrique e 6 mesi di bottiglia. Promette longevità.
Tra i giovani produttori una menzione merita Domenico Coppola, titolare dell’azienda agricola biologica Villa Lupara, che produce solo vini naturali, una linea chiamata Il Puro. Alle porte della costiera amalfitana, dove un microclima ideale conferisce alle uve caratteristiche eccellenti, il nettare risulta dalla lavorazione in bio certificata, senza aggiunta di solfiti in ogni fase della lavorazione. Il giovane Domenico porta avanti questa filosofia da solo senza l’aiuto di enologo o agronomo, ricoprendo lui in autonomia ogni step decisionale, dalle vigne alla cantina.
I suoi vini con etichette contemporanee e stilizzate, molto accattivanti, ci regalano parecchie sorprese. Iniziamo con una Falanghina 2018, il White, che come abbiamo detto non consente alcun intervento durante la fermentazione, inizia con una macerazione per 10 giorni, con aggiunta di taglio di Trebbiano e Malvasia, prevedendo anche due raccolte diverse in vendemmia. Il tutto conferisce al vino un colore tipicamente torbido perché non filtrato, dalle caratteristiche decise, tendenti alla leggerezza, e nonostante una netta spinta acida, il vino risulta equilibrato, da abbinare anche a piatti di carne. Il secondo che assaggiamo è il Black 2021, Merlot e Aglianico, che uniscono la facilità del primo e la complessità del secondo vitigno, andando però a costruire grazie al Merlot, un bel vino beverino.
Terminiamo con un Aglianico 2018, in purezza, che prevede sei giorni di macerazione e otto mesi di tonneau di rovere francese e un paziente affinamento. Risulta elegante, di corpo, un vino dalla grande struttura e complessità che promette una spiccata longevità.
Per finire questo viaggio interminabile e magnifico nella terra del Cilento andiamo a conoscere l’azienda Donna Clara, una realtà che racchiude in sé tutta la passione, l’ardimento, il coraggio e l’amore per questa terra rigogliosa e meritevole. Sogno o follia che dir si voglia di Orazio Parlati che, reduce di una tradizione legata alla terra grazie al padre notaio già proprietario di ben 120 ettari diversificati, nel 2005 smette di fare il medico e si dedica alla produzione di vino di qualità, con passione pianta i vigneti in un luogo definito inaccessibile, all’interno del Parco Nazionale del Cilento, ci mette ben sette anni per trasformare “il crinale meglio esposto al sole e protetto dalle intemperie in un ordinato e rigoglioso vigneto”.
Da qui una produzione che oggi viene seguita con estrema attenzione da Vincenzo Parlati, titolare dell’azienda che porta avanti con sua moglie Francesca Cicione, e la viva collaborazione dei cognati, che non da ultimi hanno dato vita ad una serie di etichette dal tratto originale e talentuoso. Una serie di immagini costruite sull’ondulamento delle onde marine, a seconda del vigneto, onde in movimento per Aglianico o piatte per la Riserva, per esprimere la concettualità del vino da meditazione. Per questo ultimo banco di assaggio ci concediamo ben quattro vini, partendo dal rosato, un esordio, di Aglianico e Cabernet, il Ronnorà, dedicato al papà Don Orazio. Un vino che richiede la lavorazione di due masse in bianco, per un blend che sfocia in un risultato dai sentori di melograno, sussulto di fragola, segue con disinvoltura frutta rossa fresca. Un vino non impegnativo da antipasto con formaggi bianchi e morbidi.
Passiamo al Pante 2021, Fiano con alcolicità al 13,5%. Il nome che richiama il greco pas, il tutto, per un vino che vive di una lavorazione su due masse, quella che rimane sulle bucce prevede una parte di botte e una di acciaio, per poi confluire di nuovo e passare per un bell’affinamento in bottiglia. I bianchi di questa zona godono di un’esposizione ad un terroir molto condizionato dal mare che un tempo abitava qui, ricco di quei fossili che adesso sono ricordo ma anche sostanza, e quindi il Fiano diventa rotondo, da abbinare ad una zuppa di pesce, spaghetto in bianco o formaggi medio stagionati.
Con i rossi ci imbattiamo in un blend di Aglianico, Merlot e Cabernet Sauvignon, il Parmenide 2020, chiamato così in omaggio alla scuola Eleatica che qui ebbe origine. Tutto acciaio per questo vino dal taglio bordolese, setoso al palato, e magicamente rotondo. Il Merlot smussando la spigolosità dell’Aglianico lo rende un vino ruffiano. Con la Riserva Aglianico 2015 arriviamo alla pace dei sensi, la meditazione, la pausa serale, un Aglianico con botte di primo passaggio e affinamento in bottiglia. Un rosso dalla spiccata personalità, ideale anche con piatti di carne strutturati, cacciagione e formaggi stagionati.
Ci scusiamo per le altre aziende del Consorzio che non abbiamo nominato ma il tempo a nostra disposizione è stato tiranno, non mancherà occasione per altri incontri o anche interviste dirette ai titolari delle aziende che vorranno usufruire della visibilità attraverso i nostri canali.
Grazie ancora alla Fondazione Italiana Sommelier, e al presidente Franco Maria Ricci, promotore e divulgatore della cultura del vino.
A cura di Massimo Casali e Susanna per Sullastradadelvino
***foto e video originali di Susanna Schivardi
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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