Non colpevolizziamoci!

Non colpevolizziamoci!

Rubrica settimanale a cura del dottor Claudio Rao, giornalista e pedagogista clinico

Continuiamo la nostra rubrica di consigli per aiutarci a tutelarci meglio dai tentativi di manipolazione.  In questo articolo, riflettiamo sul senso di colpa e sugli atteggiamenti più congrui e da attivare.

« La colpevolezza è una sensazione irrazionale, la sensazione di essere responsabile di tutti i mali del mondo» (Antonio Tabucchi).

Precisiamo subito che il senso di colpa è un riflesso normale e tutto sommato sano della nostra psiche. Segno di un senso di responsabilità e di valori etici che orientano la nostra vita. Denominatore comune di ogni collettività civile e religiosa.

Il senso di colpa ci è perfino utile a ricordarci i nostri impegni e stimolarci nell’esercizio dei nostri doveri e del nostro lavoro. Paradossalmente, dovremmo allarmarci di non possederlo! È il caso di molti manipolatori, incapaci di empatia, totalmente impermeabili alle sofferenze altrui. Spesso nei tribunali osserviamo accusati che negano convintamente i fatti o che ne addossano la responsabilità a un qualche capro espiatorio. Arrivando perfino, in certi casi, ad accusare preventivamente altri dei loro misfatti.

Vi sono invece persone per cui il senso di colpa, la sensazione di colpevolezza diventa cronica, costituendo un reale problema nella loro evoluzione personale o sociale. Questo può essere la conseguenza dell’educazione ricevuta o di un evento traumatuico, ma anche di una lunga manipolazione insidiosa da parte di qualcuno avente una certa influenza sulla loro personalità. Costoro, sentendosi perennemente “in difetto”, si credono in dovere di dedicare parecchio tempo ad attività ininteressanti vòlte a liberarli da questo senso di colpa permanente.

Una colpevolezza, intendiamoci, che può essere ingenerata da avvenimenti reali. Ci sarà senz’altro capitato di sentire frasi del tipo: « Dopo il nostro divorzio, ho l’impressione di privare i miei figli del loro padre »,  « So che mia madre si annoia terribilmente in quella RSA », « Quando rientro a casa non ho più la minima energia per dedicarmi ai miei figli ».

La colpevolezza genera stress e comportamenti sacrificali. Un’autentica manna per i manipolatori! Consiglio chiave è dunque quello di imparare a “tollerare” (integrare in una certa misura) il proprio senso di colpa. È il primo passo, la prima strategia da adottare per non cadere nel tranello dei manipolatori e ritrovare un minimo di autostima.

L’individuo manipolatore infatti ha tendenza ad attribuire alla sua vittima una responsabilità eccessiva per provocarne la colpevolezza. E spingerla ad attivarsi per rimediare, in qualche misura.

Lucie, mamma trentenne (cliente di un collega psicoterapeuta) lamentava: « Il mio ex marito ha giocato terribilmente sul mio senso di colpa dicendomi che privavo i nostri figli della figura paterna, che avrei dovuto fare qualche sforzo in più, che avevo la possibilità di evitarci il divorzio. Però questo non mi era possibile! Non era vero che tutto dipendesse da me. Anche se avessi voluto, una relazione si costruisce insieme e non può uno solo dei due, da solo, portare il peso e la responsabilità del fallimento della coppia! »

Lucie aveva capito che la condivisione simbolica delle responsabilità era l’unico modo di rendersi tollerabile la sensazione di colpevolezza che la tormentava.

Certo, sono cosciente che in molte situazioni il senso di colpa non si possa contenere così facilmente. In questi casi è indispensabile trovare una soluzione per progredire. Il suggerimento è dunque quello di non negare la propria responsabilità, ma – al contrario – di accettarla. Solo così riusciremo a differenziare più chiaramente in noi stessi la colpevolezza che percepiamo e le azioni concrete che possiamo effettivamente fare per attenuarla.

Questo tuttavia non significa fare qualunque cosa, ma poter prendere con forza le distanze dal nostro interlocutore : « Sì, è vero e me ne sento responsabile. Anche coplevole; ma non farò ciò che mi chiedi perchè non rispecchia nè la mia volontà nè i miei valori ».

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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