Analisi della strategia nazionale italiana sull’AI – Prima parte

Analisi della strategia nazionale italiana sull’AI – Prima parte

Di Luca Sambucci

Lo scorso 24 novembre è stata pubblicata la strategia nazionale italiana sull’intelligenza artificiale, un documento che ha visto la luce dopo tre lunghi anni e due stop&go che qualche settimana fa raccontai in questo articolo.

Dal 31 luglio 2019, data della pubblicazione della prima proposta di strategia, fino a oggi si sono succeduti due documenti con altrettante consultazioni pubbliche, un documento simile pubblicato dal Laboratorio Nazionale di Artificial Intelligence and Intelligent Systems (AIIS) del CINI (Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica), che purtroppo non ha avuto il seguito che forse meritava, e infine il testo definitivo che esaminiamo in questo articolo.

La particolarità della strategia appena pubblicata, che nel corso dell’articolo confronterò con quelle che chiamo un po’ impropriamente la prima strategia e la seconda strategia, è che in quest’ultimo caso non vi è stata alcuna consultazione pubblica.

Quando tutti ci chiedevamo cosa fosse successo della seconda strategia, cosa ne sarebbe stato dell’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale, che il Governo Conte promise a Torino ma che successivamente il Governo Draghi stralciò, ecco che a luglio di quest’anno ci venne comunicata la nuova correzione di rotta, con l’istituzione del Gruppo di Lavoro sulla Strategia Nazionale per l’Intelligenza Artificiale che avrebbe “aggiornato” la strategia nazionale. Nove esperti, un gruppo decisamente più piccolo rispetto ai trenta delle prime due stesure, ma con personalità riconosciute e stimate a livello internazionale. Tre di loro, poi, Barbara CaputoRita Cucchiara e Michela Milano, avevano lavorato anche alle prime versioni della strategia, garantendo quindi una sorta di continuità con ciò di buono che era stato fatto in passato.

Il leak alla stampa

L’assenza di una consultazione pubblica, tuttavia, rappresentava un vulnus che non tutti avranno gradito. Ecco, forse, il motivo per cui un mese prima della pubblicazione qualcuno ha fatto filtrare la bozza del documento alla stampa, in modo che venisse pubblicata per raccogliere in extremis qualche commento informale.

Dalla bozza trapelata (peraltro in versione inglese) e quella pubblicata ufficialmente i cambiamenti sono stati minimi. Ho notato solo il passaggio da quelle che si voleva fossero “Curiosity-driven initiatives” in ambito ricerca, forse considerate frivole, alle più seriose “iniziative IA-PRIN per la ricerca fondamentale” (l’aspetto della curiosità come ispirazione è tuttavia rimasta nella descrizione più approfondita).

Inoltre, il progetto di creare dataset per migliorare i servizi della PA è stato ulteriormente approfondito e suddiviso in due politiche separate: “Creare banche dati e analisi basate su IA/NLP per feedback/ miglioramento dei servizi” e “Creare banca dati IA/Computer Vision per il miglioramento dei servizi nella PA“.

Eccoci dunque al documento finale. Dopo una sezione che descrive la situazione attuale, una parte comune a molte strategie nazionali (anche per far capire da quali esigenze nascono le politiche del Governo), la strategia vera e propria inizia con un ancoraggio.

Gli ancoraggi

Gli ancoraggi erano stati introdotti dalla seconda strategia: punti cardinali che devono restare sempre ben visibili e che condizionano tutte le iniziative e gli obiettivi. Allora ne erano stati individuati quattro:

  1. ancoraggio europeo, secondo le linee del Libro Bianco sull’Intelligenza Artificiale della Commissione europea;
  2. ancoraggio internazionale, confronto in sede UE e OCSE e dalla cooperazione nell’ambito del G7 e del G20, oltre alla Global Partnership on AI;
  3. i princìpi dell’antropocentrismo, dell’affidabilità e della sostenibilità;
  4. il grande patto tra pubblico e privato, trovando le opportune sinergie tra investimenti pubblici e privati, tra enti di ricerca pubblici e imprese.

I quattro ancoraggi della seconda strategia erano stati mutuati a loro volta dai princìpi e dai punti cardinali della prima stesura.

Ora, nella terza e ultima versione, essi ritornano come princìpi guida. L’unico ancoraggio rimasto, a cui accennavo prima, è l’Unione Europea.

Si inizia affermando con decisione l’allineamento con le politiche dell’Unione Europea, anche per questioni di realpolitik: la geopolitica dell’intelligenza artificiale oggi più che mai costringe il mondo a muoversi per blocchi, con USA e Cina come maggiori protagonisti e contendenti, e l’Unione Europea che deve da una parte cercare la sua strada, fatta di intelligenza artificiale affidabile e umano-centrica, e dall’altra ambisce a raggiungere un’autonomia tecnologica tale da farle evitare di essere alle dipendenze di uno o dell’altro blocco.

I princìpi guida

Dopo l’ancoraggio, i princìpi guida sono cinque.

  1. Si ribadisce (nel caso la parte precedente non fosse stata abbastanza chiara) il forte collegamento con l’Europa, indicando che “l’IA italiana è un’IA europea“. Questo significa che l’Italia farà la sua parte per contribuire al successo dell’intelligenza artificiale in Europa e dell’Europa nel consesso mondiale (“raggiungere l’autonomia strategica e competere a livello internazionale”). Si fa ovviamente riferimento all’AI Act attualmente in discussione nelle sedi europee.
  2. Per la prima volta si parla della ricerca come principio guida. Nelle precedenti due versioni la ricerca era sì molto importante, ovviamente, ma tale attenzione era espressa negli obiettivi o nei punti che costituivano le raccomandazioni. Per trovare la ricerca AI come principio guida dobbiamo andare a riprendere la strategia del CINI, che indicava “research first” come uno dei tre elementi di visione generale.
  3. Resta immutata la forte attenzione ai princìpi di antropocentrismo, affidabilità e sostenibilità, già princìpi nella prima versione, ancoraggi nella seconda, e ora tornati come princìpi guida nella strategia ufficiale. Il testo recita che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale deve essere “incentrato sull’inclusione economica e sociale, sui diritti umani e sulla sostenibilità ambientale”, aderendo poi alle “Linee guida etiche per un programma di orientamento e attuazione affidabile dell’IA” definito dall’High Level Expert Group on AI della Commissione Europea.

Nei restanti due princìpi il “grande patto fra pubblico e privato”, che rappresentava il quarto ancoraggio della precedente strategia, viene suddiviso in due: privato e pubblico.

  1. “Le aziende italiane“, vaticina il testo, “diventeranno leader nella ricerca, nello sviluppo e nell’innovazione di IA.” Un esordio aspirazionale, che prosegue con l’ovvia conditio sine qua non: “bisogna agire sulla trasformazione digitale del nostro ecosistema imprenditoriale.” Per questo motivo il programma considera come uno dei princìpi guida quello di avvicinare IA e imprese, anche con l’aiuto dei centri di ricerca e del trasferimento tecnologico che si dovrebbe promuovere.
  2. L’approccio suggerito è “governare l’IA e governare con l’IA”, che si cerca di applicare un po’ ovunque nel mondo (anche per evitare di far finire la cosa pubblica in mano a Big Tech). Quindi applicare l’intelligenza artificiale in ambito pubblico facendo attenzione agli aspetti etici per salvaguardare i diritti umani, senza comunque esimersi dall’utilizzare tecnologie innovative quando esse sono migliorative dei processi interni e delle attività politiche.

Finiti i princìpi guida, si scende più nella pratica e si parla di obiettivi.

Gli obiettivi

Questa volta gli obiettivi sono sei. Erano nove nella prima strategia, mentre la seconda li usava in maniera più distribuita sotto sei punti principali (cosa fatta parzialmente anche qui, ma lo vedremo meglio nella seconda parte di questo articolo).

In questa nuova strategia gli obiettivi occupano il posto intermedio nella “gerarchia” che guida il documento, rendendoli allo stesso tempo una declinazione operativa dei principi guida e un punto di riferimento degli interventi nelle aree strategiche.

La struttura della strategia nazionale italiana

Obiettivo 1: il primo obiettivo (così come il secondo) riguarda la ricerca, che come scrivevo prima ha assunto un peso ancora maggiore in questo documento. Laddove nei due precedenti era – seppur naturalmente presente – un obiettivo fra i tanti, qui occupa ben due obiettivi su sei, con il primo che chiede un rafforzamento sia della ricerca fondamentalesia di quella applicata, al fine di generare impatti positivi nei settori prioritari. Presente anche una nota di incoraggiamento all’approccio multidisciplinare, per assicurarsi che i ricercatori IA non siano soli con se stessi, ma che dialoghino e lavorino con esperti di altre discipline per favorire l’innovazione industriale e sociale.

Obiettivo 2: sempre ricerca, anche se in questo caso si vuole ridurre la frammentazione dell’ecosistema (problema comune un po’ ovunque in Europa), promuovendo collaborazioni, reti di ricerca, partecipazioni da e per il territorio.

Obiettivo 3: il principio dell’antropocentrismo e dell’affidabilità si ritrova in questo obiettivo, che evita attentamente di ‘buttare tutto sull’etica’, come si vede fare spesso in questi anni, ma che chiede soluzioni IA “conformi alle norme vigenti”, “accettate dalla società” e “responsabili”.

Obiettivo 4: con questo obiettivo si chiede al mondo privato di investire di più, anche con partenariati, favorendo così il trasferimento delle tecnologie dagli ambienti di ricerca fino al mercato, per far sì che l’IA sia più facilmente disponibile per le PMI.

Obiettivo 5: dopo aver chiesto al privato, si chiede anche al pubblico di fare la sua parte, sviluppando politiche e servizi, promuovendo l’innovazione e l’adozione, nonché la cooperazione tra centri di ricerca, settori privati ed enti pubblici.

Obiettivo 6: l’ultimo obiettivo è rivolto al mondo accademico. Si vuole rendere l’Italia un Paese non solo abile nel trattenere i cervelli in fuga, ma anche nell’attrarre quelli stranieri. Condizione essenziale, ovviamente, se si vuole essere protagonisti e non semplici spettatori dell’innovazione portata dall’intelligenza artificiale, ma fra tutti forse l’obiettivo più difficile da raggiungere.

I settori prioritari

La strategia prosegue poi elencando i settori prioritari, sui quali si concentrerà il grosso degli interventi, che a questo giro sono undici. Erano sette nelle prime due iterazioni della strategia nazionale, che per facilità elenco di seguito come espressi nella prima versione:

  1. industria e manifattura
  2. agroalimentare
  3. turismo e cultura (“cultura e turismo” nella 2a)
  4. infrastrutture e reti energetiche (“ambiente, infrastrutture e reti” nella 2a)
  5. salute e previdenza sociale (“salute e benessere” nella 2a)
  6. città e mobilità intelligenti (“città intelligenti” nella 2a)
  7. pubblica amministrazione

Ora, nella strategia approvata, i settori prioritari sono i seguenti (questa volta nel testo ufficiale non sono numerati, forse per evitare di creare una specie di classifica; io li tengo numerati per semplicità):

  1. Industria e manifatturiero
  2. Sistema educativo
  3. Agroalimentare
  4. Cultura e turismo
  5. Salute e benessere
  6. Ambiente, infrastrutture e reti
  7. Banche, finanza e assicurazioni
  8. Pubblica Amministrazione
  9. Città, aree e comunità intelligenti
  10. Sicurezza nazionale
  11. Tecnologie dell’informazione

Abbiamo avuto quindi quattro “new entry”:

Sistema educativo: un inserimento importante, che forse in precedenza era stato considerato appannaggio del pubblico, ma che effettivamente deve essere considerato come settore a sé. Da tempo affermo che si dovrebbe preparare meglio i ragazzi, teenager ma anche più piccoli, a usare l’intelligenza artificiale per evitare che in futuro sia l’IA a usare loro.

Banche, finanza e assicurazioni: mi immagino la mano sulla fronte “ma come abbiamo fatto a escluderli dalle strategie precedenti?” In effetti banche, assicurazioni e ambienti finanziari non solo sono settori dove in Italia abbiamo dei gruppi industriali particolarmente forti, sono anche aree dove le applicazioni dell’intelligenza artificiale potrebbero portare importanti risultati in termini di risparmio e ottimizzazione, oltre che nuovi servizi.

Sicurezza nazionale: qui sono cattivo, e immagino la velina governativa che viene passata al tavolo mentre sta lavorando al documento, “inserite anche la sicurezza nazionale!” È innegabile come la sicurezza nazionale rivesta una posizione di primo piano per chiunque si accinga a formulare politiche per una innovazione così dirompente come l’intelligenza artificiale, del resto la strategia britannica ancora fresca di stampa è piena di riferimenti alla “national security”. Il documento dunque, riconoscendo che negli ultimi cinque anni l’importanza dell’IA per la sicurezza nazionale è cresciuta molto, afferma che “l’Italia è pienamente impegnata a investire in applicazioni di intelligenza artificiale che garantiscano la sicurezza dei suoi cittadini”.

Tecnologie dell’informazione: “sostenere la nascita e la crescita delle aziende IT italiane”. L’information technology è effettivamente alla base di molte innovazioni dirompenti, e un sistema IT forte è uno dei pilastri che dovrebbe sostenere lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. La scelta di includerlo fra i settori prioritari, tuttavia, mi lascia un po’ perplesso. Da uno che lavora nell’IT da trent’anni, a prima vista l’affermare che non dovrebbe essere considerato un settore prioritario equivale a spararsi un colpo di fucile ai piedi. Eppure, proprio perché ci lavoro da sempre, so che le attenzioni che chiedono gli imprenditori che aprono aziende IT (fra cui mi auto-includo a pieno titolo) non sono quelle che si possono trovare in una strategia nazionale sull’IA. Basta guardare le aziende Big Tech moderne, i vari Google, Facebook (sorry, Meta), Amazon, che sono nate in un garage o poco più. Sono nate piccole, poi sono cresciute grazie alla disponibilità di capitali privati e alla semplicità delle leggi statunitensi. Se vogliamo favorire le nostre aziende IT è in quegli ambiti che si dovrebbe intervenire. Si dovrebbe semplificare la burocrazia, le leggi sul lavoro, l’accesso al capitale, perché è lì che il 100% degli imprenditori IT con cui parlo incontra problemi. Quindi secondo me i settori prioritari avrebbero potuto tranquillamente restare a dieci. Gli imprenditori IT in Italia non cercano priorità, solo che gli si tolgano i bastoni fra le ruote.

Fine della mini-filippica. Nella parte successiva, online fra qualche giorno, analizzerò meglio le tre aree strategiche di intervento e le 24 “policies” della strategia.

**Abbiamo stipilato un accordo con l’autore per la divulgazione di alcuni suoi articoli. Il sito di Luca Sambucci è: Notizie.ai

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