Rubrica a cura di Susanna Schivardi e Massimo Casali
Lazio che non smette di stupirci, con la sua campagna nei dintorni di Roma disseminata di vigneti, per i declivi dolci e fluttuanti incorniciati da un verde brillante che in autunno si esalta in contrasto con un cielo che da pallido si fa quasi plumbeo. Arriviamo in una bella mattinata di fine Ottobre in via di Valle Marciana dove ad attenderci Luigi Fragiotta, socio dell’azienda Gabriele Magno, una delle sei cantine aderenti alla neo associazione Vignaioli in Grottaferrata. Luigi ci apre subito le porte della piccola ma intensa cantina, immersa tra filari e terreno collinare verdeggiante, in fondo scorgiamo anche un’altra delle aziende note nel territorio laziale, Castel De Paolis.
Quasi stentiamo ad entrare perché proprio all’ingresso troviamo una bella deraspatrice, la vendemmia infatti è terminata da poco e nell’immediato ci imbattiamo anche nella pressatrice pneumatica, un macchinario che dopo aver accolto gli acini deraspati, li comprime dolcemente con un polmone interno, senza romperne i semi i quali darebbero al vino un sapore poco piacevole. Grandi i silos in acciaio refrigerati e le botti in barrique di rovere francese, che Luigi tiene a mostrarci, come un gioiello della cantina. Il suo entusiasmo è travolgente, “è giusto riportare in auge i vini laziali, risaltarne il valore e cercare di farli arrivare nelle liste dei vini di tutti i ristoranti del Lazio”. Anche lui come gli altri produttori e rappresentanti delle cantine laziali sente l’urgenza di rendere i vini locali un cameo della produzione enologica su tutto il territorio nazionale. “L’avventura di Gabriele Magno e Luigi Fragiotta – racconta Luigi – inizia nel 2015 quando decide di prendere tutti i terreni vitati della famiglia e farne una realtà competitiva sul mercato”.
I vitigni sarebbero andati persi perché dal 1860 quando gli antenati di Gabriele Magno facevano vino sfuso, come tutti lì intorno, nessuno aveva avuto l’audacia di prendere successivamente in mano la terra e farne un marchio di eccellenza. “Gabriele in realtà è un pilota di aerei e ha avuto fin da subito bisogno dell’aiuto di collaboratori validi che lo consigliassero”. Il team di Gabriele Magno e Luigi Fragiotta conta la presenza del giovane Matteo cantiniere e impegnato nel campo dell’enologia, Lorenzo Costantini l’enologo e il suo braccio destro Cristiano Gonzo, dal naso sopraffino, come dice Luigi. Ebbene si, il Costantini che lavora da Merumalia e per il principe di Fiorano è consulente anche qui per Gabriele Magno ma tiene a precisare Luigi “nonostante la zona sia la stessa, Costantini fa attenzione al tipo di terroir, le uve e i desiderata del produttore per rendere il massimo dalla materia prima che studia. Ogni vigneto della zona ha le proprie caratteristiche e queste vanno rispettate senza alterarne le qualità”.
Ad inebriare la nostra chiacchierata è l’odore meraviglioso del mosto, infatti all’interno delle botti d’acciaio c’è il mosto che andiamo a vedere con i nostri occhi salendo su una ripida scala. Il liquido ancora opaco, le bolle della fermentazione naturale e la promessa di quello che diventerà in bottiglia! “Nel giro di tre anni abbiamo fatto una conversione al biologico, che in effetti rientra in una pratica piuttosto consueta da parte di tante aziende che lavorano biologico ma senza dirlo”.
Va fiero della Riserva che ovviamente è frutto di una scelta meticolosa di uve, “la vecchia vigna de La Torretta, dove poi andremo, produce uno o due grappoli per pianta adatti per fare un vino di altissima qualità, appunto la Riserva. Queste vigne vanno nutrite e curate, tutto il prezzo del vino è in questa attenzione che dedichiamo”. Da quando Gabriele vendeva l’uva ai produttori ad oggi l’azienda è cresciuta lentamente “non facciamo grandissimi numeri ma non vogliamo rischiare di lasciare bottiglie invendute- commenta Luigi”. La novità del momento la scopriamo quando andiamo alla tenuta La Torretta dove risiede Gabriele, nel vecchio edificio di famiglia “un nome importante quello di Magno – sottolinea Luigi – e quello dei nonni, i Di Mattia”. Insomma, tutto intorno sa di grandezza, potere, magnificenza, dalla bellissima terrazza si vede la valle, immersa nel cono del vulcano che dà vita a tutto questo splendore. In cantina dove andiamo a rifornirci dei preziosi prodotti scoviamo il nascondiglio segreto delle bottiglie pronte al Metodo Classico, ancora a riposare con il tappo a corona, e immaginiamo a quando saranno disposte sulle pupitre e girate manualmente fino a raggiungere la posizione quasi verticale che permette la sedimentazione dei lieviti. A quel punto il procedimento è noto, ci sarà il degorgement e il rabbocco. “Un vero esperimento – ci confessa Luigi – e una parte verrà degorgiata e una parte aspetterà il suo tempo per la sperimentazione. A Luglio avremo un millesimato pas dosè”. Vero, le bollicine sono una vera scommessa, tanto lavoro si fa in vigna e poi si deve aspettare. “Questa terra è miracolosa, non capisco il motivo di tanta difficoltà a far conoscere i vini laziali, laddove abbiamo il vulcano che rende la terra secca e ricca di minerali, il vento che asciuga e la vicinanza al mare. Non c’è motivo perché qui non venga fuori un ottimo prodotto”. Qualche segreto ancora rimane da svelare, ed è qui che Luigi ci confessa che “la nostra vendemmia si svolge a Ottobre, in quel periodo le uve sono mature, corpose, massicce, ma mancano di acidità. Allora per ovviare al problema facciamo una vendemmia anticipata che ci regala uve acide così da equilibrare il prodotto finale quando blendiamo”. Spalla acida e corpo, un binomio di qualità. Guardiamo le barrique dove vengono conferiti Cesanese e Cannellino, quest’ultimo rimane lì per due anni ed è la concentrazione massima di un’intera vigna. La struttura dove ci troviamo è antichissima, “qui venivano il nonno di Gabriele con i lavoranti dalle Marche e dalla Ciociaria e cucinavano ottime minestre in un grande calderone usando tutti i prodotti della terra. Il profumo e i sapori dovevano essere meravigliosi”.
All’esterno ci sono ancora i grandi contenitori di fecce che si tengono per dimostrare che non vengano riutilizzate per vino posticcio, “in questo periodo vengono a fare i controlli, dopo di che spargiamo le fecce in vigna come fertilizzante naturale”. Invece per il Cannellino le fecce vengono spedite a Marolo per fare la grappa.
Tecnica e attenzione al biologico sono un binomio imprescindibile, “laddove la tecnica può aiutare perché non farne largo uso, il che non significa usare la chimica, come nel caso della stabilizzazione tartarica – come ci racconta Luigi – noi qui abbiamo adottato un sistema tutto naturale semplicemente abbassando molto la temperatura in botte e cristallizzando i residui che vanno a finire sul fondo senza intaccare la qualità del vino”.
Tra un aneddoto e l’altro Luigi ci organizza una degustazione molto appagante, su un tavolo fuori dalla cantina. Per cominciare ci prepara un piatto di accompagno con del pane rigorosamente sciapo condito con dell’olio di loro produzione multicultivar della zona e salumi. Degustazione che prende il via con una sorpesa, in quanto nel primo calice ci serve addirittura il mosto in fermentazione della vendemmia appena fatta. Ovviamente di un colore giallo un po’ spento e praticamente opaco. Olfatto rotondo ma con una profondità fresca di frutta a polpa gialla ed un ottima mineralità, in bocca una vera sorpresa. La morbidezza si sente, in quanto i lieviti devono ancora lavorare quei 4 grammi litro che sono presenti, e non mancano freschezza e note floreali. Tuttavia attenzione a non berne troppo perché poi fermenta in pancia!
Nel secondo calice Luigi ci serve il vino proveniente dalla vendemmia anticipata, che come detto in precedenza, andrà a comporre il nettare proveniente dalla vendemmia di ottobre. Vino fantastico con profumi di fiori freschi, di frutta non troppo matura e con una bella mineralità e balsamicità, che dire, quasi una cuvée per un metodo classico.
Arriviamo al terzo calice dove Luigi ci serve il vino in commercio. Frascati docg 2019 Superiore, accattivante il colore con un giallo paglierino quasi brillante. Al naso subito una bella intensità con degli accenni di pietra focaia che rispecchiano perfettamente il territorio. Come nell’esame olfattivo notiamo subito questa balsamicità con note di salvia ed eucalipto. Vino di un piacere immenso con una persistenza lunga e sensuale. Da abbinare sicuramente piatti di pesce semplici o elaborati. Lo vorremmo accompagnare ad una tartare di tonno farcita con mango e pepe rosa oppure con la carne come un bel saltimbocca alla romana.
Ed eccoci al momento del Cru dell’azienda. Frascati Docg Superiore Riserva 2018, ricordiamo che di recente la Guida Bibenda 2022 ha dato i 5grappoli alla Riserva 2019. Questo prodotto proviene dalle piante più vecchie dell’azienda e che si trovano nella zona de La Torretta. Colore straordinario con un giallo più intenso del precedente, quasi dorato. Al naso frutta matura, fiori e miele. Ottima la mineralità e la balsamicità. In bocca la morbidezza della frutta e del miele è spalleggiata da una forza acida che lo rende molto equilibrato e persistente. Anche dopo qualche minuto continuiamo a sentire queste sapore di mandorla che ti accompagna fino al prossimo sorso. Vino da poter abbinare a piatti più consistenti sia di pesce sia di carne. Pensiamo di accompagnarlo ad un baccalà San Giovanni con pomodoro datterino ed olive taggiasche. Per avvicinarsi alla cucina romana lo vedo perfettamente abbinato ad una buona carbonara.
Per ultimo il Cannellino che Luigi lo tiene come un bambino. La piccola produzione di questo vino lo rende fiero nonostante non ci siano grandi ricavi economici. Ottimo e dal deciso giallo dorato. Profumo di miele, mandorla, fiori bianchi. In bocca morbido ma non stucchevole. La dolcezza è perfettamente equilibrata con la freschezza. Da abbinare a pasticceria secca o formaggi erborinati. Addirittura una volta Luigi lo ha visto abbinato a dei fegatelli.
Luigi ci propone l’assaggio del Cesanese ma dovendo guidare al ritorno evitiamo di esagerare. Non ci tiriamo però indietro quando si tratta di acquistare le bottiglie in magazzino per integrare in futuro la degustazione con il Cesanese e non da ultimo organizzare una bella verticale di tre annate di Frascati Superiore Docg.
L’azienda in Italia comincia ad avere un bel riscontro, per esempio in Piemonte, Lombardia, Toscana e in Europa arriva in Svezia e Inghilterra. “Ci stiamo attrezzando per il biologico certificato perché gli Stati Uniti ce lo hanno chiesto esplicitamente quindi a breve arriveremo anche oltreoceano”. La nostra passeggiata termina a La Torretta dove vediamo da vicino le vecchie vigne della Riserva e il Cannellino che una volta raccolto viene messo a riposare sui graticci proprio di fronte la vigna. Altissimo e imponente un vecchissimo cannone antigrandine, cimelio che non manchiamo di fotografare. Poi la grande sala eventi e infine il paesaggio che ci incanta. Il nostro itinerario di oggi termina qui.
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Foto e video originali di Eleonora Casali e Susanna Schivardi, commento tecnico di Massimo Casali
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