Recensione di Susanna Schivardi e Massimo Casali
Una raccolta di storie, un romanzo breve, idee frastagliate nel tempo. Una manciata di righe, intense e dense come lo sono tutti gli inizi, come sono le emozioni che si accavallano nel tempo, andando a fermentare e riscaldarsi fino ad un magma che ad un certo punto sente la necessità di uscire. Quando ho letto i racconti di Gualtiero Cerutti ho avuto questa forte sensazione, di qualcosa che dovesse essere detto. Lui un avvocato, civilista, impantanato con beghe legali, clienti problematici, coppie in crisi, ma anche un raffinato “psicologo”, di quelli che interpretano i silenzi più che le parole, le cose dette fra le righe, gli intenti rimasti in potenza. La sua passione per la montagna e la sfida che ogni giorno intavola con se stesso, devono averlo spinto a cercare e trovare, probabilmente, un canale adatto a raccontare il suo esserci nel mondo.
La scrittura cristallina, la sintassi impeccabile, quasi ciceroniana, lasciano trasparire gli studi classici, la penna facile che scivola sul foglio senza esitazioni. La mente lucida, esatta del legale lo rendono conciso, sintetico, preciso, puntuale. Ma non per questo distante o deludente. Anzi. Fa quasi piacere un certo ritorno al classico, alla parola corretta, all’aggettivo ricercato, alla punteggiatura che segue i suoi vecchi canoni, come una vecchia scorbutica che all’improvviso smette di lamentarsi perché finalmente qualcosa gira nel verso giusto. In questi giorni di grande confusione emotiva, di destabilizzazione fisica, l’armonia e la pacatezza del Cerutti ci riportano quasi ad un’oasi di pace, ad un momento di pausa dalle nostre paure.
L’ambientazione in montagna e la descrizione puntuale di dettagli, sfumature, anche se a prima vista leziose, alla fine concorrono a un quadro completo e incorniciato della vicenda, entro la quale storie umane comuni, e non, sbobinano le loro verità. Brevissimi squarci di romanzi di formazione, personaggi che entrano nel nostro campo visivo e ne escono trasformati, tramite le parole, il susseguirsi di eventi concatenati che rendono verosimile tutto quello che si legge. Non appena la tensione si alleggerisce e pare quasi che si giunga ad una banale deriva, il tono si innalza, come lo sguardo verso una vetta, e il lettore viene all’improvviso catapultato in un’altra dimensione. Con pochi suggerimenti, con un non detto che però vive e pulsa.
La primavoltità di Gualtiero Cerutti è come un’alba per un bambino che non ha perso illusione e spontaneità, quello sguardo incantato di cui ancora necessitiamo, nonostante adulti, per sorprenderci di fronte alla complessità dell’esistenza. Senza inciampare mai nel malinconico accartocciarsi del pessimismo, i protagonisti sembrano vivere di una loro forza interiore, con uno sguardo attento, indagatore, mai cedevole.
Agosto, il racconto di dieci pagine che si è meritato un terzo posto alla Seconda Edizione del Concorso Letterario organizzato dalla Commissione Culturale del CAI di Milano, esprime forza, vigore, la montagna brilla di fronte ai nostri occhi con la sua natura simbolica, cornice di una storia semplicissima eppure liberatoria.
Il romanzo breve che è incipit del volume, Ogni inizio è difficile, disse il ladro, e per prima cosa rubò l’incudine, è la storia di uomini e donne in cerca di sé stessi. Storia di crescita e consapevolezza, storia di una natura inflessibile, come quella che stiamo vivendo adesso, una natura protagonista assoluta di metamorfosi inaspettate, soprattutto fonte di eventi imprevedibili e immediati, deus ex machina di azioni e reazioni che convoglieranno tutti verso un fine ultimo. Sorridendo è la parola che chiude il romanzo, ed è quello che fa il lettore alla fine di questa avventura, in maniera non calcolata ma istintiva.
Il romanzo breve giallo è di qualche anno addietro, Omicidio in Tribunale, dove il Cerutti evidentemente si lascia inspirare ossequiosamente dalla lunga esperienza protratta nei corridoi infausti e polverosi di luoghi che ben conosce, come una muffa ormai attaccata alla pelle, un fungo dal quale è impossibile guarire. Ma si sente anche che la sua professione gli piace e tanto, si percepisce nel lessico per addetti, nelle parole calcolate, nella struttura della vicenda. Tuto ad un tratto ha sempre un risvolto pratico, reale, mai nulla lasciato al caso. I riferimenti alla montagna però non mancano, come se il suo cuore non riuscisse a staccarsi da quelli che sono gli immaginifici momenti in cui il senso di libertà esprime in pieno il suo fervore. Le vette, il cielo terso, e soprattutto quei cari personaggi a cui prima o poi, leggendo il nostro, ci si abitua, e a cui ci si affeziona. Non mancano i riferimenti all’attività sportiva che il nostro avvocato e scrittore ha intrapreso da qualche anno, il climbing, di cui emergono tracce qui e là come in un pararomanzo giallo che gli addetti ai lavori non avranno dubbi a riconoscere. Nonostante qui si legga un Cerutti agli esordi narrativi, la penna risulta essere sempre la stessa, vivace, colorita, fantasiosa, ricca di dettagli e aggettivi dannatamente azzeccati.
Ai lettori la sentenza sulla bellezza delle storie, l’intreccio e la soluzione ad alcuni incastri che a tanti potrebbero sembrare azzardati.
Autoironico e caustico si lascia andare in una piccola biografia dove racconta di sé, sempre con quello sguardo beffardo che pare voglia non prendere mai troppo sul serio la vita. I ringraziamenti chiudono l’opera, come un vero autore consapevole di mettersi allo scoperto, di dover venire fuori e aspettare il giudizio del pubblico. Ma lui non si spaventa, lo fa, sorridendo.
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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