Rubrica a cura di Susanna Schivardi e Massimo Casali
Intervista tramite piattaforma online a Sergio Germano, proprietario dell’azienda Ettore Germano, storico nome in Alta Langa, dove da 4 generazioni la terra è sinonimo di vigna. Sergio Germano, collegato con noi, racconta a cuore aperto la sua storia, la sua famiglia e il profondo amore per il vino.
Ebbene sì, siamo arrivati a Serralunga d’Alba, in Piemonte, dove un terreno votato al vino non smette di offrire grandissimi prodotti e come vedremo a breve, è capace di declinarsi sotto forme inaspettate. Qui i vigneti si allungano su colline tra i 300 e i 450 metri di altezza. Ora un manto di neve ricopre la terra, ma la vite è forte, e in terreni come questo, offre una varietà di sentori che nel vino si riflettono intatti.
Sergio Germano, quarta generazione dell’azienda Ettore Germano, collegato dal suo ufficio, inizia a parlare senza canovaccio, con una fluidità disinvolta, aprendo il flusso di pensieri con una riflessione “la natura è dominante, lo dimostra il Covid – ci dice quando notiamo alle sue spalle un paesaggio innevato che fa da scenografia – contro la natura non si può fare più di tanto, l’importante è accompagnarla e gestirla”. E lui, nato contadino da famiglia di contadini, con i suoi studi ha tentato di dare delle spiegazioni scientifiche a quello che accade in natura. “Non per cambiarla ma per seguirne le evoluzioni”.
La famiglia aveva la classica azienda mista, ha conosciuto bene la terra, e Sergio, seguendo le orme del padre, profondo amante della vigna, ha studiato nella rinomata Scuola Enologica di Alba, affinando in seguito le sue abilità attraverso l’esperienza diretta.
“I contadini a quell’epoca – ricordando i tempi del nonno e del padre – cercavano di sopravvivere, negli anni del dopoguerra – il nonno è del 1902, mancato nel 2000 – si cucivano le pantofole per i soldati per raccattare qualcosa di più, perché la vigna rendeva poco”.
Quel tempo era caratterizzato da un commercio diverso, il vino si vendeva sfuso e il nonno andava in giro con carro e cavallo, il padre lavorava le vigne. Negli anni ’60 Ettore Germano, padre di Sergio, ha un’intuizione e converte l’azienda mista, allora 3 ettari, in azienda viticola. Fu un corso di innesto a fare la differenza “mio padre era un chirurgo nell’innesto, amante della coltivazione fatta bene, quindi vendeva l’uva ma odiava essere alla merce dei pochi negozianti che imponevano il loro prezzo, così si fece pochi clienti privati che compravano i dieci o quindici quintali per produrre il vino in casa”.
Nel 1985 Sergio esce dalla scuola di Alba, fa alcune esperienze in altre aziende e continua a seguire le orme del padre di cui racconta “col tempo i clienti cominciarono a chiedere a mio padre di fargli il vino in damigiana, ma lui non amava la cantina perché diceva che lo distraeva dalla vigna – continua il lungo racconto – ma mia madre, Rosanna Porro, già figlia di un produttore di vino che aveva una tradizione sviluppata di vinificazione, era più intraprendente e voleva portare avanti questo discorso”. Dal dire al fare il passo è breve perché Sergio integrando le sue conoscenze, costruisce un locale per fare vinificazione e imbottigliare. Quindi nel 1988 escono in commercio le prime bottiglie di Dolcetto, Barbera e Barolo e Chardonnay. Dal 1993, quando Sergio smette di lavorare fuori, tutta l’uva prodotta viene vinificata e imbottigliata. “Questo è stato il grande cambiamento – spiega– la grande rivoluzione del vino in Langa, e in tutta Italia, cioè passare dal bere il vino in damigiana portata da un produttore sconosciuto al bere il vino in bottiglia, evitando così il problema del metanolo” con maggior garanzia di origine e qualità.
“Premettendo che la mia passione per il vino mi spinge sempre verso la qualità – continua a raccontare – nell’85 ho iniziato a coltivare l’idea di vinificare anche in bianco, per misurarmi in un campo inconsueto alla nostra realtà. E’ stata una grande scommessa considerando il territorio votato al rosso in cui ci troviamo”. Sergio si lascia coinvolgere dall’idea del bianco, contro tutti i pronostici. “Tra l’86 e l’87 i primi piccoli impianti – racconta – e poi nel 1988 esce il primo Chardonnay, nel ‘95 il Riesling, sempre a Serralunga piccola quantità, invece in Alta Langa mi sono cimentato nel ’97 e ’98, realizzando qui il mio primo vigneto di Riesling e Chardonnay”. Ricordiamo che in Alta langa per il metodo classico troviamo il Pinot Nero e lo Chardonnay.
Era certo del risultato? “Io non sono mai certo di nulla, anzi – commenta ridendo – non ho mai fatto indagine di mercato ma, ho detto, provo a piantare mille piante di Riesling perché mi piace. Ho aspettato e ho visto dei buoni risultati prematuri sul mercato, non pensavo che questo vino destasse così grande interesse”. All’inizio i vicini gli davano dell’incosciente, perché in quella zona si produceva solo Dolcetto, “poi si sono ricreduti e hanno cominciato a offrirmi terreni e ci siamo allargati nel tempo, partendo dai 4 ettari, oggi sono 10 ettari in Serralunga 10 a Cigliè in e Alta Langa”. Sergio negli anni è cresciuto, in quantità ma soprattutto in qualità, con i 10 ettari piantati a Riesling e Chardonnay, e il Pinot Nero e Chardonnay per il metodo classico in Alta Langa. Un piccolo spazio viene riservato al Nascetta “è un vitigno locale ci spiega – di queste zone del Barolo, e lo produciamo soltanto in 40 aziende per circa 300.000 bottiglie totali” – conclude Sergio che in zona viene chiamato bianchista di Langa.
Le donne sono protagoniste in questa terra dove il mondo femminile sembra, erroneamente, messo da parte. La madre Rosanna ha dato un grande impulso al carattere intraprendente del figlio, che ci racconta “La donna in Langa in realtà è sempre stata la protettrice della famiglia, era lei che nascondeva i soldi nel reggiseno o sotto il materasso per evitare che il marito andasse a giocarsi tutto”. Una sorta di rappresentante di economia sostenibile di cui si parla tanto oggi! “Dopo mia madre, sempre pronta ad ingrandire i terreni, il vero intraprendente oggi sono io – spiega Sergio che somiglia molto a Rosanna e di cui parla con fierezza – per crescere e avere disponibilità di materiale, nel tempo, ho aggiunto anche delle vigne che erano in origine della famiglia Porro, la famiglia di mia madre, facendo investimenti importanti. Mia moglie invece, che ha sposato me e il mio lavoro, tende a essere più cauta”.
La moglie di Sergio, Elena Bonelli, madre di Elia e Maria oggi studenti universitari, è artista e creatrice di alcune etichette, ogni tanto frena il marito ma a quanto pare è un palato ottimo di riferimento per l’assaggio delle bottiglie. “Le propongo i vini e capisco la loro bontà o meno dalla sua faccia – racconta sorridendo Sergio – oltre il panel gustativo che abbiamo in cantina, l’importanza di avere un parere non tecnico ma edonistico, è fondamentale. Elena ha una forte sensibilità ed è molto preparata, ha terminato il corso ufficiale per sommelier e si è appassionata”. Sergio è circondato da collaboratori tutti meritevoli, non vuole escludere nessuno, partendo da Davide, braccio destro in cantina, che continua le fasi di sperimentazione mantenendo un punto di vista personale. Poi Mara, la giovane ufficio stampa e relazioni con l’Italia, Vasile, Mariana, Mademba in vigna già da quindici anni quindi profondamente fidelizzati.
Non dice di non aver mai sbagliato, ci sono stati anche momenti in cui, da solo, faceva il trattorista, l’enologo e il commerciale. Ormai vent’anni fa. Allora capitava ogni tanto di non prestare attenzione ad alcuni dettagli.
Oggi l’azienda, che ricordiamo è stata fondata nel 1975, è a pieno regime, lavora bene, conosciutissima ovunque e come ci spiega il proprietario “l’estero è una frangia piuttosto ricca, arriviamo fino agli Stati Uniti e da aver trovato una distribuzione che fa un bel lavoro con 40% di vendite in Italia, il 15% di visite e mercato in cantina, e il resto export, piccola percentuale di Oriente ma soprattutto Europa, Danimarca, Nord Europa”.
I tedeschi bevono il Riesling? “Si e alcuni comprano il mio Riesling per giocare con gli amici con degustazioni alla cieca, e vendere il Riesling in terra tedesca è un po’ come vendere frigoriferi al Polo Nord!”. Nota giustamente e noi gli diamo ragione.
Quando gli chiediamo qual è la sua bottiglia del cuore, ci commuove al ricordo che lo lega al padre, “il Barolo Cerretta, senza dubbio – racconta – quello che ha origine nella vigna dove lavorava mio padre. E io ero lì, da bambino, a giocare con la terra o con i tralci mentre lui stava in vigna, a volte mi portavo un libro da leggere e stavo lì. E’ quello che rappresenta di più Serralunga, il senso che io do al Barolo”. Dopo una breve pausa continua “Questo vino, il Barolo, si esprime in potenza, che è una qualità intrinseca nel terreno, per questo provo ad interpretare il prodotto cercando eleganza e finezza. Oggi fare dei macigni è un po’ anacronistico, sia per il cambiamento climatico, sia perché la finezza è una cosa che non preclude la struttura del prodotto ma è un modo per gustarlo con più piacevolezza”. Il racconto per poco si sospende e noi rivolgiamo uno sguardo al Barolo Cerretta che aspetta di essere assaggiato.
E’ arrivato il momento della degustazione e Sergio ci accompagna nell’assaggio delle bottiglie.
Il primo è l’Alta Langa. Un metodo classico di altissima qualità. Il nostro ospite ci ricorda dei particolari del disciplinare Alta Langa, che impone almeno 30 mesi sui lieviti e un utilizzo di uve della stessa annata, quindi Millesimato.
Qui abbiamo Pinot nero al 75% solo acciaio, Chardonnay 25% che fermenta in botti da 500 litri di rovere francese, media tostatura e mai nuove. Son contento – continua una breve analisi di mercato – che la sua idea è quella di produrre un Alta Langa in linea con i vini della zona, definendolo gastronomico, quindi secco, asciutto e strutturato, abbinabile a piatti più elaborati. Il dosaggio di 1 gr/lt consente l’apertura di profumi e aromi ma non interferisce come sensazione dolce.
I profumi dei lieviti e della pasticceria sono perfettamente integrati alle note floreali e sapide. In bocca rimane cremoso, fresco e con un’effervescenza piacevole e persistente.
La seconda bottiglia è il nostro amato Riesling. Lo abbiamo battezzato nostro perché ci fece compagnia in una bella cena in estate, protagonista per noi di una bella narrazione che ancora oggi abbiamo nel cuore.
Sergio confessa il suo debole per i vini bianchi, per questo ha deciso di dedicare una vigna a questo vitigno insolito nella zona. Nonostante i vicini fossero scettici sulla scelta dei vitigni bianchi, Sergio riceve un successo inaspettato e rapido. Trasporta la sua esperienza dall’estero per creare un vino a dir poco eccezionale, dal colore giallo paglierino, con riflessi verdognoli. All’apertura subito il profumo classico del Riesling, venato da nota di idrocarburo presente ma non invasiva, poi frutta fresca, ananas e agrumi. Non manca la presenza del terreno con un’importante mineralità e sapidità. Il gusto rispecchia i sentori olfattivi con una buona sapidità e accenni balsamici. Equilibrati gli idrocarburi ed una bella freschezza che rende questo vino una perla rara. Da abbinare a formaggi freschi o crudi di pesce.
Alla domanda “i tedeschi comprano il suo Riesling? “Sergio ci risponde che lo comprano per paragonarlo con i loro”.
Una piccola nota merita l’utilizzo del tappo a vite Stelvin “è neutro e ha rispetto totale della qualità del vino. Si può scegliere anche la membrana di chiusura della bottiglia che ci porta a decidere se lasciar traspirare un pelino di più o meno il vino”. A Sergio piace che l’ossigeno sia in quantità utile per vinificazione e affinamento ma, una volta in bottiglia, meglio lasciarlo stare!
E per ultimo il pezzo forte. Apriamo il Barolo.
Nelle vigne MGA, menzioni geografiche aggiuntive, Germano produce i suoi Barolo.
Il Barolo DOCG Riserva Lazzarito, Barolo DOCG Prapò, Barolo DOCG Cerretta ed il Barolo Vignarionda, ultima acquisizione oltre al Barolo del Comune di Serralunga d’Alba, dall’assemblaggio delle vigne più giovani Noi abbiamo in degustazione Barolo DOCG Cerretta 2016, vigneto storico dell’azienda. Questo vino fermenta per circa 45 giorni sulle bucce e viene sottoposto a rimontaggi giornalieri. Con un affinamento in botti francesi da 700 litri. Il terreno calcareo dona struttura e mineralità. Il tannino è ben presente ma perfettamente elegante ed armonico, dovuto, come ci spiega Sergio, ad un ottimo lavoro in vigna, aiutati anche dal riscaldamento atmosferico che ne permette la maturazione ottimale. Al palato questo vino è pieno ed intenso. Frutta rossa matura, tabacco e balsamicità insieme ad una mineralità ed un’ottima freschezza assicurano a questo vino una buona longevità. Lo possiamo abbinare a piatti di carne rossa o formaggi più stagionati o anche da solo accompagnato da qualche castagna. Essendo un vino votato alla longevità sarebbe interessante partecipare ad una verticale.
In attesa di poter viaggiare di nuovo, salutiamo Sergio Germano. Alle sue spalle ormai il manto nevoso è abbracciato dall’oscurità, il tempo è trascorso e anche per noi è ora di salutare il nostro ospite.
Continuate a seguirci per altre novità in arrivo. Siamo lenti ma abbiamo imparato che lentezza e qualità vanno d’accordo. A noi piace degustare il vino senza fretta, e nello stesso modo elaboriamo le interviste e dagli incontri cerchiamo sempre di far emergere la vita e la passione nascoste in ogni storia.
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