Intervista del direttore responsabile Emilia Urso Anfuso
Per comprendere meglio questa vicenda meglio fare una breve sintesi degli accadimenti. Lo scorso Luglio Tim ha acquistato i rami d’azienda BT Italia (controllata italiana British Telecom) acquisendo così i mercati della pubblica Amministrazione e il canale commerciale medium. Un pacchetto conposto dal portafoglio clienti, dai dipendenti e dalla rete vendita indiretta.
Questa acquisizione ha coinvolto, attraverso un accordo sindacale, anche gli oltre 100 dipendenti e i migliaia di clienti che sono il frutto di anni di lavoro delle agenzie ex BT Italia.
La rete commerciale indiretta BT Italia, formata da oltre 17 agenzie monomandatarie, ramificata sul territorio nazionale da Nord a Sud e con mandati validi ancora per anni, è stata ceduta unilateralmente da BT a TIM senza accordo o preavviso. Il personale delle agenzie che in molti casi lavorava da oltre dieci anni per BT, si compone di decine e decine di addetti tra amministrativi, backoffice, consulenti commerciali. Questi lavoratori, da quanto si apprende dal loro racconto, sono stati costretti a interrompere bruscamente l’unica attività lavorativa lo scorso luglio, dopo la formalizzazione dell’acquisizione.
Formalmente sono ancora titolari di mandato di agenzia BT Italia, ora trasferito a TIM, ma per le comprensibili differenze tra le due compagnie telefoniche, sono inattive: significa che non hanno mai ripreso il loro lavoro. Da allora sono stati di fatto congelati: mandato e contratto attivo e vincolante ma senza lavoro e senza reddito, e il tutto, a quanto pare, senza un intervento da parte di Tim che sembra latitare.
Ogni tentativo di contatto, anche con il nuovo AD di Tim, non ha sortito effetti. Questi lavoratori senza tutela restano anche senza diritti, perchè lavorano con partita i.v.a. o attraverso società terze, ora stigmatizzano l’operato di BT e Tim, che hanno lasciato decine di famiglie senza lavoro e quindi senza reddito, e senza la possibilità di cercarne un altro perché vincolati dal patto di non concorrenza.
Hanno quindi deciso di rendere pubblica la propria insostenibile situazione, perché – come raccontano attraverso un comunicati stampa – “i tanto sbandierati valori etici di lealtà, correttezza e trasparenza che BT e TIM pongono alla base del proprio operato e che pretendono da clienti e partners, pare che in questo caso siano stati clamorosamente disattesi”.
Di seguito l’intervista realizzata dal direttore responsabile Emilia Urso Anfuso ai portavoce del gruppo di lavoratori, Mauro Manina e Vito Sorrenti , che lanciano un appello anche alle istituzioni.
********
D – Della vicenda di voi ex lavoratori di BT Italia, impresa acquisita lo scorso luglio da TIM, non si parla sulla stampa nazionale, eppure si tratta del lavoro, e della vita, di molte persone. Che idea vi siete fatti sui motivi di questo disinteresse da parte dei media?
La nostra storia è molto simile alle tante storie silenti di lavoratori con p.iva che vivono le proprie vicende lavorative svolgendo una unica attività per un unico committente ma considerati dalla mandante “fornitori a provvigioni” e non dipendenti. La nostra vicenda è uno dei tanti esempi di compagnie telefoniche che per loro esclusiva convenienza si guardano bene dall’assumere venditori e consulenti commerciali: ne hanno pochissimi. Preferiscono vincolarli con stringenti mandati di agenzia con patto di esclusività. I venditori non possono svolgere altre attività se non quella. Tutte le compagnie telefoniche hanno come unica finalità l’acquisizione di nuovi clienti. Attività che viene svolta al 95% da agenzie con p.iva, il restante 5% da venditori dipendenti. Tutti gli altri dipendenti delle compagnie telefoniche sono a contorno di questa attività commerciale senza la quale la compagnia stessa non avrebbe ragione di esistere. Per tornare alla domanda, TIM è uno dei principali sponsor di media nazionali e locali: quanti editori sarebbero disposti a rischiare di perdere pubblicità di questa importanza pubblicando una notizia del genere?! Forse è questa la chiave di lettura che spiega il motivo per il quale una notizia così eclatante e triste subisce la sordina dei media nazionali.
D – Durante il periodo che ha preceduto l’accordo finale, siete stati messi al corrente di quanto stesse avvenendo?
Purtroppo NO, non siamo stati messi al corrente anche se la vendita del ramo d’azienda era nell’aria da tempo. Le nostre preoccupazioni riguardo alla continuazione della nostra attività in TIM sono state manifestate in moltissime occasioni ai nostri responsabili di BT Italia che sempre ci hanno restituito informazioni frammentarie e vaghe. Abbiamo avuto la netta percezione che anche loro avessero pochissime informazioni sull’accordo che è stato tenuto nel massimo riserbo sino alla firma per comprensibili anche se inaccettabili esigenze di segretezza industriale. Oggi abbiamo contezza che quello che sarebbe accaduto alle agenzie non era noto perché semplicemente nulla era stato deciso a tutela di noi lavoratori con partita iva. Abbiamo motivo di credere che si siano proprio disinteressati della questione.
D – Contrattualmente avete in mano gli accordi stretti a suo tempo con BT Italia: a livello sindacale cosa è stato fatto per confermare i posti di lavoro malgrado il passaggio a TIM?
I lavoratori dipendenti di BT Italia, poco più di un centinaio, sono stati oggetto di accordo sindacale, molto prima della firma della vendita avvenuta a fine giugno 2021. Hanno mantenuto livelli, benefits, ruoli. Sono stati tutelati e confermati senza alcun licenziamento. Noi, rete commerciale, siamo titolari di p.iva e contratti di agenzia. Ci hanno venduto alla stregua di tutti i clienti che negli anni abbiamo portato a BT Italia, hanno venduto i nostri mandati. Le p.iva notoriamente sono carne da macello, non hanno tutele sindacali anche se sono obbligati, come i dipendenti, a svolgere un’unica attività per un unico committente con stringenti penali da mandato.
D – Anche nei confronti della clientela, aziende come TIM hanno facoltà di azioni unilaterali, un enorme potere decisionale che ogni tanto viene sanzionato dal Garante, con scarsi risultati sui diritti del consumatore. Vi aspettavate lo stesso tipo di trattamento?
Abbiamo la netta sensazione che il management che si è occupato della cessione del ramo d’azienda abbia affrontato la questione considerando il mondo degli agenti e di coloro che lavorano nelle agenzie alla stregua di fornitori, non di lavoratori. Sono stati, a nostro avviso, colpevolmente ignorati i valori etici e morali che sia BT Italia che TIM pongono alla base del loro operato “…nel convincimento che il successo dell’impresa non possa prescindere dall’etica nella conduzione degli affari, il Codice Etico e di Condotta e la Policy per il Rispetto dei Diritti Umani nel Gruppo TIM indicano gli obiettivi e i valori informatori dell’attività dell’Azienda con riferimento ai principali stakeholder con i quali il Gruppo interagisce” (rif. sito TIM). Aver compromesso la sussistenza e la continuità lavorativa in TIM di decine e decine di donne e uomini che lavoravano da più di dieci anni per BT Italia svolgendo un’ unica ed esclusiva attività, riteniamo non sia né moralmente nè eticamente corretto. Nei pochi contatti avuti con TIM dallo scorso giugno 2021 gli scenari prospettati alle agenzie sono stati quelli di modificare radicalmente la loro struttura organizzativa, di ridurre significativamente i compensi, ma soprattutto di chiudere gli attuali mandati di agenzia BT Italia acquistati da TIM senza alcun nostro consenso e sottoscriverne di nuovi a condizioni totalmente differenti. La domanda che tutti ci poniamo è perché siano stati venduti mandati di agenzia se era piena la consapevolezza che non avrebbero potuto continuare in TIM? Delle 17 agenzie ex BT Italia presenti su gran parte del territorio nazionale pochissime hanno accettato accordi e sono riuscite a continuare la loro attività, pur rinunciando alle previsioni contrattuali di maggior favore previste dal vecchio mandato Bt Italia. Probabilmente quelle che a TIM interessavano maggiormente. Tutte le altre sono finite nel calderone della indifferenza e le più fortunate si sono dovute inventare un altro tipo di attività lavorativa nel campo energetico o in altri settori differenti da quello telefonico. Gran parte dei nostri mandati BT Italia sono ancora attivi e tuttora prevedono un patto di non concorrenza che ci obbliga, paradossalmente, a non svolgere attività lavorativa per altri gestori, senza però essere messi nelle condizioni di lavorare con TIM. Quest’ultima non chiude i vecchi mandati BT Italia, né si preoccupa di mettere in condizione le agenzie di continuare a lavorare alle condizioni previste dall’attuale contratto ancor in corso di validità. Mantiene in questo stallo distruttivo decine di persone senza più un lavoro. L’unica strada che sembrano indicare è quella legale. Conoscendo i tempi della giustizia italiana, gli attori di questa vicenda probabilmente confidano nell’oblio.
D – Avete anche provato a entrare in contatto con il nuovo AD di TIM, Pietro Labriola, senza ricevere risposta: può trattarsi di un caso di tempistica, in considerazione del fatto che Labriola si è appena insediato, o avete la sensazione di essere stati abbandonati?
La richiesta di contatto inviata al nuovo AD e per conoscenza a tutto il top management di TIM è rimasta lettera morta. Nessun contatto né replica. Semplice indifferenza. Sono passate settimane. Non si trattava di una lamentela per una fattura errata o per un disservizio. Era il disperato messaggio “nella bottiglia” di persone abbandonate alla deriva. Nulla. Per noi era l’ultima chance ora le remore di rendere pubblica la nostra vicenda si sono dissolte.
D – TIM, come molte altre grandi imprese, è particolarmente interessata al settore digitale e adesso l’attenzione è concentrata sugli investimenti che potranno essere realizzati attraverso il PNRR. Anche questo incide sulle strategie aziendali che poi permettono situazioni come la vostra, o ritenete che siano azioni e decisioni scollegate?
Le acquisizioni di rami d’azienda come la nostra sono all’ordine del giorno: non molto tempo fa Fastweb acquisì il ramo d’azienda Tiscali per entrare di diritto nella convenzione Consip spc2. Anche TIM probabilmente ha acquisito BT Italia per lo stesso motivo e strategicamente era probabilmente interessata alla “pregiata” clientela business che noi agenzie avevamo in tanti anni raccolto e che ora non siamo più in grado di seguire nonostante ci chiedano naturalmente di farlo.
D – Il vostro appello alle istituzioni: parlate apertamente dei vostri diritti e di cosa vi aspettate da chi governa la nazione
Abbiamo la triste consapevolezza che la rivendicazione di quanto accaduto avverrà, purtroppo, in ambito legale. Il tema che solleviamo è quello comune a molti lavoratori titolari di partita iva o piccole aziende che vestono come noi formalmente l’abito dell’imprenditore o del consulente, ma che in realtà lavorano esclusivamente per un committente con stringenti vincoli e patto di non concorrenza. Di fatto, purtroppo, “dipendenti” con p.iva senza diritti. BT Italia e TIM, due tra le maggiori compagnie telefoniche europee non hanno avuto alcuna remora ad abbandonare decine di persone senza lavoro e senza reddito. Auspichiamo la creazione di una commissione di vigilanza sul lavoro “precario” mascherato dietro p.iva. Le persone non possono e non devono essere trattate come naufraghi ed abbandonati alla deriva in mezzo al mare della disperazione come è capitato a noi. E’ la nostra Costituzione repubblicana a sancirlo.
***Immagine di copertina: dal video su YouTube Spot TIM – Un viaggio nella storia delle telecomunicazioni in Italia
DONA ORA E GRAZIE PER IL TUO SOSTEGNO: ANCHE 1 EURO PUÒ FARE LA DIFFERENZA PER UN GIORNALISMO INDIPENDENTE E DEONTOLOGICAMENTE SANO
Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
Lascia un commento