Di Chiara Farigu
La latitanza per Graziano Mesina finisce qui, a Desulo, poco lontano dalla sua Orgosolo a casa di una coppia di amici, ora indagati per favoreggiamento.
Lo avevano cercato per terra per mare e per cielo. E’ stato trovato ieri notte dai militari del Ros in collaborazione con quelli del Gis e portato a Nuoro in attesa che venga trasferito nel carcere di Badu ‘e Carros dove dovrà scontare 30 anni di reclusione.
Si era reso irreperibile nel luglio del 2020 con un ennesimo colpo di scena, uno dei tanti che hanno caratterizzato la sua vita da ‘balente’, ma criminale incallito sarebbe il termine più adatto per descrivere i reati commessi per i quali la Criminalpol lo aveva inserito nell’elenco dei sei latitanti di massima pericolosità.
Eppure nel giugno del 2019 aveva riassaporato la libertà, dopo sei anni di reclusione nel penitenziario di massima sicurezza di Bad’ e Carros. A far scattare l’arresto un’accusa pesante: essere a capo di un’organizzazione di traffico internazionale di droga.
Un colpo di scena, la sua scarcerazione: i giudici della Corte di Appello di Cagliari non avevano mai depositato le motivazioni della sentenza.
Tornava a casa, a Orgoloso. In libertà vigilata con l’obbligo di firma presso la caserma dei CC. e di dimora dalle 22 alle 6 del mattino.
Nel luglio del 2020 un nuovo colpo di scena. La Corte di Cassazione respinge il ricorso presentato dai suoi legali contro la condanna in appello a 30 anni di carcere per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti.
La condanna pertanto diviene definitiva, Grazianeddu deve tornare in cella. Un duro colpo per l’ex bandito che il carcere lo conosce fin troppo bene. Decide così di darsi alla latitanza.
Dei suoi 78 anni ne ha trascorso ben 40 dietro le sbarre. Uno dei pochi, forse l’unico, ad essere stato in carcere per 4 lunghi decenni. Nel 2004, l’allora Presidente della Repubblica Ciampi gli concesse la grazia. Anche allora fece ritorno nella sua Orgoloso. Deciso a intraprendere una vita di riscatto umano e sociale dopo aver pagato il conto con la ‘giustizia’.
Passano pochi anni e tutto precipita di nuovo. Su l’ex ‘primula rossa’ pendono accuse ben più terribili e infamanti di quelle che avevano fatto di lui il bandito sardo (e non solo) più famoso. Macchiandosi di reati riconducibili a vendette/regolamenti di conti per torti subiti, o ritenute tali, tipiche del codice barbaricino di cui era stato figlio e testimone. Stavolta l’accusa era di essere invischiato in un traffico di droga internazionale ed essere addirittura il capo dell’organizzazione.
Una macchia indelebile. Inaccettabile anche per quanti, nonostante tutto, avevano guardato con una certa indulgenza alla sua travagliata esistenza.
Di Mesina più nessuna traccia da quel 20 luglio del 2020. C’era chi azzardava che avesse addirittura lasciato l’isola. Nascondersi nel Supramonte, come ai tempi d’oro quando era il latitante più ricercato d’Italia, sostenevano, non è compatibile con i suoi quasi 80 anni. E con il fisico non più agile come un tempo.
Una latitanza misteriosa. Un triste epilogo di una vita che non ha saputo e forse voluto riscattare. Per vivere serenamente almeno l’ultimo scorcio nella sua Orgoloso che lo ha sempre accolto come un figlio da proteggere. Anche da se stesso.
Oggi l’arresto. E un nuovo conto da pagare. L’ultimo di una vita travagliata. Troppo anche per lui che si è sempre trincerato dietro la maschera da ‘balente’.
*Abbiamo stipulato un accordo con l’autrice per la ridiffusione di alcuni suoi articoli. Il pezzo originale di Chiara Farigu a questo link
**Immagine di copertina da AGI
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