Di Federico Maselli
Rette universitarie salatissime a causa dei costi ingestibili per le telematiche, per le quali si applicheranno le stesse tabelle per numerosità standard di studenti iscrivibili all’anno, già in vigore per le università convenzionali. Tante le criticità emerse dal Decreto Ministeriale n.1154 e il relativo Decreto Direttoriale 2711/2021 del Ministero dell’Università che, stabilendo un aumento del personale docente in relazione alla numerosità di studenti, danneggia di fatto il sistema degli atenei telematici. Un’altra beffa a pochi giorni di distanza dalla loro esclusione ai fondi stanziati con il protocollo d’intesa “PA 100 e lode” firmato dai ministeri della Pubblica Amministrazione e dell’Università a vantaggio dei soli atenei iscritti alla CRUI.
Secondo le prime stime dell’Università Cusano, la necessaria assunzione di altri professori per singolo corso di laurea porterebbe a un costo studente fra gli 8.500 e gli 11.000 euro con pesanti ricadute: le rette universitarie passerebbero dagli attuali 3.000-4.000 euro (costo di per sé già più basso rispetto al solo contributo statale offerto agli atenei in presenza) agli oltre 16.000 con punte fino a 20.000 euro.
Le telematiche, infatti, hanno un costo medio unitario di formazione per studente in corso minore al contributo che lo Stato dà alle università convenzionali statali, in media pari a 7.500 euro (DM 1015 del 4/8/2021). Allo stesso tempo, agli atenei online non è garantita la stessa modalità di accesso ai fondi statali delle università tradizionali. E questo nonostante siano riconosciute a tutti gli effetti dal ministero dell’Università e della Ricerca. A loro viene riconosciuto un contributo proporzionalmente irrisorio rispetto agli oltre 8 miliardi di euro che lo Stato, invece, elargisce agli atenei in presenza, statali e privati, facenti parte della CRUI.
Tutto questo si rifletterà, dunque, su un esborso enorme richiesto agli studenti, molti dei quali iscritti a una telematica in cerca di una laurea perché già lavoratore – e quindi con tempi difficili da gestire in presenza – o di un master per crearsi solide basi e un’ottima preparazione specialistica. Questi importi, problematici da sostenere, si tradurrebbero inevitabilmente anche nell’impossibilità per loro di accedere al mondo accademico.
Secondo poi i dati in possesso dell’Unicusano, i costi medi espressi dal Mur a pagina 15 del sopra citato Decreto Direttoriale in verità non combaciano con i veri costi sostenuti per i professori ordinari e associati: il costo medio per un professore ordinario non è di 115.000 euro ma circa 158.000 e per un professore associato non è 80.000 ma circa 109.000.
“Il sistema universitario offre molte opportunità – sostiene il Presidente del Consiglio d’Amministrazione dell’Università Niccolò Cusano Stefano Bandecchi – è la base della cultura e della mentalità nazionale, la conoscenza viene analizzata in maniera approfondita e senza università non esisterebbe il mondo della ricerca. L’umanità deve molto a chi per primo ha creato il sistema universitario”. “Purtroppo – prosegue il Presidente – nell’ultimo Decreto Direttoriale relativo anche all’incardinamento dei professori universitari nei vari corsi di laurea, per la prima volta ci si dimentica di differenziare la didattica cosiddetta telematica da quella in presenza”.
Così, rispetto al passato dove, nelle università telematiche, ogni professore poteva gestire un numero triplicato di studenti, grazie alla semplicità, chiarezza e riproducibilità delle sue lezioni offerte dalla didattica a distanza; oggi per ogni corso viene imposto un aumento del numero di professori e ricercatori, sempre in relazione alla numerosità degli studenti, con l’aggiunta di tutor universitari specializzati, richiesti obbligatoriamente ai soli Atenei online; un aumento consistente di costi che andrebbero ad aggravare i bilanci di ogni ateneo telematico.
“È chiaro che – prosegue Stefano Bandecchi – se avessimo realmente atenei frequentati dagli studenti in forma obbligatoria, dovremmo rivedere necessariamente tutte le strutture del sistema universitario perché, a oggi, nessuna università italiana può ospitare al proprio interno, in contemporanea, tutti i propri iscritti; ma è altrettanto noto a tutti che, del milione e 750 mila studenti italiani, soltanto il 35%-40% frequenta con regolarità”.
È comprensibile come un corso di laurea online non abbia necessità dello stesso numero di professori di quelli in presenza: per il Presidente del CdA Unicusano “obbligare quindi gli atenei telematici ad assumere un numero indiscriminato di professori, che dovrebbero dividersi gli studenti come se avessero bisogno di insegnare in un’aula di 150 mq, risulta essere semplicemente ridicolo, fazioso o inspiegabilmente assurdo”.
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