Intervista all’Avvocato penalista Serena Gasperini: “Donne, se volete intraprendere la carriera di avvocato, indossate scarpe basse da ginnastica così arriverete prima al traguardo”…

Intervista all’Avvocato penalista Serena Gasperini: “Donne, se volete intraprendere la carriera di avvocato, indossate scarpe basse da ginnastica così arriverete prima al traguardo”…

Intervista realizzata dal direttore responsabile Emilia Urso Anfuso

Serena Gasperini, avvocato penalista dello studio Gasperini, Fabrizi, Bruzzone, è una che non molla. In tutti i sensi. Oggi si usa dire “E’ una tosta”, e riferito a lei è il termine che meglio la rappresenta. Non immaginate, però, una donna che abbia dimenticato in un cassetto la femminilità, anzi. Non sopporta la femminilizzazione delle professioni, è felicemente sposata con l’avvocato Daniele Fabrizi con cui condivide anche la professione, è donna ed è avvocato, una professione che calza a pennello su una personalità combattiva e votata alla giustizia e alla coerenza, a tutti i costi.

Di recente si è parlato di lei, e dell’avvocato Daniele Fabrizi, in relazione al caso della morte di Sestina Arcuri

Trasmissione video condotta da Emilia Urso Anfuso sul caso della morte di Sestina Arcuri – Ospiti: gli Avvocati Serena Gasperini e Daniele Fabrizi, la criminologa Roberta Bruzzone, consulente della difesa di Andrea Landolfi, e il Luogotenente del ROS, Rino Sciuto, co-conduttore della trasmissione.

La coppia ha assunto la difesa dell’unico indagato, Andrea Landolfi, fidanzato della giovane. Hanno incassato un grande risultato: l’assoluzione di Landolfi. Per la Corte d’Assise del Tribunale di Viterbo, non sussistono prove a carico del 32enne, che è tornato in libertà dopo due anni di carcere.

Da cosa nacque la sua volontà di diventare avvocato penalista? Ci racconti la sua storia…

…partiamo subito con la domanda difficile! Credo di averlo avuto sempre nelle vene. Mi hanno raccontano che da piccola ero una bambina molto coraggiosa, non avevo particolari paure e quando c’era qualche mio compagno o amico in difficoltà, in disparte o che veniva preso in giro, io prendevo sempre le loro difese.

I prepotenti, i superbi e i bugiardi non li ho mai tollerati. Questo sentimento di intolleranza è ancora molto vivo in me. Ricordo benissimo alcuni momenti della mia vita in cui ho parlato del mio futuro un po’ più concretamente. Il primo fu quando avevo 9 anni, ricordo che dissi a mio padre “Babbo da grande voglio fare il Giudice dei cattivi”!

Gli avvocati Serena Gasperini e Daniele Fabrizi in aula durante un processo

Determinata fin da bambina insomma. Prosegua…

Verso la maggiore età, dissi che volevo fare il direttore del carcere.  Credo che quello fu un momento di panico per mio padre; la mia passione per i cattivi era permanente, e quindi qualche domanda credo iniziò a farsela. Mi suggerì di fare giurisprudenza. Io non ci pensai su molto, perché ho sempre fatto ciò che mio padre mi indicava di fare. Facevo prima, lui era lungimirante, mi fidavo ciecamente delle sue scelte per me. Così iniziai l’università e dopo poco, rieccomi con un’altra idea sul mio futuro: “babbo, voglio fare il Magistrato di Sorveglianza”.

Un mese dopo aver conseguito la laurea, entrai in uno studio legale che trattava sia la materia civile sia quella penale. Non avevo ancora deciso se fare l’avvocato ma ascoltai, come sempre, le indicazioni di mio padre che sebbene non fosse avvocato, mi disse “Intanto studia per essere un avvocato, poi vedrai”… Iniziai la pratica forense scegliendo diritto civile. Dopo un anno, in vista dell’esame di abilitazione, iniziai anche a fare pratica penale.  Avevo due dominus che mi stavano formando.

Cosa la portò a decidere per il penale?

Un giorno il dominus di penale entrò a gamba tesa nella mia vita dicendomi: “Sei nata per fare la penalista, basta civile, basta con la seconda laurea, basta lo spagnolo, il tedesco, basta tutto. Vorrei parlare con tuo padre”.

Panico e felicità si alternavano. Insomma: era chiaro che da lì a poco avrei dovuto fare la scelta definitiva e, diversamente da come era stata per tutta la mia vita, questa volta la comunicavo io a mio padre. Il mio dominus ripeté a mio padre esattamente quella stessa frase. Nella stanza ci fu un attimo di silenzio, che mio padre ruppe chiedendomi era davvero la professione che avrei voluto svolgere. Risposi semplicemente di sì.  Mi rispose: “Bene, da domani non avrai nessun’altra distrazione, né altro impegno. Sii una penalista eccellente e non ti voltare mai indietro”. Era giugno del 2004. A novembre dello stesso anno mio padre mi lasciava.  Sono una penalista. Per l’eccellenza ho ancora molta strada, ma il penale mi scorre nelle vene.  

Come si concilia la sua carriera di avvocato penalista con quello di donna in una società che, almeno mediaticamente, ancora oggi vede il genere femminile soffocato da una coltre di pregiudizi?

Non so se è stata questione di fortuna oppure è dipeso dal mio carattere e dal mio modo di essere, ma non ho avuto alcuna difficoltà a conciliare il mio essere donna con l’essere una penalista, e quindi a lavorare in un ambiente prettamente maschile. Ho sempre avuto un rapporto paritario, schietto e sincero con gli uomini

È stato difficile farsi largo nel suo settore professionale tradizionalmente composto di uomini?

No, assolutamente. Ho avuto più problemi per il fatto di non avere molta esperienza che perché fossi donna.  Se quando si entra nel mondo del lavoro si inizia a pensare al proprio genere, allora penso che si cominci male.  Non mi sono mai posta il problema sul “genere”; il mio unico pensiero è sempre e solo quello sulla preparazione: sono preparata per affrontare l’udienza? Ho studiato bene il fascicolo? Mi sfugge qualcosa?  Il mio lavoro è difendere i miei assistiti, e penso solo a quello.

Tocchiamo un tema importante, le donne e la violenza di genere, ma anche gli uomini e la violenza di genere, tema di cui si parla quasi mai. Cosa consiglia al genere femminile per tutelare sé stesso?

Sarò molto schietta e diretta. Quello che penso circa la violenza di genere sarà sicuramente molto impopolare e criticato, specie in questo momento storico, ma è anche moto reale ed è esattamente quello che penso. Non sopporto il termine femminicidio; per me esiste solo il termine omicidio; non c’è genere, esiste chi subisce il reato e chi lo commette.

La violenza, da quella sessuale a quella psicologica, fino a quella fisica, è verso le donne così come contro gli uomini; solo che se una donna denuncia di essere stata vittima di una mano appoggiata sui glutei, allora scatta subito la presa in carico; se è un uomo a denunciare qualche appoggio da parte di una donna, parte una diversa tipologia di “presa”.

Integra il reato di maltrattamento in famiglia anche una moglie che dà al proprio marito del fallito, svilendolo e umiliandolo. Questa realtà esiste, ma non fa notizia sui giornali ed è difficile che approdi in un’aula.

Non ho quindi nulla di particolare da dire alle donne e sulla violenza di genere. Potrei dire molto sulla violenza, sugli abusi di potere, su come il reato e i processi non dovrebbero cambiare in funzione del genere.  Per la stessa ragione non sopporto essere chiamata avvocata o avvocatessa.  Sono un avvocato, sono un difensore e quando indosso la Toga non sono né una donna né un uomo. Il nome maschile della mia professione non toglie nulla al mio essere donna.

Come vive, a livello emozionale, i casi che tratta?

Da un lato con passione e apprensione, dall’altro distacco. Non potrei trovare termini più appropriati per descrivere le mie emozioni. Qualcuno penserà: “Ecco…la Gasperini è bipolare”! No, non lo sono.  La passione è la mia linfa. Questa professione, e questa materia, mi piacciono così tanto che quasi mai sento il peso di studiare per prepararmi al processo, o mi stanco di stare tante ore in Tribunale. Questa professione non si può fare se non ti appassiona perché sono più i contro che i pro.

L’apprensione invece è la mia preziosa alleata. Ogni volta che ricevo un incarico mi sento come se il cliente mi consegnasse in mano la propria vita.  D’altronde le mie scelte processuali, il mio lavoro in aula, il mio studio del fascicolo incideranno sulla vita del cliente. Inesorabilmente. Questa sensazione mi porta a essere sempre molto concentrata per evitare di commettere errori, ecco perché è preziosa.

Il distacco invece è il mio miglior stratega. Come penalista sono chiamata a difendere chiunque abbia commesso un reato, qualunque sia: da quello più innocuo a quello più spregevole. Ecco, per me non c’è differenza. A me non riguarda affatto se l’imputato ha commesso o meno quel reato. Io devo stare agli atti e devo assicurarmi che il mio assistito venga sottoposto a un processo corretto e nel rispetto delle norme processuali. Il penale non è per tutti.

Un consiglio alle donne che vogliono intraprendere la sua carriera?

Indossate scarpe basse da ginnastica … così arriverete prima al traguardo.

Ultima domanda: il caso che avrebbe voluto trattare come avvocato penalista.

La strage di Erba. Mi sarebbe piaciuto assistere i coniugi Olindo e Rosa. Sono convinta che i responsabili non siano loro. Sulla modalità con cui sono state svolte le indagini e acquisiti gli indizi, mi avvalgo della facoltà di non commentare.

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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