Natale 2021 e anziani ricoverati nelle RSA: l’accorato appello di due organizzazioni – NON LASCIAMOLI SOLI!

Natale 2021 e anziani ricoverati nelle RSA: l’accorato appello di due organizzazioni – NON LASCIAMOLI SOLI!

Abbiamo ricevuto il seguente appello siglato congiuntamente da Maria Grazia Breda, Fondazione promozione sociale onlus/Ets e da Andrea Ciattaglia, Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base). La stampa nazionale sembra non trovare spazio per parlare di un tema così sensibile, così come non sembra essere interessante per essere divulgato attraverso i telegiornali e i talk show, presi dall’unico tema centrale della pandemia.

Poiché l’informazione è tale quando divulga gli accadimenti, in special modo quelli critici, non si può non trovare spazio per raccontare cosa accade, da ormai quasi due anni, all’interno delle case di cura per anziani, spesso non autosufficienti.

E’ un diritto/dovere dei cittadini sapere, e anche poter far sapere, cosa succede anche, e sopratutto, quando non c’è abbastanza spazio per parlarne, troppo presi da una situazione generale grave, ma che si aggrava se non si affrontano tutte le criticità che stanno modificando, nettamente, l’assetto sociale di questa nazione.

Il diritto/dovere all’informazione è ancora oggi regolato da normative precise, l’articolo 21 della nostra Costituzione rammenta come sia doveroso non celare le notizie, per il criterio democratico che si fonda sulla libertà di stampa.

Emilia Urso Anfuso – Direttore responsabile

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L’APPELLO:

TRISTISSIMO NATALE PER I MALATI NON AUTOSUFFICIENTI RICOVERATI IN RSA E LE LORO FAMIGLIE 

VACCINATI TRE VOLTE E SOTTOPOSTI A TAMPONI OGNI 15 GIORNI MA ISOLATI DAI LORO CARI

LE STRUTTURE DA DUE ANNI SONO CARENTI DI ORGANICO, ANCHE SOTTO GLI STANDARD MINIMI. A RISCHIO LA CURA E IL MANTENIMENTO DELLE RELAZIONI AFFETTIVE

Si preannuncia un tristissimo Natale per i malati non autosufficienti ricoverati nelle Rsa. Un periodo di festività lontano dai loro cari o, al massimo, con visite sporadiche e di poche decine di minuti. Nessuna condivisione di momenti di festa e, in tanti casi verificati dalla Fondazione promozione sociale onlus/Ets, nessuna uscita fuori dalla struttura.

Per il secondo anno consecutivo, dopo quasi 700 giorni dalle prime chiusure, quasi 100 fine settimana distanti dai loro cari, i contatti tra famigliari e pazienti ancora non riprendono. Nessun accesso alle loro stanze.

Le visite – laddove consentite – si riducono poi a una pratica che ricorda il «parlatorio del carcere» (è la definizione con cui tanti parenti ci raccontano le loro visite a mamme e papà, fratelli o sorelle ricoverati).  Le relazioni di fatto sono inesistenti per migliaia di malati con demenza grave, che non riconoscono chi sta «al di là del plexiglass». Una generazione abbandonata dalle istituzioni, che proibiscono il contatto umano negli ultimi anni e mesi della loro vita con migliaia di famigliari «alla finestra».

Il Governo e il Ministro Roberto Speranza hanno aperto alle visite ma resta il Direttore sanitario l’unico ad avere potere di decisione e, di fronte a carenze di medici e altro personale che la Giunta Cirio non ha aumentato, il rischio contagio si contrasta con la limitazione drastica delle visite.

Ci sono i rischi da contagio da Covid-19, certo. Ma va anche detto che la platea dei malati ricoverati in Rsa e degli addetti delle strutture ha la copertura vaccinale di gran lunga molto più estesa e aggiornata (con dose booster) del resto della popolazione. I contagi sono ridotti al minimo ed è stato dimostrato da autorevoli osservatori ed esperti che il contagio non arriva dalle visite dei famigliari. In ogni caso, l’eventuale insorgenza della patologia sintomatica o grave si può e si deve curare. La soluzione non è chiudere le strutture e aspettare il decorso dei pazienti senza interventi (o, peggio, com’è stato in tante occasioni, negando loro gli interventi salvavita e contro il dolore con il pretesto dell’occupazione dei letti ospedalieri da parte di malati «più meritevoli» perché giovani).

I ricoverati delle Rsa non sono malati «di scarto» o «già condannati»

Anche per loro è indispensabile – ed è un obbligo del Servizio sanitario – attivare le migliori cure in struttura, e in un altro presidio più attrezzato, se è il caso. È notizia di questi giorni che i frigo dell’Ospedale Amedeo di Savoia sono pieni di anticorpi monoclonali inutilizzati, che vanno somministrati – per essere efficaci – nei primi giorni di insorgenza dei sintomi. Quale miglior luogo delle Rsa – dove è previsto il monitoraggio quotidiano e quindi i sintomi possono essere comunicati rapidamente – per disporre la somministrazione tempestiva dei farmaci (si tratta di un trattamento unico, di una flebo di un’ora) e limitare ancora di più le eventuali conseguenze letali del virus?

Cure sanitarie, quindi. E relazioni

Le limitazioni draconiane all’accesso ai parenti non tengono in conto della salute complessiva dei malati: chi tiene in conto, infatti, degli effetti negativi sulla salute delle mancate relazioni con i propri cari? Chi quelle della scarsissima copertura sanitaria per gli utenti, crollata in questi anni sotto gli standard minimi per carenza di personale e mancati controlli da parte delle Asl? Migliaia di prestazioni sanitarie all’interno delle strutture (riabilitazione, logopedia, fornitura protesica…) sono state annullate, stessa cosa dicasi per migliaia di prestazioni da effettuare in ambulatori o strutture ospedaliere esterne alla struttura.

A fronte di questa condizione disumana, che sembra avere molte più motivazioni organizzative ed economiche di comodo più che cliniche, la Fondazione promozione sociale onlus/Ets

rivolge il proprio appello:

– alla Giunta e al Consiglio della Regione Piemonte, ai Direttori generali delle Asl del Piemonte affinché assicurino il rispetto del diritto alle relazioni famigliari dei malati non autosufficienti ricoverati presso le strutture, che sono parte imprescindibile del diritto alla tutela della salute. Alle medesime autorità chiediamo che si attivino percorsi di cura tempestivi in Rsa e che vengano riattivate tutte le prestazioni che ormai da due anni sono ferme o al rallentatore. Anche quelle – anzi, soprattutto quelle – costituiscono il nucleo irriducibile della tutela della salute che non può legittimamente essere negato;

– ai gestori delle Rsa – ricordiamo per l’ennesima volta che sono tutti privati accreditati, quindi operanti in nome e per conto del Servizio sanitario regionale che rimane responsabile in ultima istanza – chiediamo che facciano sentire la loro protesta alle Aziende sanitarie, non solo sulle briciole dei ristori, ma sulla dotazione di personale e sulle convenzioni. Gli allarmi lanciati negli ultimi mesi sulla diminuzione del volume di affari delle loro strutture si sono sempre fermati al dato economico. Raramente o mai l’hanno collegato alla negazione del diritto alla cura per i malati non autosufficienti non presi in carico dalle Asl in lista di attesa da anni senza tempi certi. 

Eppure, solo nel torinese, i tassi di posti letto vuoti nelle strutture sono del 20% con punte del 50%. Tutto ciò a fronte di un’esclusione dalla presa in carico delle Asl (i cosiddetti pazienti in lista di attesa) di oltre 20mila piemontesi malati cronici non autosufficienti, completamente dipendenti da terzi lungo tutte le 24 ore del giorno.

È chiaro che nelle attuali condizioni di segregazione, la Rsa è una scelta il più possibile rimandata, praticata solo dalle famiglie che non reggono più il carico che comporta la cura a casa del proprio parente malato senza alcun sostegno dell’Asl. 

Bisogna invertire la tendenza da subito con più personale (anche richiesto alle Asl), la ripresa delle visite mediche e degli esami, il recupero delle normali relazioni famigliari.

Affinché il Natale sia un buon Natale anche per chi non è neppure in grado di protestare a causa della gravità delle sue condizioni.

Maria Grazia Breda, Fondazione promozione sociale onlus/Ets

Andrea Ciattaglia, Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base) 

CSA – Coordinamento Sanità e Assistenza fra i movimenti di base   10124 TORINO – Via Artisti, 36  In attività ininterrottamente dal 1970
Tel. 011-812.44.69 – Fax 011-812.25.95 e-mail: info@fondazionepromozionesociale.it
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