Itinerari d’Italia – Da Roma a Marsala con un click: l’azienda siciliana Caruso&Minini raccontata da Giovanna Caruso e Andrea Artusio

Itinerari d’Italia – Da Roma a Marsala con un click: l’azienda siciliana Caruso&Minini raccontata da Giovanna Caruso e Andrea Artusio

Rubrica a cura di Susanna Schivardi e Massimo Casali

Dal Lazio alla Sicilia il viaggio è stato breve. Il Covid ci ha nuovamente chiuso entro i confini regionali, quindi per arrivare a Marsala, abbiamo utilizzato un computer, e durante un meeting dell’11 novembre abbiamo conosciuto Giovanna Caruso e Andrea Artusio. Con loro abbiamo scoperto la realtà dell’azienda Caruso&Minini che già dal nome suggerisce un legame che da Sud a Nord ha superato barriere culturali per fondere due famiglie in un unico obiettivo. “Io sono la quarta generazione – ci racconta Giovanna – perché mio nonno, e ancora prima mio bisnonno, vendeva uva ad altri produttori, solo dopo il 2000 infatti abbiamo iniziato a produrre noi come azienda il nostro vino, imbottigliandolo ed esportandolo in tutto il mondo”.

I vigneti di Caruso&Minini

Un’ascesa fortunatissima, data dall’incontro del padre di Giovanna, Stefano Caruso, e i titolari dell’azienda di commercializzazione del Nord, Mario e Francesco Minini. Solo in secondo momento, dopo la laurea in Giurisprudenza, Giovanna si appassiona al vigneto e all’azienda, e decide di occuparsi della parte commerciale. “Mia madre è avvocato e inizialmente mi ha ispirato a studiare legge – dice Giovanna – poi l’amore per la terra ha prevalso e ho seguito le orme di mio padre, agronomo”. Giovanna ha 32 anni e con lei lavora il marito Andrea Artusio “ci siamo conosciuti tanti anni fa – racconta Andrea che è di Cuneo e ha studiato Farmacia – abbiamo frequentato l’Università a Pavia e poi abbiamo dedicato tanto del nostro tempo a viaggiare”.

Apertura e degustazione di Cutaia, Nero d’Avola 2016 – azienda Caruso&Minini

Per Andrea dopo la laurea arriva un master in marketing che gli regala l’occasione per occuparsi di tutta la parte comunicazione dell’azienda, portando la Caruso&Minini fin sulle tavole d’oltreoceano. “Vedere le nostre bottiglie sulle tavole asiatiche, ma anche statunitensi, australiane e canadesi, ci riempie di orgoglio ed emozione”. Sono più di 30 i paesi dove la Caruso&Minini si è fatta strada “Un aneddoto che ancora ricordo – aggiunge Giovanna – al nostro viaggio di nozze in Australia, capitiamo a casa di amici di famiglia che per pranzo aprono una bottiglia presa dalla cantinetta. Era un nostro Syrah, e la padrona di casa era completamente ignara che noi fossimo i proprietari dell’azienda!”. I due ragazzi hanno visto il mondo grazie al vino “è uno degli aspetti che amiamo di più di questo lavoro – suggerisce Andrea – conoscere nuove culture ti apre la mente e il vino è stato il nostro tramite per farlo”.

La zona dell’entroterra marsalese, dove l’azienda è ubicata, è un territorio molto ricco, ventosissimo e asciutto, poco bagnato dall’acqua e irrigato naturalmente “è un terreno che si presta a diversi uvaggi, uno fra tutti il Syrah, che nonostante sia internazionale, lo sentiamo molto nostro – ci dice Giovanna – perché da noi si esprime in tutte le sue potenzialità”. A 15 km dal mare e in un entroterra che risente ancora molto della salinità, il terreno si apre fino a 120 ettari, con una produzione di 800.000 bottiglie l’anno. “Non abbiamo disposto l’edificio dedicato alla produzione in campagna per problemi di rete idrica ed elettrica – ci spiega Andrea – quindi le uve vengono portate a Marsala e poi è lì che il vino, dopo la lavorazione, viene imbottigliato, ma il bel baglio lasciato dai nonni di Giovanna vedrà un rinnovamento molto presto e diventerà un’area ricettiva per i turisti che arrivano in zona”.

Per ribadire l’attenzione al territorio grande vanto, e non a torto di questa azienda, è il metodo classico che i due ragazzi sottolineano essere “essenzialmente di Catarratto, invece che chardonnay come ci si aspetterebbe. E’ stato un esperimento all’inizio – continua Giovanna – con una sboccatura prima di 12, poi 24 e infine 36 mesi, ora con l’annata del 2016 siamo a 24 mesi e da questo facciamo 5 o 6.000 bottiglie l’anno”. La curiosità di assaggiarlo sarà sicuramente un bel motivo per andare a trovarli!

La bellezza di una storia famigliare è inestimabile, gli occhi di Giovanna si riempiono di emozione quando ripensa al nonno Nino, artefice di tutto quello che lei, la sorella Rosanna e il marito Andrea contribuiscono a rendere una grande realtà internazionale. “Abbiamo dedicato un vino a mio nonno Nino – ci racconta Giovanna – che è uscito con la prima bottiglia del 2009 esattamente due anni fa, ora abbiamo quella del 2011, e la particolarità del prodotto contempla ovviamente una produzione limitata a 3.500 bottiglie”. Nino è il risultato di una selezione delle migliori uve autoctone della zona, Nero d’Avola, Frappato, Nerello Mascalese, Perricone. Vantando un etichetta originale disegnata dal cugino di Giovanna, grande talento uscito dall’Accademia di Brera, questo vino viene prodotto solamente negli anni in cui le uve raggiungono il massimo della loro potenzialità. Il nonno è girato di spalle, nell’atto di andare avanti a tutti “perché lui era davvero avanti a tutti” – sospira Giovanna commossa ma con discrezione. La vinificazione del Nino ha come scuola quella dell’Amarone, quindi appassimento in pianta e sui graticci, poi quattro anni in tonneau, 12 in bottiglia e da cui nasce un vino possente, quasi masticabile, “un vino che va bevuto da solo – aggiungono Giovanna e Andrea – un vino da meditazione, magari accompagnato da qualche castagna ma nulla di più”. La confezione del Nino prevede quattro bottiglie e non sei come di norma, e ogni bottiglia viene avvolta da una carta velina che la protegge.

Stefano Caruso

Le bottiglie che ci sono arrivate da questi vigneti interni della zona di Salemi, dove regnano le tecniche a spalliera e a guyot, sono due eccellenze della Linea Selezioni, molto pregiata e di cui fa parte anche il sopra citato Nino. “Le Selezioni è una linea molto amata dal papà di Giovanna e dall’agronomo che lavora con lui, Fernando Paternò – ci spiega Andrea – e ha visto anche un recente restyling nelle etichette, molto sobrie ed eleganti nella loro semplicità”. Vini proiettati all’evoluzione per questo non sorprende trovare annate di una certa età. Il Cutaia apre la degustazione a distanza di oggi, un’esperienza unica ma anche simbolica, metafora di un nuovo stile di vita in cui il prodotto fa da paciere e da tramite, quasi un messaggio ottimista e latore di buone novità. “Il Cutaia – come ce lo presenta Andrea – è chiamato così perché il terreno, una volta letto di un fiume, è pieno di sassi chiamati Cuti – ce li mostra – che hanno reso il terreno calcareo e argilloso, quindi molto ricco”. Un Nero d’Avola Riserva che esprime tutta la sua possanza attraverso i sentori di frutti rossi maturi come mora, prugna, amarena, spunti di cacao amaro e spezie. Ovviamente il territorio determina la qualità di questo vino con una freschezza intensa che lo rende perfettamente equilibrato. Nulla da dire alle note tanniche, mature e di ottima qualità. Andrea aggiunge che è ideale con polenta e cinghiale oppure con formaggi stagionati. Sicuramente non adatto all’aperitivo.

Il secondo vino che assaggiamo è un Syrah, il Delia Nivolelli “questa è una Doc molto piccola che produciamo soltanto noi – sottolinea Andrea – quindi è un prodotto simbolo dell’unicità del nostro territorio”. Giovanna sorridendo ci racconta che ogni anno, al controllo della Doc vanno solo da loro per ribadire sempre gli stessi parametri e di questo va fiera, perché uno degli obiettivi è proprio quello di dare risalto alle caratteristiche del territorio, con tutte le sue peculiarità. Grazie al consiglio di Andrea abbiamo aperto i vini al momento del nostro collegamento virtuale per poter percepire il massimo da ogni bottiglia. Il Delia Nivolelli 2013 si propone molto intenso all’olfatto, basta questo per riempire il calice. Minerale e floreale, il tutto accompagnato da profumi speziati quasi balsamici. Ci risulta molto corposo con una gradazione alcolica non indifferente, 14,5%, perfettamente amalgamata che lo rende molto equilibrato. Il tannino è di un ottima qualità e particolarmente lungo, il che consiglia l’abbinamento di questo vino a piatti di carne rossa, cacciagione o comunque piatti complessi ed elaborati.  L’acidità non manca, probabilmente grazie alla consistenza del terreno, e questo lo rende molto longevo.  “E’ un vino che col tempo si arrotonda – conclude Giovanna – come abbiamo potuto constatare durante una festa a Saluzzo quando abbiamo aperto la bottiglia da tre litri del 2008”. Corposo e persistente da bere anche da solo o con un pezzetto di cioccolata amara.

Sullo sfondo del terreno immenso dove si adagiano i vigneti, sparute pale eoliche si affacciano all’orizzonte, ma non fanno parte dell’azienda, anche se, come ci spiegano Giovanna e Andrea, a breve anche loro si affideranno esclusivamente all’energia solare. Da non dimenticare anche la linea biologica nello spettro dell’offerta, in sintonia con il lavoro e le aspettative della nuova generazione in azienda. Una generazione attivissima, come dimostrano i due ragazzi e genitori da pochi mesi di un bambino di nome Umberto, passati da studi tecnici ad un lavoro legato alla terra, fatto di sapienza ma anche passione per il prodotto di qualità da esportare ovunque nel mondo. “Mi sono trasferito per amore di questa ragazza – dice sorridendo Andrea – e non mi pento perché qui al Sud i valori di una volta sono molto radicati e la qualità di vita è nettamente superiore”. Il vino che ci hanno lasciato è ancora perfetto dopo qualche giorno dall’apertura, il sapore si evolve e non delude all’assaggio. E’ come un lungo poema tra note sensoriali e memoria olfattiva che traccia una strada diretta verso la Sicilia, da percorrere quando viaggiare sarà di nuovo consuetudine.

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.

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