Di Elisabetta Castiglioni
Il jazz è un linguaggio atemporale, che si sposta fluidamente da decennio a decennio, pur rimanendo fedele a sé stesso. Questa elasticità temporale della musica jazz è il motivo della sua longevità e anche del suo essere sempre all’avanguardia dei cambiamenti musicali, di pari passo con l’innovazione tecnologica, il grammofono, il vinile, il cinema, i video, determinando così un rapporto lungo e fecondo tra jazz e immagini. Ma esiste un rapporto con i videogames, uno dei più recenti media che tanto hanno influenzato e influenzano le ultime generazioni? In effetti si, chi ha giocato con Atari, Nintendo o la Play Station, inconsapevolmente ha piacevolmente ascoltato dell’ottimo jazz, mentre si cimentava con giochi come Super Mario, Cuphead, Persona 5, Final Fantasy.
Oggi un’altra espressione artistica cinematografica inizia a confrontarsi con il jazz: la Machinima, un’abbreviazione di machine cinema o di machine animation, che si occupa di opere video che usano il medium videoludico in modo artistico, sovvertendo il videogioco per creare altro, documentari, film, visual-art. Oggi i Machinima vengono realizzati in una miriade di modalità differenti, utilizzando gli ambienti di videogame come Halo, GTA, oppure mondi virtuali come Second Life.
Nasce così un progetto articolato e interdisciplinare che vuole esplorare tutte le relazioni tra le sonorità musicali del jazz e le recenti espressioni del linguaggio audiovisivo. Una riproduzione e rielaborazione di suoni e immagini, tra videogames e video arte per una nuova creatività. Una ricerca e una sperimentazione che vede il coinvolgimento di giovani compositori e di due orchestre a confronto con la cultura digitale. Una gamification del jazz per catturare l’interesse dei teenagers, tramite un linguaggio visivo a loro molto familiare.
L’Italia è stata da sempre fucina di talenti jazz, musicisti apprezzati globalmente e dalle carriere luminose, in questo momento storico molto particolare i giovani e giovanissimi musicisti si stanno liberando del passato, perché hanno molto da dire con quel tanto di leggerezza che permette al genere e ai suoi giovani interpreti di fare un grande passo in avanti. In questa ricerca musicale, le big band e le formazioni orchestrali costituiscono ancora oggi un luogo di progettualità per i giovani compositori, una palestra per i giovani musicisti, uno strumento per diffondere la conoscenza del jazz e coinvolgere nuovo pubblico.
Il progetto è finanziato dal Ministero della Cultura e sostenuto dalla IMF Foundation e dalla Fondazione Musica per Roma. I promotori del progetto sono tre importanti realtà culturali, Venetojazz, Visioninmusica e Roma Jazz Festival membri della Associazione nazionale, Jazz Italian Platform. Partecipano all’iniziativa: la Colours Jazz Orchestra diretta da Massimo Morganti e la Young Jazz Art Ensemble diretta da Mario Corvini. Le sonorizzazioni e gli arrangiamenti sono stati composti da alcuni componenti delle orchestre, dal Corso di Musica Applicata del Conservatorio di Santa Cecilia e dalla scuola di alta formazione del Saint Louis Music College. Il progetto, con la consulenza di Matteo Bittanti (Milan Machinima Festival), vede anche la partecipazione internazionale di importanti video makers: Benoit Paillé; Jordy Veenstra; Riccardo Retez; Luca Miranda; Florian Krepcik, Ashford Philip Ciampà.
Programma generale
Novembre 6
Roma – Auditorium Parco della Musica
ore 17:00 Prove aperte – Biglietto (euro 2,00)
ore 21:00 Concerto – Biglietto (euro 5,00)
Young Jazz Art Ensemble – Dir. Mario Corvini
Novembre 7
Mestre – Museo del 900 – Auditorium
ore 17:00 Prove aperte – Biglietto €
ore 21:00 Concerto – Biglietto €
Young Jazz Art Ensemble – Dir. Mario Corvini
Novembre 14
Spoleto – Teatro Caio Melisso – Sala Carla Fendi
ore 15:00 Prove aperte (euro 1,00)
ore 18:00 Concerto – Biglietto (euro 2,00)
Colours Jazz Orchestra – Dir. Massimo Morganti
Associazione Visioninmusica
tel. +39 0744 432714 – cell. +39 333 2020747
info@visioninmusica.com – www.visioninmusica.com
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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