Summer In di Futurdome: un progetto di residenza

lara facco

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Anna Stuart e Vincenzo Chiarandà: riflessioni dalla quarantena. L’arte come strategia di avvicinamento sociale

Sono le 18.30 è ora di uscire a fare la spesa, ci sono circa 300 metri di via Sarpi da fare a piedi, adesso i supermercati chiudono alle 19.30.

C’è sempre un momento di incertezza su chi di noi due deve schiacciare il tasto di apertura del portone, anche se lo toccano solo le dita della comunità “protetta” della nostra casa di ringhiera.

Parlo al telefono mentre passiamo davanti al display su cui un tempo c’era la pubblicità e ora scorre: Andrà tutto bene e subito dopo Scemo chi legge e poi Non sono solo. Clack, ricomincia il ciclo.

Forse era un progetto di arte pubblica quello che ha fatto disegnare l’arcobaleno con le matite su piccoli post-it. Piccole unghie nere, piccoli bocconi, piccole case…

Se c’è una cosa che mi fa paura è l’arcobaleno, quasi come il terremoto: la minaccia di essere rimasti vivi, la potenza della natura molto molto più forte del mio sistema simpatico. Andrà tutto bene sarà una delle scritte lette per strada e riportate nel nostro Labirinto, quello nuovo che va dal 3 marzo al 4 maggio 2020.

I cartelli sulle saracinesche promettono nuove date di riapertura, oramai le scrivono a penna sopra quelle vecchie cancellate da una riga.

C’è una specie di imbarazzo, direi di vergogna, che se fossi capace arrossirei quando vedo come parlano di progetti digitali, di esempi di buone pratiche, di comunità, oppure sento così fortemente come il potere prende la forma del paternalismo, sento l’urto della ribellione non domabile di cui noi certamente moriremo strozzati.

É fine marzo, lavoriamo con l’associazione al bando di Walk-In Studio, il festival delle mostre negli studi d’artista, quello che darà vita a un circuito di scambio. Gli artisti devono trovare l’energia per progettare adesso, a ridosso del decreto “Chiudi Italia”: 22 marzo 2020.

Milano non molla. La cultura non si ferma.

Ma c’è chi è terrorizzato e pensa che l’unica cosa che ci si può scambiare sia della saliva velenosa.

E invece no: reindirizziamo il dispositivo del festival immaginando lo studio d’artista come un hashtag che aggrega dinamiche, uno spazio che si apre alla città.

Quando in ottobre tutti potranno frequentare Walk-In Studio 2020, i tanti progetti ricevuti non saranno “eventification”, ma strumento per favorire l’”avvicinamento sociale”!

Le giornate si sono allungate e ancora Bullo ulula al suono delle ambulanze.

A me scricchiolano i denti, sì, ma fuori dalla finestra c’è il fruscio incessante di chi passa veloce: il rider è un paradosso di eroe schiavo dei secondi. Lui ora porta nelle case pizza e cose indispensabili, noi siamo tra quelli che si occupano dello spettacolo del tempo. Anche per questo ne abbiamo disegnati centinaia…

Eppoi arriva anche il profumo di maggio a Milano, quello di un gelsomino resistente che fa grandi siepi sui terrazzi. No, non stiamo preparando un’altra serie di “Odori” rilevati nel quartiere, ma i fiori non rispettano decreti o inquietudini.

Tutti oscilliamo sull’”orlo del boh” e intanto ci sono artisti che muoiono in galera facendo lo sciopero della fame, c’è chi picchia con il calcio del fucile la ragazzina bella come un manga, chi abbatte il teatro simbolo della cultura contro la mafia albanese, e c’è chi muore a Milano in mezzo ai suoi sacchetti… Fase 2, Fase 3: la visione liberista di ripresa non sarà certo più attenta ai problemi ecologici o ai diritti della scuola pubblica.

Crediti immagini: Premiata Ditta, 24,25,26.09 e 30.10.2019 / odori raccolti all’interno degli spazi dell’Università Cattolica di Milano e strade limitrofe in collaborazione con gli studenti / installazione site specific // Premiata Ditta, Labirinto #3 ottobre, novembre, dicembre 2018 – febbraio, marzo 2019 / scritte raccolte in via Paolo Sarpi e strade limitrofe a Milano / Pasta acrilica bianca su tela 100 x 175 x 7 cm / Collezione privata / ph: A. Allegrini

Panopticon Plan & Polly Pocket: Claudia Santeroni su Summer In

Con il progetto Summer In, FuturDome ha aperto le porte a quattro artisti – Silvia Hell, Sara Ravelli, Fabrizio Perghem, Domenico Antonio Mancini – chiamati ad abitare per due mesi la casa che fu dei più giovani futuristi.

Quattro artisti per quattro linguaggi differenti, ognuno con il proprio studio-temporaneo in una differente ala del palazzo, scelta a seconda delle esigenze della propria ricerca.

La loro permanenza è cadenzata da una serie di appuntamenti programmati con professionisti del mondo dell’arte, con cui si confrontano sugli sviluppi del lavoro e sull’esperienza di residenza in corso.

Silvia Hell lavora in una stanza completamente oscurabile, dedicandosi a tradurre in pixel alcune parole in voga nell’attuale vocabolario contemporaneo, come bio o green: il risultato finale sarà un video in cui fasce di stringhe luminose si intersecano e separano.

Sara Ravelli ha contrariamente scelto uno spazio ampiamente illuminato, in cui continua la sua indagine sulla relazione uomo-animale attraverso la realizzazione di sculture in ceramica rivestite in stoffa.

Domenico Antonio Mancini durante la quarantena si è calato nell’ulteriormente straniante esercizio di disegnare la propria casa, stanza per stanza, mobile per mobile, soprammobile per soprammobile: questi render sono il principio del lavoro proseguito a FuturDome, che si formalizzerà in una pubblicazione.

Fabrizio Perghem lavora su un’installazione audio site-specific, una mappatura sonora degli elementi interni dell’edificio che riverberi poi all’esterno.

Questo irreale – troppo reale periodo di reclusione forzata e limitazione della libertà che abbiamo vissuto ha lasciato in ciascuno di noi segni e tracce che necessariamente sarà possibile decodificare solo col tempo: tutti abbiamo dovuto, a diversi livelli, confrontarci con la nostra abitazione, divenuta centro d’osservazione privilegiato di noi stessi e della nostra quotidianità, Panopticon Plan a senso unico in cui siamo esclusivi sorvegliati e sorveglianti.

Bizzarro dunque uscire dall’isolamento ed entrare in una casa, quattro nuove mura domestiche in cui saggiare la (quasi) ritrovata inclusione nella società.

Sono stata la prima degli “appuntamenti in agenda” a incontrare gli artisti di FuturDome: lo spostamento verso Milano, dopo improbabili e plumbei mesi bergamaschi, è parso un viaggio verso una metropoli inesplorata. Quello che negli anni è diventato naturale – conoscere e parlare con gli artisti – è tornato a essere un’esperienza elettrizzante, sebbene venata da quel retrogusto di timore e circospezione che adesso accompagna ogni attività.

Negli anni ’90 c’era un gioco, “Polly Pocket”: piccoli scrigni in plastica che contenevano micromondi, scenari a forma di guscio, derivazioni giocattolo dell’uovo di Fabergé.

La quarantena ha suggerito un esercizio coercitivo alla Polly Pocket: guardare dentro, osservare quello che custodiamo nelle nostre dimore con estrema attenzione, compiere un’analisi accurata di quello che ci circonda quotidianamente e che non vediamo più, eseguire un esame approfondito di quei benefici che davamo come acquisiti e che abbiamo scoperto essere inestimabili, labili privilegi.

Crediti immagini: Summer In, work in progress: Domenico Antonio Mancini / Sara Ravelli / Fabrizio Perghem / Silvia Hell

L’incontenibile anticonformismo di una collezionista-mecenate: Marco Tagliafierro sul nuovo progetto di Nicoletta Rusconi

La costellazione di idee, attività, più precisamente progetti espositivi, organizzati da Nicoletta Rusconi nel corso di tutto il suo percorso con l’arte visiva è un sistema in continua evoluzione. Non esistono punti fermi, non sono contemplate ancore posticce, non sono ammessi riferimenti arbitrari. Il meccanismo consta di un insieme di location, anche queste in divenire e non necessariamente stabilizzate in una dimensione spazio-temporale determinata a priori. Attualmente la nascitura Cascina Cascina I.D.E.A., subentrata a Cascina Maria, è il motore immobile abitato da una vera e propria agitatrice culturale: Nicoletta Rusconi, per l’appunto. Nel suo operare non getterà mai fondamenta definitive. Una donna capace di ripensarsi in continuazione, senza sosta, senza tregua, senza riposo. Forse una baccante dell’arte, dionisiaca e giammai apollinea!

Cascina I.D.E.A., con tutte le invenzioni di Rusconi, è un frenetico brulicare di incontri, scontri, stimoli creativi, occasioni generative di segni sempre nuovi e arditi, mai consueti. Rusconi si muove noncurante dei cliché offrendo agli artisti un emotivo contesto di sperimentazione oltre il possibile e il plausibile. Ma quanta energia si sprigiona da questa attività, quanta spregiudicatezza e quanto ardore.

Quello che talvolta sarebbe potuto sembrare un luogo formale – le dimore di Nicoletta Rusconi –, oppure radicalmente Bohémien Bourgeois, si è rivelato un’occasione di sperimentazione pura, sia per le riflessioni circa la dissolvenza tra le discipline, sia per gli esperimenti concernenti l’evoluzione del concetto di arte ambientale. Non ci si può dimenticare degli esperimenti di residenza per artisti – Cascina Maria – che hanno riportato questi ultimi ad agire en plein air come in una ritrovata scuola di Barbizon, per paradosso ospitata in una dimora ex rurale, divenuta patinata. Ma tutto questo non spaventa Nicoletta Rusconi che, indomita, non teme di cadere in contraddizione o di agire attraverso un’organizzazione “altra” rispetto a quella consueta. Qui ci troviamo di fronte a qualcosa di indefinibile, senz’altro di totalmente lontano da un’istituzione tradizionale per le arti visive. E di ciò le va dato merito. Questo deve diventare il suo vanto, perché così facendo, incurante delle critiche e indifferente alle lusinghe, Nicoletta Rusconi ha offerto reali occasioni agli artisti di esprimersi come meglio hanno creduto o credono.

Sempre nel rispetto del galateo, lontanissima dal proporsi in spirito di continuità con le stravaganze anni Ottanta che guidano ancora oggi altri contesti espositivi, Nicoletta Rusconi non si è mai data dei limiti e non si è mai fermata di fronte a difficoltà organizzative o relazionali. Sinceramente spero che molti altri collezionisti italiani si liberino e si impegnino a individuare il loro personale e anticonformista modo di aprirsi agli artisti.

Crediti immagini: Work in progress Cascina I.D.E.A. 2020 / Courtesy Nicoletta Rusconi Art Projects

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