Di Chiara Farigu
Il 2 gennaio di 61 fa se ne andava Angelo Fausto Coppi, per tutti il Campionissimo. Nessuno come lui, nella storia del ciclismo. Icona intramontabile di uno sport meraviglioso ma durissimo che ha fatto sognare diverse generazioni e che, ancora oggi, per gli atleti delle due ruote rimane il faro a cui anche solo indegnamente tentare di avvicinarsi.
La sua vita, una leggenda. Destinato quasi certamente a seguire le orme contadine del padre Domenico, il giovane Fausto ha iniziato come garzone di salumeria a Novi Ligure. E’ allora che ha inforcato la sua prima bici, le consegne andavano recapitate nel più breve tempo possibile, un gioco da ragazzi per il futuro campione che su quelle strade volava come un airone.
Leggero, veloce, affidabile.
Sarà suo zio a regalargli una due ruote molto rudimentale, la sua prima bici, amore che durerà fino all’ultimo respiro, esalato a Tortona il 2 gennaio 1960, a soli 41 anni a causa della malaria (non diagnostica in tempo) contratta durante un viaggio in Alto Volta.
La sua prima corsa è datata luglio 1937. Inizio non molto promettente, a metà gara è costretto a ritirarsi poiché una gomma si sgonfia inaspettatamente. Non si arrende, Fausto. Il ciclismo gli è entrato nelle vene, è deciso, sarà quella la sua vita. Nel 1940 vince il Giro d’Italia, la via del successo è ormai tracciata. Ma prima dovrà fare i conti con la seconda guerra mondiale.
Esperienza piuttosto tormentata che lo vede dapprima militare a Tortona e poi prigioniero degli inglesi in Africa, a Capo Bon. Nel ’43 viene internato a Megez el Bab e poi trasferito al campo di concentramento di Blida, nei pressi di Algeri.
Esperienza traumatica dalla quale però esce indenne. Tornato a casa si riappropria della sua vita, mette su famiglia con Bruna Ciampolini (dalla quale avrà la sua prima figlia Marina), e riprende gli allenamenti. Il suo talento non passa inosservato alla Legano che diventa la sua prima squadra da professionista. Seguiranno negli anni la Bianchi, la Carpano, la Tricofilina, la San Pellegrino.
Il carnet delle sue vittorie è vastissimo, praticamente ha vinto tutto e di quel tutto più volte: cinque giri d’Italia, due Tour de France, tre Milano-Sanremo, una Parigi-Roubaix. Ma anche tre Mondiali, due su pista e uno su strada, quattro titoli italiani, cinque giri di Lombardia.
Storica la ‘rivalità’ con l’altra leggenda del ciclismo, Gino Bartali ovvero il ‘Ginettaccio’, com’era noto per il suo carattere fumantino. Rivalità che ha diviso le due accese tifoserie. Mentre loro, Bartali e Coppi, su questa ci hanno giocato a lungo. L’hanno persino cantata durante una puntata de Il Musichiere. Memorabile quella foto che li ritrae mentre si passano la borraccia lasciando nel mistero chi la passa a chi. Due campioni dei quali si è perso lo stampo. Irraggiungibili.
‘Un uomo solo al comando’, così venivano raccontate dai cronisti sportivi le epiche imprese del Campionissimo sulle montagne più dure aspre e impervie che immancabilmente scalava arrivando appunto primo dopo aver distanziato il gruppo degli inseguitori.
La sua vita, una leggenda. Compresa quella privata che non fu da meno. Fece scandalo, nell’Italia post-bellica, ancora molto puritana, la relazione extraconiugale con Giulia Occhini, definita dalla stampa di allora ‘ la Dama Bianca’, a sua volta sposata, donna per quale abbandonò la sua famiglia. Un’unione osteggiata dalle rispettive famiglie, dall’opinione pubblica, dalla tifoseria sportiva e dalla Chiesa. I due finiscono sotto processo e poi condannati: Coppi a due mesi di carcere, la Occhini a tre. Pena che poi verrà sospesa. Il clima sempre più irrespirabile convince i due a trasferirsi all’estero, in Messico si uniscono in matrimonio. Dalla loro unione, nel 1955, nasce Il figlio Faustino.
Dal 15 settembre del 2019, in occasione del centenario della nascita, Castellania, paesino nell’entroterra alessandrino che gli ha dato i natali, si chiama Coppi-Castellania, ma anche più semplicemente solo Coppi. E’ un borgo-museo dove tutto parla di lui, mito indimenticato e intramontabile.
***Abbiamo stipulato un accordo con le autrici del sito www.scrignodipandora.it per la ridiffusione di alcuni loro articoli. Il pezzo di Chiara Farigu a questo link
***Immagine di copertina: foto di sconosciuto – (EN) Gino Bartali, bicycle star of golden days, honored at the Jerusalem Holocaust Memorial, su lideamagazine.com, 25 ottobre 2013., Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=4811101
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