Di Emilia Urso Anfuso
Quando il 20 Marzo 2020 fu pubblicata la prima puntata della mia inchiesta sul Coronavirus, ero conscia di una cosa: avrei dovuto attendere, anche a lungo, prima che gli elementi che avevo scoperto e quindi portato all’attenzione dei lettori italiani, divenissero notizia di cronaca nazionale.
Cliccando sul seguente link si accede alla prima puntata della mia inchiesta, ora giunta con questo approfondimento odierno, all’ottava puntata: INDAGINE SU COVID-19 – PARTE I – NEL MONDO SI PARLA DI DIFFUSIONE ATTRAVERSO L’ACQUA, IN ITALIA NO
In realtà quella prima puntata mi diede grandi soddisfazioni, nel senso che furono davvero molti i lettori che mi contattarono, arrivando persino a telefonarmi per chiedermi maggiori informazioni.
Quali elementi feci emergere? Quelli di cui in Italia si inizia a parlare sui giornali solo ora, con tre mesi di ritardo rispetto al lancio della mia inchiesta: le acque reflue, la presenza del virus nelle acque reflue, che significa un mucchio di cose, tutte negative, a partire dal fatto che anche in Italia si conoscevano determinate informazioni, ma è stato deciso di non comunicarle in tempo reale alla popolazione, preferendo la diffusione dei consigli sanitari unicamente applicati all’uso delle mascherine e al distanziamento sociale.
Eppure, come documentai nella prima parte della mia inchiesta, in altre parti del mondo le acque reflue, in special modo quelle domestiche relative agli scarichi fognari, sono stati immediatamente attenzionati in special modo in Cina, nazione che memore della precedente ondata di virus Sars, ha deciso in tempi non sospetti di procedere con la sanificazione della rete fognaria.
Nel nostro paese, invece, questa linea è stata soppressa, o meglio tenuta nell’angolo estremo dell’interesse pubblico. In una nazione normale i cittadini possono dormire sonni tranquilli, perché per esempio sulle acque reflue esistono normative ben precise sui processi di sanificazione delle acque, peccato che l’Italia eccelle sempre per le pratiche negative, e si è beccata nel corso del tempo 4 procedure di infrazione dall’Unione Europea per il fatto che l’Italia è carente di impianti di depurazione delle acque, e quelli esistenti sul territorio sono in larga parte fuori norma.
Tra le direttive europee più disattese in Italia troviamo infatti la 91/271/CEE, in tema di modalità di raccolta, trattamento e scarico delle acque reflue generate da agglomerati urbani e da alcuni settori industriali.
Eppure, se si parla con qualche “esperto” in tema di virus, la prima risposta è: “Ma no, impossibile, ci sono le normative in vigore che garantiscono la sanificazione delle acque reflue attraverso i depuratori”! Vallo a spiegare a certa gente che se si fermano a ciò che è scritto sulle normative, ma non vanno a verificare la presenza di procedure d’infrazione perché queste normative non vengono onorate, questi documenti valgono quanto la carta straccia. La realtà dei fatti è troppo complessa da far apprendere alle persone troppo superficiali, poco preparate, ma che si ritengono “esperte”.
Le quattro procedure d’infrazione si potevano sanare procedendo alla rimozione dei problemi che le avevano prodotte, adeguando cioè gli impianti alle normative vigenti. Peccato che i termini siano scaduti il 31 Dicembre 2005, e di adeguamenti manco l’ombra. Questa nazione è malata. In tutti i sensi.
Ecco cosa è emerso dall’ultimo report trasmesso alla Commissione europea nel 2018: dei 3.144 agglomerati nei quali è diviso il territorio italiano per la gestione delle acque, 900 sono colpiti dalle procedure europee, e rappresenta circa il 30% .
117 dei 900 oggetto di interesse si trovano in Campania e coinvolgono quasi 5 milioni di abitanti, 130 sono in Lombardia e per oltre cinque milioni di abitanti, 188 in Calabria e coinvolgono più di 3 milioni di abitanti in ultimo ma non per finire, la Sicilia con 251 per quasi 7 milioni di abitanti: è la regione con i maggiori problemi di depurazione delle acque.
Per uscire dal pantano delle procedure d’infrazione l’Italia ha stanziato, nel 2012, circa 3 miliardi di euro, ma all’atto pratico la situazione non è cambiata di una virgola: solo nel 2016 è stato istituito un commissario straordinario unico per la depurazione a livello nazionale, in sostituzione degli undici commissari inutilmente esistenti , ed è stato nominato Maurizio Giugni che ha sostituito Enrico Rolle.
La UE ha abbassato le sanzioni contro l’Italia di soli 7 milioni di euro su una sanzione complessiva di 25 milioni di euro. Significa una sola cosa: stiamo procedendo a passo di lumaca per risolvere una questione urgentissima e che ha come protagonista la salute pubblica.
La mia inchiesta iniziò proprio mettendo al centro il dubbio sulle acque reflue e sui depuratori, in special modo quello installato nella bassa lodigiana, territorio che per primo fu isolato a causa del focolaio di Coronavirus. Un depuratore che da anni è oggetto di inchieste, manifestazioni da parte dei cittadini residenti nel territorio che hanno tentato, inutilmente, di far comprendere l’urgenza di sanificare una situazione che, ancora oggi, è immersa in un mare di merda, è proprio il caso di dirlo.
Rammento brevemente i fatti che ho riportato a Marzo: l’ARPA impose il sequestro del depuratore gestito dalla SAL Società dell’Acqua Lodigiana, a causa della rilevazione nelle acque di un tasso di escherichia coli 10 volte maggiore rispetto ai livelli consentiti per legge. Le prime analisi furono rilevate nel 2009 e fecero emergere i primi sospetti.
Tra prescrizioni e rinvii il caso andò avanti per approdare nel 2016 con le prime richieste di rinvio a giudizio. Tra le ipotesi di reato: frode in forniture pubbliche, il getto pericoloso nelle acque e il danneggiamento in corsi d’acqua.
Il sequestro degli impianti di depurazione durò una sola settimana. Nel 2018, dopo aver ottenuto il proscioglimento per prescrizione, sono tornati a processo il Presidente e il direttore generale della SAL, Società dell’Acqua Lodigiana per i reati di danneggiamento in corsi d’acqua e frode in servizio pubblico.
La domanda che tutti dovete porvi è: perché è importante il monitoraggio delle acque reflue in questa situazione di pandemia da Coronavirus? Perché come spiegai il 20 Marzo scorso, attraverso l’analisi delle feci si può avere una maggiore conferma della presenza del virus nell’organismo umano, tanto che in Cina procedono al doppio tampone, oro-fecale, perché hanno compreso, fin dai tempi della Sars, che il solo tampone orale da spesso luogo a falsi positivi, mentre la conferma si può ottenere solo procedendo al tampone rettale, in quanto il Coronavirus aggredisce, prioritariamente, il sistema gastrointestinale.
Non solo: se le norme igieniche umane non sono seguite come si dovrebbe, se i servizi sanitari non sono igienizzati a dovere, il passaggio del virus da un essere umano a un altro è fortemente sostenuto: provate a pensare di andare alla toilette, di fare i vostri bisogni, di pulirvi, di non lavarvi le mani e poi di toccarvi il viso o la bocca con le mani… La diffusione passa per molti aspetti che, spesso, per incuria o per superficialità, restano inosservati.
Già ad Aprile 2020 si stavano effettuando rilievi nelle acque di scarico di Roma e Milano. Il Reparto di Qualità dell’Acqua e Salute Del Dipartimento Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità eseguì dei rilevamenti, selezionando e analizzando 8 campioni di acque di scarico, e si confermò la presenza di RNA di Sars Cov2. Lo studio in questione sarà pubblicato a breve.
Nessun quotidiano nazionale ha pensato bene di diffondere in tempo utile notizie prioritarie per tutta la popolazione. Non è una bella soddisfazione averne parlato per prima, considerando l’argomento centrale, ma è pur sempre una soddisfazione: confermare che il mio mestiere è fatto con diligenza, attenzione e cura dell’informazione che do ai lettori. Grazie a tutti coloro che lo apprezzano.
Riferimenti:
INDAGINE SU COVID-19 – PARTE I – NEL MONDO SI PARLA DI DIFFUSIONE ATTRAVERSO L’ACQUA, IN ITALIA NO – Inchiesta di Emilia Urso Anfuso pubblicata il 20 Marzo 2020
Studio Istituto Superiore di Sanità su acque di scarico, a Milano e Torino Sars-Cov-2 presente già a dicembre https://www.iss.it/primo-piano/-/asset_publisher/o4oGR9qmvUz9/content/cs-n%25C2%25B039-2020-studio-iss-su-acque-di-scarico-a-milano-e-torino-sars-cov-2-presente-gi%25C3%25A0-a-dicembre
Normativa europea sul trattamento delle acque reflue: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:31991L0271
Valutazione della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane: https://ec.europa.eu/environment/water/water-urbanwaste/index_en.html
Istituto Mario Negri: Covid-19: le acque reflue sono indicatori di diffusione https://www.marionegri.it/magazine/covid-19-e-acque-reflue
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