Di Daniel Abruzzese – Corrispondente da Berlino
Una cantante eccentrica, una cancelliera allarmata, i politici nel panico e molti profeti di sventura: sono gli attori principali sulla scena di una guerra di cifre e decreti che, con l’arrivo dell’autunno, è tornata a terrorizzare la popolazione in Germania.
Ciò che non deve essere detto
Qualche lettore italiano ricorderà ancora Nena per “99 Luftballons”, una hit che, nel 1983, riuscì a far breccia anche a sud delle Alpi. Gabriele Susanne Kerner, questo il vero nome della cantante, da allora ha continuato ad avere un gran seguito in Germania, abituando il pubblico a prese di posizione un po’ strampalate e venate di misticismo. La scorsa settimana, Nena si è spinta un po’ oltre e ha incautamente postato sul suo profilo social media queste parole:
“Ho una profonda fede in Dio. E da questa fede deriva la mia fiducia nella vita. Ho anche un intelletto sano, che mi spinge a scomporre fino al dettaglio le informazioni e l’allarmismo che ci piovono addosso dall’esterno. Riesco quindi a non farmi ipnotizzare e a non farmi trascinare dalla paura verso il buio. Andiamo verso la luce e lottiamo per l’amore, perché, nonostante la follia che stiamo vivendo, voglio credere e so che il cambiamento in positivo non può più essere fermato”.
Dopo qualche commento indispettito, è intervenuta la stampa a censurare. La Berliner Morgenpost, quotidiano della capitale, non ha esitato ad aggiungere il nome dell’artista alla folta schiera di complottisti che infestano il mondo dello spettacolo in Germania: il cantante che sostiene che esista un piano delle élites per distruggere la civiltà occidentale, il personaggio da format televisivo che crede ad un’alleanza tra case farmaceutiche, media ed autorità per imporre una dittatura, Nina Hagen, la madrina del punk, che non sopporta la mascherina ed è convinta che le solite multinazionali abbiano fatto profitti da capogiro durante la pandemia.
Al richiamo della stampa, i commentatori sono saliti sulle barricate, riversando sul profilo Facebook di Nena insulti e minacce e invitandola a guardare alla realtà dei fatti.
Infatti, nello stesso giorno in cui la popstar invitava i suoi follower a rivolgersi verso la luce, il governo Merkel discuteva insieme alle amministrazioni locali di nuove norme, atte ad arginare la pandemia, mentre Emmanuel Macron annunciava l’introduzione del coprifuoco in Francia.
Intanto un virologo italiano preannunciava un lockdown per il periodo natalizio – dopo poche ore, per uno strano caso, Armin Laschet, primo ministro del Nordreno-Vestfalia e possibile successore di Angela Merkel come candidato cancelliere, paventava un lockdown per la Germania al più tardi nel mese di dicembre.
L’irritazione per le parole di Nena è dunque comprensibile: in un momento storico in cui le uniche speranze non possono che rivolgersi alla scienza e alla sua escatologia incentrata sul vaccino, i riferimenti alla spiritualità appaiono quantomai fuori luogo. Sarebbe raccomandabile che gli artisti, che “ci fanno così tanto divertire”, rimanessero consapevoli del loro ruolo, evitando di lanciare appelli contro il panico, vero e proprio cemento della società in guerra contro il nemico invisibile.
Una resistibile discesa verso il buio
Uno dei principali ingredienti della paura sono i numeri, che sembrano essersi risvegliati nelle ultime settimane, smettendo improvvisamente di distinguere tra tamponi positivi e malati da ospedalizzare, per essere riversati sulla stampa insieme al numero di decessi e di posti in terapia intensiva occupati; proprio come prima di quest’estate, quando dalla politica era partito inaspettatamente l’ordine di convivere con il virus.
“Le decisioni che abbiamo preso non basteranno ad evitare la sciagura. Quello che stiamo facendo non va proprio”, ha dichiarato Angela Merkel al termine della seduta con i rappresentanti dei Länder tedeschi.
Provi il lettore italiano a dimenticare la narrazione sulla Merkel come padrona d’Europa, inflessibile signora che controlla i conti e le politiche degli altri paesi, e se la immagini quale effettivamente la cancelliera è sempre stata: una figura materna un po’ goffa, che usa spesso un tono colloquiale, sbaglia quasi sempre intonazione, non prende mai decisioni nette, ma è sempre al posto giusto quando ne va dei destini del paese.
Angela Merkel si è presentata ad inizio settimana ad un summit in cui le regole erano già state stabilite, se non altro per le zone ad alto rischio: obbligo di mascherina nelle aree affollate, limitazione dei contatti, divieto di pernottamento per chi esca dalle zone rosse senza essere risultato negativo al tampone, chiusura notturna di tutte le attività commerciali.
Nel frattempo, tuttavia, il Tribunale Amministrativo di Berlino ha dichiarato illegittima la chiusura notturna imposta ai locali, non essendoci evidenze statistiche che giustifichino questa restrizione. Allo stesso modo, altri tribunali amministrativi locali stanno rigettando il divieto di pernottamento per motivi costituzionali. Le azioni arbitrarie della politica trovano dunque un ostacolo non nella resistenza della popolazione, né in un eventuale dibattito intellettuale, ma in un residuo del secolo scorso che, in Germania, tarda a scomparire: la rigida divisione fra i poteri dello Stato.
Angela Merkel, a questo punto, non può che rivolgersi in maniera accorata ai cittadini, raccomandando loro di uscire di casa il meno possibile nei prossimi mesi. Ciò eviterà che si arrivi a 20.000 infezioni al giorno nel periodo natalizio. Il calcolo potrà sembrare campato in aria, ma l’Università di Saarbrücken ha creato un modello di simulazione che dimostra che effettivamente, se non si dovesse intervenire, a metà dicembre si arriverebbe ad avere in Germania almeno 19.000 infezioni al giorno e 1.500 morti per il giorno di Natale.
E così gli enti locali pensano di imporre nuove limitazioni ai contatti sociali, che valgano per tutta la giornata e non solo di notte: potranno incontrarsi al massimo cinque persone, provenienti da due nuclei familiari differenti; per quanto riguarda le manifestazioni pubbliche, il limite rimane ancora da stabilire, ma è certo che il divieto di consumare alcoolici nelle ore notturne rimarrà valido anche in futuro.
Volendo evitare un secondo lockdown, che provocherebbe danni economici e psicologici non quantificabili, non si può che andare a colpire, come diceva il ministro Speranza, tutto ciò che non è essenziale: il divertimento notturno, gli eventi culturali, il contatto fisico, la vita sociale, almeno finché non arriverà un vaccino.
In realtà però, il Robert Koch Institut, il principale istituto virologico tedesco, ha pubblicato lo scorso martedì un pamphlet strategico, in cui si avverte che, anche nel caso in cui sia disponibile un vaccino in pochi mesi, passeranno anni prima che si possa tornare ad una vita normale. Sarà necessario continuare a portare la mascherina negli spazi condivisi, prestare la massima attenzione nei contatti interpersonali, limitare i viaggi al minimo. Insomma, pare che il vaccino non avrà la funzione salvifica che ci immaginiamo al momento. Se abbiamo però ancora fede nella necessità di ulteriori limitazioni, sapremo di essere nel giusto e magari, se ci crediamo, di aver accesso alla vita eterna.
La paura mangia l’anima
“Liberté. Egalité. Charité? Meglio mantenere le distanze”, recita un murales commissionato dall’amministrazione di Berlino; dove lo Charité è il principale ospedale della città, libertà e uguaglianza sono gli atteggiamenti che si assumono volentieri nel tempo libero, magari dopo un bicchiere di troppo. L’equazione ha la semplicità dei meme da social media e il tono infantile con cui la politica parla sempre più spesso negli ultimi mesi, un tono che ha però il colore grigio del panico che, dopo una breve interruzione estiva, è tornato a penetrare nella vita quotidiana.
Da sempre, ogni sistema di potere si è garantito un sostegno nella cittadinanza giocando sull’illusione di non avere tutto sotto controllo. Ed è probabilmente in questo che la classe dirigente attuale sta fallendo, risvegliando nella popolazione uno scetticismo e una resistenza, che al momento trovano espressione anche su alcuni volantini anonimi che appaiono sempre più spesso per le strade di Berlino.
Essi non invitano alla disobbedienza alle regole, ma ad una riflessione che, alla fine, dovrebbe riportare a riconoscere le tracce di un complotto. Insomma, nulla di confortante, ma quantomeno rappresentano un elemento di colore nelle ultime settimane. Per il resto, non resta che sperare nella caratteristica principale del virus: come essere non vivente, esso è incapace di pensare e di seguire qualsiasi tesi, sia essa una simulazione matematica o una teoria politica.
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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