Editoriale del direttore responsabile Emilia Urso Anfuso
Di tutte le perversioni sessuali, la castità è la più strana. È una frase di Jacques François-Anatole Thibault, scrittore francese e premio Nobel per la Letteratura nel 1921, conosciuto come Anatole France. Un aforisma che fa riflettere poiché, ai giorni nostri, di sesso si parla tento ma se ne fa sempre meno, in special modo tra i giovani.
Una capatina su un social network come Twitter può dare un’idea di cosa intendo: molti profili appartenenti alla fascia di età dai 16 ai 30 anni e oltre, pubblicano quotidianamente una gran quantità di tweet a sfondo erotico. È il primo indizio di una situazione globale che suggerisce una realtà diversa da quella che si vuol far immaginare.
La conferma definitiva arriva da uno studio realizzato negli USA da un gruppo di sessuologi e psicologi dell’Università di San Diego e pubblicato sul Washington Post. Non si tratta però di un fenomeno localizzato in America, perché aggredisce le nuove generazioni che vivono nelle nazioni sviluppate. Tra i motivi che portano alla castità, troviamo il minor tempo trascorso con i propri simili, aspetto che non alimenta l’attrazione fisica.
Fino a prima dell’avvento di Internet su larga scala, le giornate trascorrevano in maniera diversa e le interrelazioni erano fondamentali per uno sviluppo equilibrato. Il primo bacio era sinonimo di crescita e il primo rapporto intimo paragonabile a un rito iniziatico per entrare a pieno titolo nel mondo degli adulti.
Oggi la quotidianità è quasi totalmente assorbita dalla connessione al web, che funge da porta d’ingresso al mondo virtuale in cui si ritiene di poter riversare l’esistenza reale. Si tratta però di una devianza, che ha già portato a una trasformazione antropologica. Ormai non si parla più, si chatta. Non ci s’incontra per andare a prendere un gelato o passare la serata a chiacchierare. I quattro amici al bar sono un’immagine d’altri tempi. Il “muretto”, luogo d’incontro di tante generazioni, è stato sostituito dai social network.
In tal modo l’intimità è vissuta o attraverso la visione solitaria di siti pornografici, che abbattono ancor di più l’esigenza di scoprire il corpo altrui, oppure si sceglie di fare sexting con frasi eccitanti e invio reciproco di immagini personali in atteggiamenti espliciti attraverso le chat. È però triste privarsi di sensi quali il tatto, l’udito, l’odorato… Tutto si trasforma in esperienza sterile e fredda, mediata dallo schermo di un cellulare o di un PC.
I dati di studi e sondaggi parlano chiaro e non sono confortanti, perché confermano una tendenza a distaccarsi sempre più dalla realtà. Tra la generazione Y – sono così denominati i nati tra la metà degli anni ’80 e il 2000 – circa il 20% è vergine. Persino tra chi è in coppia non c’è da stare allegri: la media dei rapporti è di circa 4 al mese contro i 6 dalla generazione dei genitori. Se nel passato era necessario controllare che i figli non combinassero danni, fuori o dentro le mura domestiche, oggi la situazione appare ribaltata.
Più in generale: si prova uno scarso interesse a rapportarsi con i propri simili, e non si tratta solo di negarsi agli amplessi. Un gruppo di sociologi britannici ha scoperto, attraverso un sondaggio, che quest’apatia è dovuta a motivi diversi, come il maggior interesse per la cura degli animali domestici, gli hobby, i giochi elettronici, i video o il permanere per ore sui social network. Si preferisce conoscere nuove persone sul web invece che incontrarle direttamente e poi, semmai, decidere se passare ai fatti. La motivazione? È da ricercare nella paura del rifiuto, che solleva una nuova questione: quella sull’insicurezza dei giovani, sempre meno preparati a confrontarsi col mondo esterno.
Qualcuno si domanderà: “Ma in tal modo si smetterà di procreare”? Tranquilli, la risposta è no, perché si continua comunque a desiderare di avere figli. Sta semplicemente aumentando l’età in cui si decide di diventare genitori.
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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