Rubrica “Sulla strada del vino” – Con Luca Blasi per raccontare la Tenuta Santi Apostoli

Rubrica “Sulla strada del vino” – Con Luca Blasi per raccontare la Tenuta Santi Apostoli

Rubrica a cura della giornalista Susanna Schivardi e il sommelier Massimo Casali

Massimo e Susanna tornano nel Lazio e lo fanno alla grande. Sullastradadelvino alla scopertadella viticoltura biologica e dei vini naturali con Luca Blasi.

LUCA BLASI, LA FAMIGLIA, I TERRENI

Luca Blasi, è un tornado e ci accoglie “a casa sua” nella zona di Frascati a due passi da Roma, guidandoci attraverso la Tenuta Santi Apostoli, proprio in mezzo ai vigneti a cordone speronato, esattamente a ridosso di un terreno in fase di ristrutturazione, che al posto dei bancali vedrà a breve sorgere facili terrazzamenti che declinino dolcemente verso la cantina. La sua figura imponente è rassicurante e sul volto ha tracciati i segni di un uomo infaticabile.

Si occupa di ben undici ettari splendidi di vitigni laziali, una cartolina che di fronte a noi si stende invasa dai raggi di un sole caldo e avvolgente, qui troviamo subito la Malvasia, il Trebbiano, come anche il Greco, il Vermentino e il Bellone, e per i rossi Cesanese e Sangiovese. La sua storia inizia da quelli che prima di lui facevano il vino per le cooperative. Il padre e lo zio, proprietari dal 1972, che si dividono i terreni, il padre che non opera alcuna innovazione ma ha fiducia in Luca e nelle sue idee, e alla fine, tra la metà degli anni ’80 e i primi anni ’90, apre la strada al figlio, che diventa il responsabile dell’azienda per convertirla definitivamente al biologico. Non fa tutto da solo, perché nel tempo il padre gli rimane sempre accanto come spalla importante in questa fase delicata della conversione.  

Un tempo si usavano insetticidi e diserbanti senza criterio – ci racconta Luca – una chimica invasiva che non teneva conto della salute del terreno e della fauna del posto”. I primi anni di questo cambio di rotta non sono stati facili, perché se la dovevano vedere con ragnetto rosso e cocciniglia, ma pian piano il terreno si è autoregolato e ripulito, “attraverso la pratica dell’inerbimento, che lascia compatto il terreno e difende dall’attacco di insetti e patogeni delle piante”.

La certificazione biologica non tarda ad arrivare e da lì solo un percorso in salita, per qualità e produzione. Luca è affezionato ad un lavoro pulito, sano, in linea con la natura e osa con vini naturali che non prevedono aggiunte di solfiti, “perché – come dice lui – i vini producono naturalmente solfiti, a volte in misura maggiore rispetto a quelli consentiti, e quindi per noi diventa comunque obbligatorio indicarne in etichetta l’aggiunta”, pertanto inutile sperare di non trovare solfiti nel vino, inutile soprattutto per quelli che si disperano del mal di testa dopo un bicchiere di bianco! Tutto sta nello scegliere il bianco giusto, e qui di bottiglie Luca ne ha da farcene assaggiare tante e buone, tutti vitigni autoctoni, come nella migliore filosofia dell’area di pertinenza. Una zona quella di Frascati che vanta nomi come Cantine Imperatori, Merumalia, Gabriele Magno, Artico, Ribelà, e tanti altri che portano avanti i nomi dei laziali con grande entusiasmo e dedizione alla qualità.

Da qualche anno Luca è entrato a far parte dell’Associazione Castelli Romani Food and Wine, che crea una bella sinergia per promuovere territorio e prodotti in uno scambio continuo di informazioni ed esperienze. I produttori tra di loro si “scambiano” uve, e Luca non si tira indietro di fronte ad un dialogo costruttivo con i suoi vicini, come il caso di Gabriele Magno a cui fornisce l’uva Cesanese, passione inderogabile. “Per me il cesanese – racconta – è una grande sfida, un vitigno difficile, spesso soggetto allo oidio, prodotto anche dall’erba alta, e dalla zona che qui gode di ottima ventilazione costantemente ma soffre nelle parti più basse dove ristagna parecchia acqua, a causa della presenza di un canale”.

Luca si avvale della consulenza dell’enologo Lorenzo Costantini, che anni fa capita per caso in agriturismo con la famiglia, e vedendo tanti ettari vitati, propone una proficua collaborazione. Luca non è esperto “non avendo studi del settore alle spalle – ammette con umiltà – opero in vigna in maniera spontanea, ho iniziato da bambino a girare qui per i terreni dei nonni, e con questo ho continuato, con una passione che è cresciuta nel tempo”. Relativamente interessato allo studio, come ama scherzare sul suo passato scolastico poco promettente, non ha avuto altra scelta se non lanciarsi nell’agricoltura, ha imparato a vendemmiare e a trattare il vino con le dovute attenzioni, spesso osando troppo e mandando tutto in fogna, per ricominciare daccapo senza demordere.

Specialmente con i vini naturali c’è poco da scherzare – ammette – perché se non esce bene meglio buttarlo, e poi ricominciare con un metodo non naturale pur di avere un prodotto dalla buona bevibilità che possa andare sul mercato”. I suoi vitigni a cordone speronato e a guyot raccontano lunghe storie di lavoro e sudore, ma a Luca non pesa affatto oggi essere con noi, continua a parlare, spaziando dal suo passato, accennando all’accoglienza, come l’agriturismo, dove lavora sua sorella Simona, con orto rigorosamente biologico e i bei pic-nic con degustazione, dove ovviamente i suoi vini sono protagonisti incontrastati. In quell’area che regala proprio il nome all’azienda, Santi Apostoli, a meno di un chilometro da dove ci troviamo noi oggi.

Di fronte all’ingresso della cantina, dove ci stiamo pian piano avvicinando, troviamo delle vecchie botti purtroppo oggi marcite, che nell’anno 2019 hanno tirato fuori un Bellone da recensioni super! Luca non ha il coraggio di buttarle e le tiene lì come ricordo. Vorrebbe migliorare la location per le degustazioni “immaginando un ambiente più accogliente e caldo che si sposi bene con l’idea del vino”.

DEGUSTAZIONE

I vini di Santi Apostoli viaggiano dai bianchi autoctoni, in questa zona spontanei, e i rossi che tra il 2012 e il 2015 hanno dato da penare. Non da ultimo lo stress idrico spinto dal caldo anomalo degli ultimi anni, tuttavia combattuto tenacemente dall’inerbimento che evita lo spaccamento del terreno.  Attenzione però ad un piccolo primato, perché Luca è l’unico nel Frascati ad avere il Vermentino, ed è proprio da questo vitigno che partiamo con la nostra degustazione di oggi.

Il Vermentino è il primo vino che andiamo ad assaggiare, in bottiglia e in vasca, dove esplode al naso con note dolci inattese. Atreo, il nome di un antico guerriero romano, ci porta a conoscere le segrete passioni di Luca, che spaziano tra lupi e volpi, libertà, nativi americani e ultimamente la cultura classica. Alla tv commerciale, la sera preferisce leggere le lettere di Seneca a Lucilio, un tomo alto e impegnativo ma per lui illuminante. Chiediamo però al nostro sommelier, Massimo, che cosa ne pensa di questo bianco “Questo Vermentino 2020 porta con sé la firma della zona con forte mineralità e freschezza. Al naso subito spiccano una buona intensità e fragranza, accompagnate con garbo da frutta fresca e fiori bianchi. Al palato risulta piacevolmente secco, molto fresco e spalleggiato da una buona acidità. Siamo quasi tentati di ritrovare della pesca, tanto ci ha colpito l’idea che tra queste vigne ci sia anche un pescheto, chissà che qualche nota non sia arrivata anche nel vino!”. Assaggiamo lo stesso Vermentino dalla vasca, non ancora filtrato. A nostro modesto avviso un vino spettacolare, pur in affinamento e coccolato da un batonnage periodico, risulta superiore rispetto al suo fratello maggiore di un anno, sarà stata l’annata 2021 particolarmente favorevole, ma questo vino è pronto, dal colore limpido. Risulta un’ampia mineralità che si sposa con un palato lungo e persistente.

Secondo vino che apriamo è Tieste, altro guerriero romano di fiera memoria, etichetta che raffigura una volpe piumata sulla testa, un volto gagliardo, un animale scaltro e veloce. Idea originale del figlio Gianmarco, talentuoso del digitale e dalle idee giovani, che ha trovato modo di tradurre in grafica i pensieri del padre. Siamo qui con un vino biologico convenzionale, una Malvasia del Lazio che a 14,5%, con fermentazione naturale in grandi vasche di acciaio a temperatura costante. In territori come questo la Malvasia non ha rivali. Al naso ci impressiona con frutta leggermente matura, che vira ai toni della pesca, dell’ananas e azzardiamo quasi frutto della passione. Al palato si rivela un bel vino di corpo, strutturato, complesso, di qualità eccellente. Anche qui freschezza e mineralità regalano una vigorosa persistenza.

L’assaggio di vasca ci sorprende, questa versione immediata del prodotto che poi andrà in bottiglia ci riserva sorprese rare. Non ancora filtrato, rimane leggermente velato senza rinunciare ad un bel giallo paglierino intenso. In cerca di un equilibrio deciso, il riposo in vasca andrà ad affinare questo vino che non tace il suo carattere.

La terza etichetta che ci aspetta è Callidus, una Malvasia puntinata, che viene trattata come un rosso, forte di tre rimontaggi al giorno, a fermentazione spontanea, senza solfiti aggiunti e senza filtrazioni. Un vino che Luca definisce nato per caso, che ha dato risultati inattesi anche per Costantini, l’enologo di fiducia dell’azienda. Il nome in latino significa astuto, come la volpe disegnata in etichetta, ed effettivamente è un vino furbo. Visivamente presenta un colore che ricorda un rosato, un ramato venato di buccia di cipolla e limpido, dalla consistenza piena che subito induce al naso la frutta estiva matura, come una pesca giallona o un’albicocca, per poi adagiarsi su spezie fini, rosmarino, un erbaceo sincero. La fantasia si perde tra campagna a ridosso del mare e distese di piante mediterranee, che subentrano con la mineralità profonda regalata dal suolo sabbioso e vulcanico. Vorremmo azzardare a definirlo un rosso travestito da bianco, non appena percepiamo il tannino vellutato e di grande qualità data dal riposo sulle bucce.

A seguire Azadeh, bellone in purezza, e parola che in curdo significa libertà. Si vanta di una fermentazione in tonneau di castagno cerato, trattamento esclusivo in una botte ormai forata e ora in disuso, quindi nelle prossime annate accontentatevi delle note di degustazione! Con soddisfazione Luca ci racconta che qui non sono stati aggiunti solfiti o lieviti per la fermentazione, suo orgoglio e leit motiv del suo metodo naturale. Il colore ci ammalia di una rara intensità che vira al giallo paglierino con accenni dorati, frutto di un contatto con le bucce che ha accompagnato questo vino dalla pigiatura fino alla messa in bottiglia. Le narici pervase di floreale salmastro, un frutto bianco maturo e screziature di accenni cedrati, ci conducono ad una bocca raffinata, di corpo e dal manto cremoso. Freschezza e mineralità lo vestono di una spettacolare versatilità con abbinamenti di formaggi medio stagionati, una carne bianca non troppo salsata, uno spezzatino elegante, oppure abbacchio alla scottadito.

Terminiamo il nostro viaggio di oggi nel Frascati con un rosso di grande corpo, oseremmo dire quasi un rosso del Piemonte. Ottimo cesanese blendato con sangiovese al 15%, che riporta in etichetta un disegno dal tenore classico che poco si addice al padrone di casa. Il Santi Apostoli Rosso Igt 2015 è l’unico rosso in produzione e vanta due anni di affinamento in acciaio, due anni in barrique di castagno e poi passa in bottiglia. I sette anni di questo vino si fanno sentire tutti, dal colore scarico tipico del cesanese, un rosso granato abbastanza consistente, quasi melagrana, passiamo ad un olfatto che ci riporta al terroir vulcanico ma ben ventilato, e quindi ci abbandoniamo a spezie, salvia, un’aromaticità che ricorda piatti succulenti da abbinare, del pepe nero a grani grandi, per sorprenderci con una tannicità schietta. Persistente, si vanta di un bel corpo, maturo e armonico. Che bello sarebbe degustarlo con un filetto in salsa di tartufo o ad una carbonara ben condita!

Regalo finale del padrone di casa la Malvasia dolce, terza variante di questo autoctono miracoloso. Lo prendiamo direttamente dalla vasca e ricorda immediatamente l’uva lasciata essiccare al sole. Con le vendemmie di agosto e il persistere del bel tempo si può lasciare all’aperto, altrimenti, in caso di pioggia l’essiccamento dell’uva avviene in cassetta al coperto. Un nettare dolce e succoso, dal colore giallo limpido, e una bocca di frutta molto matura a polpa gialla, da abbinare a biscotteria secca autunnale. D’estate molto freddo può essere un ottimo fine pasto.

Ringraziamo Luca per la disponibilità. Foto e video originali di Massimo Casali e Susanna Schivardi

Intervista a cura di Susanna Schivardi con video originali di Eleonora Casali

Prossimo appuntamento a Farnese, nell’alta Tuscia, con Terre di Marfisa.

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