Un anno di scuola in più può aumentare il reddito di una donna del 20% quando sara’ adulta e il frequentare la scuola primaria avrebbe risparmiato una gravidanza precoce al 10% delle ragazze con meno di 17 anni in Africa e Asia.
E’ dunque preoccupante che circa 11 milioni di ragazze rischino di non tornare a scuola nel 2020 a causa della crisi senza precedenti seguita alla pandemia. Questi numeri allarmanti, forniti dall’Unesco, minacciano non soltanto decenni di progressi compiuti sulla strada dell’uguaglianza di genere ma espongono le ragazze nel mondo a rischi quali il matrimonio e la maternità precoce, le unioni forzate e le violenze. Per molte ragazze, infatti, piu’ che una semplice possibilità verso un avvenire migliore la scuola e’ una boa di salvataggio.
Per questo l’Unesco e la Coalizione mondiale per l’educazione hanno lanciato una nuova campagna #LearningNeverstops in favore della continuita’ pedagogica per garantire che ogni ragazza possa continuare a studiare anche durante la chiusura delle scuole e possa tornare in classe in tutta sicurezza una volta che la scuola ripartirà.
La campagna vuole agire anche per i 130 milioni di ragazze nel mondo che non erano ancora scolarizzate prima della pandemia e lavorare insieme per salvaguardare il loro diritto all’istruzione. ”E’ tempo di trasformare questa crisi in un’occasione di ricostruire sulla base dell’uguaglianza e ciò va fatto subito”, sottolinea l’Unesco. Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite, ”l’educazione delle ragazze e’ il nostro futuro. Quando l’educazione di una ragazza viene interrotta, l’impatto si fa sentire per generazioni. Questo lascia un vuoto vitale nella loro comunita’, nel loro Paese e nel mondo”. Per questo investire nell’istruzione delle donne, ribadisce l’Unesco, ”e’ una delle azioni piu’ importanti che possiamo fare per il nostro futuro collettivo”. ”L’istruzione delle ragazze rafforza l’economia, riduce le disuguaglianze e crea maggiori opportunità per tutti”.
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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