Caro Vittorio,

oltre 20 anni fa hai fondato il quotidiano Libero, un giornale che non ha mai ceduto alle strategie del politicamente corretto, e che ha sempre riportato fedelmente gli accadimenti.

Eppure, a quanto pare sono molte le persone che preferiscono essere raggirate dal politicamente corretto, evidentemente perché – come è noto – la verità piace a pochi.

Possiamo dire, quindi, che non si può essere davvero liberi se non si accetta la pura, e a volte cruda, verità? Quanto conta, e aggiungo quanto costa, oggi, essere dei liberi pensatori, non essere legati a dipendenze politiche, consumistiche e di altro genere? Esiste una forma di razzismo contro chi osa far funzionare i neuroni autonomamente?

Emilia

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Cara Emilia,

Noi umani tendiamo a vivere in una sorta di grande gregge, perché la solitudine, pure nel campo delle opinioni, ci spaventa. Ecco il motivo per cui siamo più sensibili alle mode, anche pseudoculturali, e difficilmente ci opponiamo alle tendenze che influenzano le masse.

Noi di Libero talvolta ci siamo uniformati al pensiero unico e di ciò un po’ mi vergogno, ma mi vergognerei maggiormente a non riconoscere di aver sbagliato. Mi sono sforzato, non sempre con successo, di cantare contro corrente e continuerò a farlo.

Quando si cammina per conto proprio si rischia di essere messi al bando, condannati alla emarginazione. Sono consapevole delle difficoltà, però cerco di affrontarle col sorriso sulle labbra. Non credo di essere bombardato dal razzismo, bensì dal conformismo. Il resto è noia.

Vittorio