Il primato della politica: Covid & Co. E se la colpa non fosse delle industrie farmaceutiche ?

Il primato della politica: Covid & Co. E se la colpa non fosse delle industrie farmaceutiche ?

Di Claudio Rao

Economia e finanza non hanno morale. Il loro unico scopo è il profitto, il guadagno. Di questo ormai ce ne siamo accorti da quando il tramonto dell’ideologia ha spianato la strada all’economia di mercato.

Contrariamente alla politica che, secondo la definizione dell’enciclopedia Treccani, è « La scienza e l’arte di governare, cioè la teoria e la pratica che hanno per oggetto la costituzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello stato e la direzione della vita pubblica ». A cui è necessariamente sottesa un’etica, una morale.

Insomma, se la bussola dell’economia è il profitto, quella della politica è la morale. E, se da decenni ci rivoltiamo contro la “cattiva politica”, è proprio per la sua immoralità fronte ai valori fondanti della nostra cultura. Perchè senza etica, la res publica diventa ingiustizia, abuso.

Se poi, come ne abbiamo spesso l’impressione, la politica abdica a favore del “mercato”, allora la situazione si fa grave e allarmante. Perchè alla morale (il bene comune) della politica, si sostituisce l’obiettivo del profitto. Sulla nostra pelle.

È quanto molti di noi temono a seguito della gestione “sanitaria” di questa pandemia.

Anche se non sarebbe corretto mettere tutte le industrie farmaceutiche sullo stesso piano, dobbiamo necessariamente constatare che le molecole, i principi attivi (mi si perdonerà il linguaggio da non addetto ai lavori – sia in campo medico che economico) più costosi che non hanno necessariamente dimostrato un’efficacia particolarmente significativa, sono stati autorizzati dalle autorità sanitarie. Questo, osservano i più disincantati, per accrerscere il valore in borsa dell’industria farmaceutica che li produce.

Tuttavia, puntare il dito contro questi laboratori – alla luce di quanto affermato poc’anzi – sarebbe inesatto. Perfino sbagliato. La responsabilità è nostra. E prioritariamente dei soggetti politici e della comunità internazionale. Se accettiamo che il mercato dei farmaci sia governato dal capitalismo finanziario, non possiamo accusare i laboratori farmaceutici, aziende private che calcolano spese e benefici, tengono ai propri azionisti e sono attenti alle quotazioni in borsa.

Se la politica non si è mai preoccupata di proteggere il settore farmaceutico dagli interessi meramente economici, è evidente che gli interessi prevalgano sulla morale !

Perchè la salute, come l’educazione, il cibo, l’acqua potabile e i servizi igienico-sanitari sono beni pubblici per eccellenza e dovrebbero essere controllati e protetti. Mondialmente.

Relativamente alle istituzioni internazionali, ricordiamo che l’organizzazione mondiale della sanità (OMS) è una filiale dell’ONU. I suoi dirigenti si chiamano Vladimir Putin, Angela Merkel, Emmanuel Macron, Joe Biden, Recep Erdogan,  ecc. Ovvero i governanti degli Stati nazionali. Sono loro che decidono se e quando l’ONU deve agire. Stessa cosa per l’OMS.

Oltretutto, in seno all’OMS non esiste un sistema che “obblighi” un Paese a seguire le indicazioni date. Contrariamente a cio’ che avviene per l’OMC (organizzazione mondiale del commercio), dove chi manca alle direttive viene escluso, per l’OMS la comunità internazionale non ha previsto alcuna sanzione.

Non dimentichiamo che il direttore generale dell’OMS è eletto dai capi di Stato. Il che non gli conferisce eccessuva liberà fronte a coloro che hanno sostenuto la sua candidatura.

Insomma, l’abdicazione della politica – reclamata in strada dalle numerose manifestazioni di questi giorni in Italia conme nella vicina Francia – ha prestato e presta il fianco al dominio dell’economia e della finanza. Anche per scelta di un’UE che pare più sensibile all’economia di mercato che allo Stato sociale,  in cui molti di noi avevano sperato al momento dell’entusiastiaca adesione dell’Italia, Paese fondatore e partner fondamentale.  

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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