Di Sergio Ragaini
Spesso pensiamo alla fuga come qualcosa di disonorevole, come ad una forma di vigliaccheria. Tuttavia, non credo sia così: spesso, infatti, la fuga è un’operazione necessaria per togliersi da una situazione che sarebbe molto pericolosa, se non addirittura fatale, per noi stessi. Esiste però anche un’atra fuga: una fuga più ponderata, che avviene quando le condizioni in cui ci troviamo appaiono impossibili per noi, e quando non appare alcuna tangibile possibilità di cambiarle. Allora, la ricerca di un luogo più adatto alla nostra vita diviene importante: in fondo, vivere è anche cercare le migliori condizioni per noi, e andare dove queste si possono trovare.
In un mio precedente articolo mi ero occupato del tema del coraggio. Un tema, come dicevo, più che mai attuale oggi.
Ora mi vorrei occupare di un tema che appare quasi opposto a questo: quello della fuga. Vale a dire, cercare di capire se è lecito fuggire, abbandonare il campo, ritirarsi. Credo che sia interessante e utile analizzare questo tema, per capirne qualcosa di più. Anche questo è un tema che, nella situazione attuale, potrebbe essere molto utile comprendere.
Innanzitutto, molti considerano la fuga come un’antitesi rispetto al coraggio. Direi che non è assolutamente così: la fuga, in certe circostanze, è utilissima per salvarsi da situazioni insostenibili. Facciamo un esempio: davanti a noi c’è un animale inferocito, che sicuramente non ha buone intenzioni nei nostri confronti. Non abbiamo mezzi per ammansirlo, e la lotta con lui sarebbe impari. Cosa facciamo? Lo affrontiamo soccombendo? Sarebbe una decisione sciocca e insensata!
In quel caso, la cosa migliore è fuggire, e trovare riparo dove questo animale non ci potrà raggiungere! Un esempio più legato al mondo “bellico”: un esercito sta soccombendo, e può ancora ritirarsi: cosa fa, sta a vivere un massacro inutile? Direi che la ritirata in quel caso non è disonorevole!
Esistono, quindi circostanze in cui la ritirata, la fuga, sono opportune, e ben onorevoli. Ritirarsi, talvolta, è necessario per evitare un massacro, o di affrontare una situazione che si ritiene impari. Tutto ciò ha comunque, credo, due meccanismi che lo sottendono: la valutazione e l’istinto.
Dicevo, nel mio precedente articolo, che la persona spaventata è sempre sulla difensiva. Da qui seguono due atteggiamenti: la fuga o l’attacco.
In quel caso, la fuga appare come qualcosa di istintivo, di non ponderato. Tuttavia, talvolta questa azione è del tutto necessaria, per salvarsi. Se siamo sotto un bombardamento, ad esempio, scegliamo di fuggire per cercare un riparo, o anche solo per allontanarci da quel pericolo. Questo è fondamentale per la nostra stessa vita, per la nostra stessa salvezza.
Questo modo di vivere la fuga, quindi, è qualcosa di istintivo, che può essere salvifico, in determinate circostanze. È sì un impulso derivante dalla paura: tuttavia, non è detto che sia un impulso “pavido”, ma potrebbe essere legato all’istinto di sopravvivenza, e permetterci la salvezza. In questo caso, quindi, lo scopo è solo fuggire, uscire da una situazione di pericolo, per cercare una, almeno temporanea, sicurezza, anche solo allontanandosene. E va bene così.
Esiste, tuttavia, una fuga più “pianificata”, più ponderata. Una decisione di fuggire, di ritirarsi, di lasciare quella situazione che si sente come insostenibile, come inaffrontabile. E si sceglie di uscirne, di scegliere altro. Questa, spesso, viene considerata una scelta “vigliacca”, pavida, di chi non vuole affrontare le cose.
In effetti, lo stesso Thich Nhat Hanh, Maestro Zen Vietnamita, diceva: “when you come across a problem, face it, don’t run away”, che significa “quando incontri un problema, affrontalo, non fuggire”. Tuttavia, non sempre questa scelta è fattibile. Quando è possibile, sono d’accordo con lui: anche perché non affrontare un problema spesso vuol dire trovarselo ingigantito in seguito.
Va però detto che queste categorie di problemi sono spesso quelli che si “rimandano” e basta. Rimandare un problema che non si vuole affrontare è solo un modo per trovarselo poi, spesso aumentato. Ad esempio, decidere di non affrontare un esame difficile, magari lo renderà ancora più difficile. Molti fanno la scelta di affrontarlo subito: così poi la strada sarà più scorrevole.
Tuttavia, anche non affrontarlo subito potrebbe avere i suoi scopi: magari, infatti, cambierà il docente, e l’esame diverrà più facile: col tempo, come ben sappiamo, le cose possono sempre cambiare! Il non affrontare una cosa ma rimandarla, comunque, non è fuggire, ma solo rimandare. Il fuggire, in qualche modo, ha lo scopo di “chiudere” con una determinata situazione, in maniera più o meno definitiva.
Ci sono dei casi in cui questo non potrebbe accadere: infatti, se fuggiamo da noi stessi, dai nostri disagi interiori, li ritroveremo sicuramente altrove. Da noi stessi non si fugge mai. Lo stresso Seneca diceva a Lucilio: “Cambia animo, non cambiare cielo”. Se, quindi, lo scopo della fuga è fuggire da sé stessi, questo non ci porterà a nulla; ritroveremo tutto dove andremo. Questo ci dice che ci sono cose dalle quali è impossibile fuggire, e che portiamo, e porteremo, sempre dentro di noi.
Tuttavia, è credo importante capire che, talvolta, la fuga dipende strettamente dalle circostanze in cui si sta vivendo, e all’impossibilità di continuare a viverle. In quel caso, talvolta, la fuga è fondamentale, e può salvarci.
Abbiamo visto degli esempi di fughe” istintive”. Vediamo un esempio di fuga non istintiva, ma ponderata. Quando Maometto si trovava a La Mecca, ha ricevuto notizia che sarebbero giunti ad ucciderlo. Qualcuno, in quel momento, l’ha fatto scappare a Yatrib, divenuta poi “Medina”, da “Madin Hat”, città del Profeta. In quel caso, la fuga è stata salvifica. Ed è stata una fuga ponderata e preparata.
Anche una ritirata militare potrebbe essere ponderata: anche perché, sovente, gli eserciti nemici fanno di tutto per “tagliare” la ritirata, impedendo quindi di fuggire. Esistono, quindi, anche ritirate ponderate e studiate.
Nel caso di Maometto, la fuga è stata ponderata e valutata, e studiata, compreso il punto di approdo. E qui ci sono, credo, due categorie di fuga: il semplice “fuggire da” qualcosa, o l’”andare verso” qualcosa.
Nel prima cosa, come anni fa mi diceva un amico psicologo, si “guarda solo indietro”. E spesso si ritroveranno gli stessi problemi,. Infatti, salvo nel caso, sacrosanto, di ritirata istintiva o necessaria, si fugge da sé stessi, e quindi quel “sé stesso da cui si fugge” si troverà dove si andrà.
Nel caso invece di “andare verso”, si sceglie semplicemente un andare verso un luogo dove si sta meglio co sé stessi. E dove la nostra vita potrà, o almeno potrebbe, essere migliore. In quel caso, è come una “ritirata ponderata”, ma con le idee molto chiare, su dove si andrà.
Tuttavia, in alcuni casi, una situazione potrebbe essere disperata: in quel caso, anche “fuggire da” va bene: si scappa da una situazione terribile, per andare verso un possibile divenire migliore: ignoto, ma comunque esistente, almeno come ipotesi tangibile. In fondo, come dice il proverbio: “Un incerto futuro è preferibile a un rovinoso presente”. E credo che questo vada sempre tenuto in considerazione!
Un caso abbastanza recente è quello della guerra in Bosnia: qui, spesso, i profughi andavano via senza sapere dove. Tuttavia, la loro era un’azione sacrosanta, in quanto lasciavano una situazione invivibile, insostenibile, cercando una vita migliore, anche se non sapevano davvero dove.
Tutto quanto detto sinora si può applicare anche alla situazione attuale. Non nascondo, infatti, che l’idea di emigrare mi ha accarezzato più volte, nel corso della mia vita. E mai come ora si sta facendo strada nella mia mente. Alcuni mi hanno detto che sarebbe una fuga, che occorre rimanere a lottare. Tuttavia, anche qui occorre valutare la situazione. Che ci dice che, purtroppo, non è solo il presente che appare inquietante, ma anche il futuro.
Infatti, anche se tra poco finirà finalmente la situazione di emergenza, si continua ad insistere su una sorta di “terrorismo psicologico”, che paventa nuovi focolai di infezione, che non trovano prova nei dati reali, visto che in Italia, ad oggi, ci sono 47 pazienti in terapia intensiva per COVID-19. Inoltre, pensare ad un settembre fatto di distanze e mascherine anche per i bambini a scuola mi fa solo venire i brividi.
Vedendo, poi, le persone attorno a me, le vedo incapaci, salvo rari casi, di qualsiasi reazione positiva. Persone troppo propense a subire, ad accettare passivamente ogni sopruso, senza operare alcuna reazione. Le vedo spesso spente e senza vita.
Quindi, in questo caso, lo scegliere di orientarsi verso altre realtà, dove si possa stare meglio con sé stessi, è una scelta consapevole. Dopo avere capito che è troppo difficile operare un cambiamento possibile dove si è, o che i rischi per farlo sarebbero troppo grandi (e qui torna il tema del coraggio, che è essenzialmente valutazione del rischio), scegliere di puntare verso altri lidi, verso altri orizzonti dove la vita sia differente da quella che esiste qui, potrebbe essere sacrosanto e del tutto auspicabile.
Anche in questo caso, comunque, esiste la distinzione tra il “fuggire da”, guardando solo indietro, oppure “andare verso”, sapendo quindi dove andare. Che in questo caso potrebbe significare cercare a priori un luogo dove si possa stare meglio, prendere eventuali contatti (o magari li si hanno di già) e infine spostarsi.
In questo caso, comunque, anche “andare alla ricerca” non è una fuga: è semplicemente andare in una direzione ipotetica di un luogo migliore, che si troverà sul proprio cammino. È comunque una scelta consapevole.
Intraprendere, quindi, dove le circostanze lo permettono, un viaggio esplorativo alla ricerca di una realtà più adatta a sé è, credo, doveroso è importante. Quindi, si può anche solo viaggiare, conoscere le realtà vicine e più lontane Si può vedere come vivono e come reagiscono altre persone e altre culture, anche alla situazione attuale.
Quando troveremo una realtà che ci piacerà, e dalla quale, parafrasando Sergio Cabrera nel film “Le aquile non cacciano mosche”, “non avremo voglia di venire via”, quella, naturalmente se possibile, potrebbe essere la nostra nuova realtà. E questa non è una fuga, ma una doverosa risposta al diritto sacrosanto e inviolabile al benessere, materiale ma anche, e soprattutto, interiore. Un diritto a cui tutti dobbiamo aspirare. E che è nostro dovere affermare, sempre e comunque.
Se le circostanze e il luogo dove siamo non ci permettono di affermarlo, e se l’agire sul luogo dove siamo appare impossibile, o almeno proibitivo, cercarne uno dove potremmo stare meglio è fondamentale e doveroso. In fondo, lo scopo è vivere al meglio, e in questo fa parte anche la ricerca di un luogo dove possiamo stare bene. Diverso da quello attuale, se quest’ultimo non ce lo consente più, e pare non ce lo consentirà in futuro.
In questo caso non stiamo fuggendo: stiamo solo cercando di meglio. Per progredire. Ed è importante farlo, se lo sentiamo: la vita è anche questo!
Riferimenti:
Sull’istinto di fuga o di attacco, si può leggere l’articolo all’indirizzo:
https://www.psicosocial.it/reazione-di-attacco-o-fuga/
Sui meccanismi legati ad attacco e fuga si può leggere il testo all’indirizzo:
https://www.sapere.it/sapere/strumenti/domande-risposte/animali-ambiente/perche-natura-esiste-istinto-fuga.html
Sulle reazioni alla minaccia si può leggere l’articolo di Lucia Bianchini all’indirizzo:
http://www.luciabianchini.it/somatic-experiencing/lotta-fuga-congelamento
Sui meccanismi di fuga legati all’ansia, potete leggere all’indirizzo:
https://www.psicologasaronno.it/psicoterapia/ansia-reazione-di-attacco-fuga/
Un’avventura di alcuni ragazzi alla ricerca di un luogo migliore si può trovare all’indirizzo:
Visto l’argomento, è bello leggere anche frasi e aforismi legati ai luoghi. Lo si può fare andando all’indirizzo: https://aforisticamente.com/frasi-citazioni-e-aforismi-sul-luogo/
Riguardo al citato film: “Le aquile non cacciano mosche”, alcune frasi celebri simili a questa si trovano su:
https://www.frasicelebri.it/frase/laquila-non-prende-mosche/
Il film è del 1994., Tuttavia, non pare si trovino molti riferimenti sullo stesso. Lo si trova, pare, solo in VHS, quindi difficile da vedere, visto che questo mezzo di riproduzione è ormai alle spalle da oltre 13 anni, e i supporti per visionarlo non sono più disponibili da anni. A meno di trovare qualche appassionato che ancora li ha!
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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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