Di Chiara Farigu
Cinque anni fa il terribile sisma che ridisegnò la carta geografica della nostra penisola.
Un Centro Italia dilaniato, ferito mortalmente al punto che nessuna sutura riuscirà mai a ricucire.
Molti di quei borghi che erano il vanto dell’Italia intera per la bellezza mozzafiato che li caratterizzava non ci sono più. La furia distruttrice del terremoto li ha spazzati via. Rasi al suolo.
Dopo Amatrice e Accumoli, incorniciati in uno scenario paesaggistico tra i più spettacolari d’Italia, meta di turismo per la natura incontaminata e la cucina tradizionale, tramandata gelosamente di generazione in generazione, immerse ancora oggi nelle macerie e completamente da ricostruire, altri splendidi borghi, Visso, Ussita, Castel Sant’Angelo, Castelluccio di Norcia.
I loro nomi, nei giorni della tragedia, divennero familiari a tutti noi. Abbiamo pianto con loro. Sofferto con loro. Chiesto con loro interventi immediati e ricostruzione celere.
*Immagine Wimedia Commons
Abbiamo chiesto GIUSTIZIA e pene certe per i responsabili. Perché come disse il vescovo di Rieti, Mons. Pompili, dinanzi a quelle bare messe in fila per l’ultimo saluto ‘non è il terremoto ad uccidere, ma le opere dell’uomo’. O meglio, l’incuria umana.
Quella che in nome del profitto se ne infischia di divieti e limitazioni paesaggistiche, che cementifica in ogni dove, interrando fiumi, sradicando boschi, deviando corsi d’acqua. E quando costruisce, sempre in nome del vil denaro, utilizza più sabbia che cemento.
Quella che brutalizza e violenta la natura. La stessa che poi si ribella e presenta il conto. Salato. Salatissimo. Morte e distruzione. Visibile ancora oggi, dopo cinque anni. Dopo quella terribile notte quando cambiò tutto.
299 il numero delle vittime; 238 il numero delle persone estratte dalle macerie, alcune delle quali moriranno più avanti a seguito di complicanze, portando il totale delle vittime è 303.
A tutte loro si deve rispetto e giustizia.
Cinque governi si sono succeduti da allora, quello di Matteo Renzi, di Gentiloni, due a guida Giuseppe Conte e l’attuale di Mario Draghi. Tante le passerelle dei politici, troppe le promesse fatte, ancora troppo poche quelle mantenute.
Moltissimi gli edifici ancora da mettere in sicurezza, migliaia ancora gli sfollati, molti dei quali sono nelle soluzioni abitative di emergenza, negli alberghi e in altre strutture.
Oggi è il giorno del ricordo. Della commemorazione della vittime. E, dopo la rabbia per quello che sarebbe dovuto essere e ancora non è stato fatto, di guardare con fiducia al futuro. Alla ripartenza. E quella gru assemblata pochi giorni fa nella zona rossa è da subito diventata il simbolo della ricostruzione.
Come i nuovi cantieri che hanno preso il via da qualche settimana.
*Immagine Agi
Molte delle nuove opere verranno ultimate entro il 2025: ‘Quello che c’era prima non lo ricostruiremo per via delle norme antisismiche e dei vincoli, ma realizzeremo case migliori e più accessibili. E mi aspetto che, prima che passino 10 anni dal terremoto, il centro storico di Amatrice e le sue frazioni si ripopolino– dichiara il vicesindaco Massimo Bufacchi- Abbiamo faticato a decollare, ma ora siamo in quota e voliamo verso la direzione giusta, anche se la strada è lunga’.
A rimboccarsi le maniche, per primi, sono stati i privati. I comuni cittadini che non s’arrendono. Che rivogliono la loro quotidianità. Tra quelle montagne, le più belle d’Italia.
Per non dover dire ‘c’erano una volta dei borghi meravigliosi’.
*Abbiamo stipulato un accordo con l’autrice per la ridiffusione di alcuni suoi pezzi. L’articolo di Chiara Farigu, a questo link
**Immagine di copertina: Avvenire (Lapresse)
DONA ORA E GRAZIE PER IL TUO SOSTEGNO: ANCHE 1 EURO PUÒ FARE LA DIFFERENZA PER UN GIORNALISMO INDIPENDENTE E DEONTOLOGICAMENTE SANO
Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
Lascia un commento