Vittorio Feltri: mi sono scomunicato da solo

Vittorio Feltri: mi sono scomunicato da solo

Di Vittorio Feltri – inviato al nostro direttore responsabile Emilia Urso Anfuso


Cara Emilia, so che ti occupi di scomunicati e poiché la categoria mi sta a cuore, nel senso che mi interessano i motivi per cui sono stati banditi, devo anzitutto dirti che io mi sono scomunicato da solo senza aspettare che qualcuno mi maledisse.

Ti racconto la mia storia ridicola e alquanto paradossale. Sono stato iscritto all’Ordine (disordine) dei giornalisti per oltre mezzo secolo, avendo sempre scritto fin dalla giovane età. Ho avuto una carriera lunga e ricca di sorprese. Cominciai come aspirante critico cinematografico in un quotidiano di provincia, non perché fossi un esperto di film, ma perché pur di firmare articoli mi adattai ad occuparmi di una materia a me estranea.

Poi il colpo di fortuna: venni assunto quale praticante alla Notte, foglio del pomeriggio diretto da un gigante della carta stampata: Nino Nutrizio. Lavorai duramente e con passione per circa 5 anni finché un altro direttore immenso, Gino Palumbo, mi volle con sé al Corriere di Informazione. Un passaggio importante. Da piazza Cavour a via Solferino fu un bel salto. D’altronde si sa: i cronisti si dividono in due categorie, quelli che lavorano al Corriere e quelli che ci vorrebbero lavorare.

Poi anche Piero Ottone mi corteggiò e io non gli resistetti: andai nella sua redazione famosa. Ebbi successivamente altri capi storici: Franco Di Bella e Alberto Cavallari. A quest’ultimo non piacevo cosicché mi dimisi per andare a dirigere Bergamo Oggi, che era moribondo. Lo rivitalizzai assumendo redattori improbabili, per esempio Pino Belleri e Luciana Frattesi, entrambi i quali poi si imposero a livello nazionale assumendo il timone del settimanale Oggi e altre testate di spicco. Assunsi pure Cristiano Gatti che divenne un inviato di classe.

Quando Piero Ostellino sostituì Cavallari sul podio rientrai al Corriere e divenni inviato speciale, un ruolo in cui feci la mia parte non secondaria. Trascorrono alcuni anni, per me felici, e Giorgio Fattori, presidente della Rizzoli, mi offrì la direzione dell’Europeo, periodico di lusso. I colleghi del quale mi accolsero con due mesi di sciopero: non mi volevano tra i piedi in quanto avevo il difetto di non essere di sinistra. Resistetti alle ostilità ambientali e nel giro di due anni raddoppiai le vendite, così, tanto per gradire. Dopo di che mi trasferii all’Indipendente in crisi.

Lo resuscitai: da 17 mila copie lo portai in un biennio a oltre 120 mila. A quel punto Silvio Berlusconi pretese che mi trasferissi al Giornale orfano di Indro Montanelli, dimessosi per contrasti politici con l’editore. Altra prodezza o colpo di culo, vedete voi: da 115 mila copie al dì il gioiello del grande toscano salì a 250 mila, e la Voce Montanelliana chiuse i battenti nell’arco di 12 mesi. Poi diressi il QN (Carlino, Nazione e Giorno) e il Borghese finché non mi venne la malsana idea di fondare Libero. Il resto è storia recente, non serve rammentarlo.

Merita solo dire che nonostante un percorso non banale da me compiuto in tanti anni, recentemente mi sono dimesso dall’Ordine dei giornalisti che mi tormentava con processi assurdi, insensati, provocati dal mio modo di interpretare la professione, cioè rifiutando i luoghi comuni del politicamente corretto, non aderendo al conformismo e al pensiero unico e respingente, tutta robaccia imposta dai progressisti.

La libertà di stampa garantita dalla Costituzione non può essere repressa da una corporazione rappresentata da giornalisti mediocri, privi di titoli e quindi non all’altezza di giudicare colleghi probabilmente invidiati poiché godono di compensi di molto superiori ai loro. L’invidia, specialmente economica, è il motore del mondo, ma a me questo sentimento fa soltanto schifo e lo rifiuto. Ecco perché mi sono scomunicato da solo. Per sentirmi sollevato dal peso di dovermi attenere a regole sceme stabilite da gente che il nostro mestiere non sa fare decentemente.

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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